Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù.
Tra tutti gli umani vi è una competizione permanente, spesso dissimulata, che solo gli ingenui non vedono. Una competizione che riguarda i valori umani, da cui dipende la posizione gerarchica intellettuale, morale, estetica ed economica di ciascuno. Dall’esito, sempre instabile, di tale competizione dipende l’assegnazione dell’autorità e dei privilegi nei gruppi sociali, e la regolazione della cooperazione.
Una competizione può essere più o meno violenta. In una competizione non violenta si stabiliscono regole (obblighi e divieti) che i contendenti devono rispettare. Tuttavia, ci può essere violenza nello stabilire le regole, nel senso che ognuno vorrebbe stabilire regole a sé più favorevoli.
La competizione tra umani può assumere forme paradossali. Infatti alcuni competono per dimostrare di essere più sottomessi, più obbedienti, più servizievoli, più disciplinati e più umili di altri. Lo fanno per ottenere dei compensi o dei privilegi sociali o divini.
L'uomo è l'unico animale che compete di nascosto e inconsciamente con i suoi simili, in ogni contesto, dai conflitti all'interno di una coppia o di un gruppo a quelli tra stati. Gli altri animali, invece, competono apertamente.
In ogni umano convivono due motivazioni fondamentali e antitetiche verso altri umani: una alla cooperazione e una alla competizione. In alcuni prevale la prima, in altri la seconda.
L'istinto di competizione è geneticamente programmato nella natura umana. Si compete anche a chi la sa più lunga, a chi è più virtuoso, a chi è più morale, a chi è più politicamente corretto, a chi è più rispettoso degli altri, a chi è più immune dall'istinto di competizione! Lo status game si nasconde dietro ogni interazione umana, anche se ci hanno insegnato (con successo) a rimuoverlo dalla coscienza.
Due desideri che convergono sullo stesso oggetto si fanno scambievolmente ostacolo. Qualsiasi mimesis che verta sul desiderio va automaticamente a sfociare nel conflitto.
Rinunciare alla competizione significa scegliere di vivere come eremiti o come servi. Io credo che la competizione non debba essere eliminata, ma demimistificata, svelata, regolata, limitata, arbitrata, gestita con intelligenza, lealtà ed empatia, insieme con la cooperazione, la selezione (che implica una certa competizione) e l'imitazione, le quattro motivazioni sociali fondamentali.
L'uomo è un animale competitivo (oltre che cooperativo). Compete non solo in prima persona, ma anche come fazioso sostenitore di altri competitori, come si vede chiaramente negli sport, in politica, nelle religioni e nelle varie forme culturali.