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I malintesi possono avere effetti comici, drammatici e tragici.
 
Certi pensieri possono inquietare, altri possono rassicurare. Se vogliamo essere sereni dovremmo pensare pensieri rasserenanti, ammesso che uno possa scegliere a cosa pensare.
 
Il piacere (e dunque la felicità) sta nel fare, non nell'aver fatto.
 
La felicità è un processo, non uno stato.
 
Ciò che ci piace non sono le cose, ma le situazioni e i processi che le cose evocano. Lo stesso vale per ciò che ci dispiace. In altre parole, le vere cause del piacere e del dolore sono sempre al di là delle loro cause apparenti.
 
Una vita «abbastanza» felice è una vita in cui i bisogni che la caratterizzano vengono soddisfatti senza troppo ritardo ogni volta che si acutizzano.
 
Chi sono i miei “altri”? Cosa pensano di me? Cosa vogliono da me? Cosa penso di loro? Cosa voglio da loro?
 
Il piacere è quella sensazione desiderabile che proviamo quando una certa situazione o un certo processo in cui siamo coinvolti soddisfano un nostro bisogno o desiderio. Analogamente, il dolore è quella sensazione indesiderata che proviamo quando una certa situazione o un certo processo in cui siamo coinvolti frustrano un nostro bisogno o desiderio.
 
Siamo gelosi degli altri degli altri.
 
Mi inquieta l'idea che le persone (me incluso) finiscano per preferire di dialogare con una IA piuttosto che con altre persone.
 
Nei rapporti con gli altri, un essere umano libero ha generalmente quattro opzioni: cooperare, competere, selezionare, imitare. Cooperare implica soddisfare i desideri altrui, competere implica soddisfare i propri desideri a scapito di quelli altrui, selezionare implica scegliere con chi interagire e con chi non farlo, imitare implica usare l'altro come modello di comportamento.
 
Ogni umano ha bisogno di piacere ad altri, se non può ottenere coercitivamente la cooperazione altrui.
 
Per qualcuno l'intelligenza artificiale potrebbe sostituire il proprio Altro generalizzato.
 
Per l’inconscio, l’Altro generalizzato è sempre presente, e in ogni momento osserva e giudica la propria persona.
 
Qualsiasi cosa facciamo o non facciamo ci qualifica agli occhi degli altri, e tale qualifica condiziona il comportamento altrui verso di noi.
 
Di ogni umano ci chiediamo (consciamente o inconsciamente): può farmi concorrenza? In cosa?
 
Le paure più insidiose sono quelle di cui non siamo consapevoli.
 
L’inconscio limita la libertà dell’io.
 
Non ho nulla contro Dio, ma è il suo fan club che mi spaventa.
 
Un pensiero non condivisibile viene inibito dall'autocensura.
 
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