Zitate über Gehören

Zitate auf
Sortiert nach
Author
Thema
Texte
110 zitate     Als Liste anzeigen

Ogni appartenenza necessità il rispetto di certe regole (forme, norme, valori) e la soddisfazione di certi requisiti (obblighi e divieti). In altre parole, ogni apppartenenza è condizionata.
 
I bisogni dell'uomo moderno sono essenzialmente suggeriti dal suo ambiente sociale. In superficie, ogni individuo sembra desiderare di possedere i segni, gli oggetti e i comportamenti della classe che lo domina e alla quale desidera appartenere. Questa è apparentemente la tendenza frequente del materialismo borghese. In realtà, quando ci occuperemo della diffusione delle informazioni, vedremo che la società borghese, e con questo intendiamo qualsiasi società in cui la motivazione fondamentale è il profitto per il dominio, diffonde solo le informazioni che le permettono di mantenersi. Per mantenersi deve vendere, da qui il mito della continua espansione. Per vendere, deve produrre esclusivamente oggetti che possono essere acquistati da un lato, e far partecipare la massa dei produttori a questi acquisti.
Il risultato di questa catena imperativa di eventi è che, per sopravvivere, deve creare degli automatismi nel sistema nervoso di tutti gli individui che la costituiscono, a qualsiasi classe sociale appartengano, sulla base di giudizi di valore che essa stessa ritiene scelte. Oggi lo fa ancora più facilmente perché la diffusione delle informazioni è più rapida e i mezzi per diffonderle sono più numerosi. Questa è la più grande conquista della tecnologia. La pubblicità attraverso i manifesti, la stampa, la radio e la televisione ha un solo scopo: creare automatismi. Inoltre, tutto ciò che si vede o si sente è finalizzato a creare una concezione generale della vita umana orientata al concetto che la felicità si ottiene attraverso il consumo.
 
L'appartenenza ad un insieme sociale non è un fatto binario (sì/no). Si può appartenere in una certa misura, che varia dallo zero al cento per cento.
 
Il comportamento di un individuo può essere compreso solo nei termini del comportamento dell'intero gruppo sociale di cui è membro, dal momento che i suoi atti individuali sono implicati in atti sociali più grandi, che vanno al di là di se stesso e che coinvolgono gli altri membri di quel gruppo.
 
Ogni umano ha bisogno di appartenere a qualche comunità e a qualche categoria umana. Il problema è a quali categorie e a quali comunità appartenere, considerando i contrasti tra categorie e tra comunità.
 
L'uomo non può vivere al di fuori di una comunità. Pertanto, se è insoddisfatto della comunità in cui vive, ha queste opzioni: (1) sopportare l'insoddisfazione, (2) emigrare in una comunità più adatta a sé, (3) riformare la comunità in cui vive, (4) formare una nuova comunità, (5) una combinazione delle opzioni precedenti.
 
È interessante cercare di capire le ragioni per cui le persone sono così attaccate a questo concetto di libertà. Innanzitutto, è rassicurante per l'individuo pensare di poter "scegliere" il proprio destino perché è libero. Può costruirlo con le sue mani. Eppure, curiosamente, appena viene al mondo, cerca sicurezza nell'appartenenza a gruppi: familiari, poi professionali, di classe, di nazione, ecc. che non possono che limitare la sua presunta libertà, poiché le relazioni che si stabiliranno con gli altri individui del gruppo saranno basate su un sistema gerarchico di dominio. L'uomo libero non desidera altro che essere paternalizzato, protetto dal numero, dall'uomo eletto o provvidenziale, dall'istituzione, da leggi che sono stabilite solo dalla struttura sociale del dominio e per la sua protezione.
 
Per la felicità è meglio appartenere a un piccolo gruppo molto unito che a un grande gruppo poco unito. Ma il piccolo gruppo rischia di essere annientato dal gruppo più grande, invidioso dell'unità dell'altro.
 
Una causa di stress mentale è la discrepanza tra le appartenenze che il soggetto si attribuisce e quelle che altri gli attribuiscono.
 
Tuo figlio ci appartiene già. Chi sei tu? Sei acqua passata, ma i tuoi discendenti sono già schierati nel nuovo campo. E in breve tempo non sapranno altro che questo.
 
La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile. Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per associazione come, nel singolo, si adeguano le une alle altre negli stati di libera fantasticheria: queste immagini non vengono valutate da alcuna istanza ragionevole circa il loro accordo con la realtà.
 
La gente sta in gruppo perché da sola si sente insicura. Io sto da solo perché in gruppo mi sento insicuro.
 
L'appartenenza di un'entità a certe categorie determina le proprietà dell'entità stessa, così come le proprietà di un'entità determinano la sua appartenenza a certe categorie.
 
L'uomo ha un profondo bisogno, più o meno consapevole, di appartenere a qualche cosa più grande, più forte e più duratura di se stesso.
 
Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L'età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni.
 
I fatti sociali non sono il semplice sviluppo dei fatti psichici; ma i secondi non sono in gran parte che il prolungamento dei primi all'interno delle coscienza. [Émile Durkheim]
 
La psicoterapia dovrebbe aiutare il paziente a costruire nuovi insiemi e nuove appartenenze.
 
Se ciò a cui appartengo va in rovina, anche io sono rovinato.
 
La coppia è una comunità i cui membri hanno perso la loro autonomia senza liberarsi della solitudine.
 
Il raccogliersi dentro di sé è il primum movens della liberazione dei condizionamenti sociali. Chi riesce a stare solo è spinto immediatamente a capire quanto è assurdo, disumano e incivile il way-of-life quotidiano. (da "Star male di testa")
 
I rituali (cioè le ripetizioni di gesti e di comportamenti canonici tipici di certe classi o di certe comunità) servono soprattutto, o esclusivamente, a confermare (consciamente o inconsciamente) l'appartenenza di chi li pratica alle classi o alle comunità ad essi associate. In tal senso essi riducono l'ansia da non appartenenza o da dubbio di appartenenza, ovvero da carenza di identità sociale, e tale riduzione di ansia può essere fonte di piacere. Questo spiega il successo e la persistenza dei rituali.
 
Ogni umano teme la perdita delle proprie appartenenze.
 
Per capire perché le persone fanno ciò che fanno, un'ipotesi molto probabile è che stiano cercando di ottenere, dimostrare o conservare l'appartenenza ad una certa comunità e un certo status nella comunità stessa.
 
Se è vero, come io penso, che l’uomo abbia un profondo bisogno di appartenere a cose più grandi, più forti e più durature di se stesso, allora c’è da aspettarsi che egli provi un grande piacere quando tale appartenenza si realizza (realmente o illusoriamente, oggettivamente o immaginariamente, fisicamente o logicamente), e che provi una grande sofferenza quando tale appartenenza si dissolve o viene negata da altri umani.
 
A cosa appartengo secondo gli altri? A cosa appartengo secondo me? A cosa vorrei appartenere? Cosa possiedo secondo gli altri? Cosa possiedo secondo me? Cosa vorrei possedere?
 
Ciò che più ci colpisce di una folla psicologica è che gli individui che la compongono, indipendentemente dal tipo di vita, dalle occupazioni, dal temperamento o dall’intelligenza, acquistano una sorta di anima collettiva per il solo fatto di appartenere alla folla. Tale anima li fa sentire, pensare ed agire in un modo diverso da come ciascuno di loro, isolatamente, sentirebbe, penserebbe ed agirebbe. La folla psicologica è una creatura provvisoria, composta di elementi eterogenei saldati assieme per un istante, esattamente come le cellule di un corpo vivente formano, riunendosi, un essere nuovo con caratteristiche ben diverse da quelle che ciascuna di queste cellule possiede. Si può constatare facilmente quanto l’individuo immerso in una folla differisca dall’individuo isolato. La massa è impulsiva, mutevole e irritabile. È governata quasi esclusivamente dall’inconscio. In una folla, ogni sentimento, ogni atto é contagioso, e contagioso a tal punto che l’individuo sacrifica il suo interesse personale all’interesse collettivo. Si tratta di un comportamento innaturale, del quale l’uomo diventa capace quasi soltanto se entra a far parte di una folla.
 
Se una squadra vince, è come se vincesse ogni suo membro e ogni suo sostenitore.
 
Una famiglia non è un gruppo di parenti; è più dell'affinità del sangue, deve anche essere un'affinità del temperamento. Un uomo di genio spesso non ha famiglia. Ha dei parenti.
 
Ogni umano è caratterizzato dalle proprie appartenenze.
 
Per bisogni intrinseci, nell’ottica struttural-dialettica, si intendono programmi psicobiologici, geneticamente predisposti, il cui dispiegamento, nell’interazione con l’ambiente socio-culturale, determina lo sviluppo dell’infrastruttura dinamica della personalità.I bisogni intrinseci sono il bisogno di appartenenza/integrazione sociale e il bisogno di opposizione/individuazione.Il primo, creando una relazione significativa con il mondo umano, consente l’interiorizzazione dei sistemi di valore culturali propri del gruppo di appartenenza e l’acquisizione del senso comune che portano l’individuo ad agire comportamenti riconosciuti come normali nel suo contesto socio-storico.Il secondo, a partire da una certa epoca dello sviluppo, promuove un lento processo di differenziazione della personalità che, in virtù della crisi adolescenziale, consente di raggiungere un certo grado di libertà e di autonomia personale.
 
Ogni umano presume delle appartenenze, cioè presume a chi/cosa ogni persona o cosa appartenga, e chi/cosa appartenga ad ogni cosa o persona. Questo vale anche per se stesso, cioè ognuno presume di appartenere a certe cose o persone, e che certe cose o persone gli appartengano.
 
Ogni cosa è certe cose in quanto appartiene a certe classi. L'appartenenza di una cosa ad una certa classe implica che quella cosa abbia certe relazioni e certe interazioni con certe altre cose.
 
I diritti individuali non possono essere annullati a favore dei doveri sociali, se non al prezzo di conseguenze nevrotiche. (da "Star male di testa")
 
Ogni cosa, ognuno, appartiene al mondo.
 
L'inconscio umano che, rispetto alla coscienza, è sempre più fedele ai bisogni sui quali si costruisce la personalità, nutre costantemente una duplice ossessione: l'appartenenza ad un gruppo e ad un ordine culturale, e la libertà individuale. (da "Star male di testa")
 
Non è possibile tracciare un confine tra la psicologia sociale e quella individuale.
 
È l'incoscienza dei nostri determinismi che ci fa credere alla nostra coscienza come alla nostra libertà. Il termine "coscienza" dovrebbe forse essere riservato alla coscienza della nostra incoscienza, alla coscienza del fatto che siamo completamente incatenati al nostro substrato biologico e al nostro ambiente sociale.
 
Noi umani abbiamo bisogno di appartenere a cose più grandi e più durature di noi, e di avere conferme di tali appartenenze. Infatti la percezione di non appartenere ad un insieme di ordine superiore (di tipo sociale e/o religioso) è per molti causa di ansia, panico o depressione. D'altra parte il senso di appartenenza che una persona prova può essere più o meno veritiero o illusorio in quanto basato su espressioni e rituali più o meno sinceri e più o meno consistenti.
 
Regalare qualcosa a qualcuno significa rinunciare ad una proprietà in cambio della condivisione di una storia.
 
Ogni sviluppo veramente umano significa sviluppo congiunto delle autonomie individuali, delle partecipazioni comunitarie e del sentimento di appartenenza alla specie umana.
 
Ogni insieme a cui apparteniamo ci appartiene in una certa misura, in quanto possiamo disporne per trarne dei vantaggi. Se non fosse così, non ci sarebbe alcun vantaggio, alcun interesse, a far parte di qualche insieme, e perciò non ne faremmo parte se non fossimo costretti a farlo.
 
Chi è (o sente di essere) parte di un insieme tende a credere (consciamente o inconsciamente) di essere l'insieme stesso. Infatti l'inconscio, a mio avviso, non riesce a distinguere un insieme dalle singole parti che lo compongono, cioè non riesce a dividere un insieme in parti autonome. Tale divisione è possibile solo alla ragione cosciente. È così che a volte qualcuno crede in cuore suo di essere il mondo intero, o Dio stesso, e gode la libido della fusione mistica con il tutto.
 
Essere in una relazione significa farne parte, cioè appartenere ad essa.
 
Ogni cosa, persona o informazione appartiene a qualche insieme di cose, persone e/o informazioni caratterizzato da certe proprietà, e costituisce un insieme di cose, persone e/o informazioni. Ogni appartenenza implica certe proprietà e/o certe relazioni o interazioni. Due cose, persone o informazioni che interagiscono e/o sono tra loro in relazione costituiscono un insieme a cui entrambe appartengono.
 
La gente acquista certi prodotti per la loro utilità pratica e/o perché essi esprimono appartenenze a certi insiemi sociali.
 
La massa è impulsiva, mutevole e irritabile. È governata quasi per intero dall’inconscio. A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere generosi o crudeli, eroici o pusillanimi; sono però imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione. Nulla in essa è premeditato. Pur potendo desiderare le cose appassionatamente, non le desidera mai a lungo, è incapace di volontà duratura. Non tollera alcun indugio fra il proprio desiderio e il compimento di ciò che desidera. Si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla massa svanisce il concetto dell’impossibile.
 
Ogni esperienza di disagio psichico è riconducibile ad un conflitto strutturale tra appartenenza e individuazione, vale a dire tra doveri sociali e diritti individuali rappresentati a livello conscio e, più intensamente, a livello inconscio.
 
L'aggettivo "strano" viene da molti usato per qualificare persone, cose o idee che ai loro occhi non appartengono ad alcuna categoria ad essi nota, ovvero appartengono alla categoria delle stranezze.
 
Solitamente la società utilizza il bisogno di appartenenza per indurre processi di normalizzazione conformistica, riferiti a valori che possono anche essere mediocri ma raramente sono disumani. In particolari situazioni la spinta conformistica avviene, però, sulla base di valori culturali o ideologici che comportano il sacrificio dell’empatia sull’altare di essi. Il peso che il bisogno di appartenenza esercita a livello inconscio è effettivamente l’indizio di una sostanziale vulnerabilità degli esseri umani alle influenze ambientali.
 
L'inconscio di ognuno grida continuamente: io voglio appartenere a certi insiemi e non voglio appartenere a certi altri insiemi!
 
Ogni messaggio è una richiesta o la risposta ad una richiesta, e ogni richiesta è una richiesta di appartenenza. La richiesta può essere un comando o una supplica. Il messaggio può essere del tipo «ti chiedo di (non) appartenere a Y» oppure del tipo «ti chiedo di accettare che io (o una certa cosa X) (non) appartenga a Y».
 
Ci sono vecchie foto che riguardiamo con gioia, ci sembra di rivivere ogni cosa, osserviamo i nostri volti così "diversi", a volte non esteticamente, ma nella sostanza che solo noi percepiamo, e ci riconosciamo con altre sensazioni, altri gusti. Di alcuni vissuti avvertiamo nuovamente stati d'animo e profumi, ricordiamo ogni particolare, di come stavamo in quel preciso momento, prima dello scatto. Ci sentiamo sia vicini che lontani, in uno strano effetto spazio-tempo. Poi ci sono altre foto, quelle che scorriamo veloci, che vorremmo avere già buttato, che quasi ci infastidiscono, che ci imbarazzano per come eravamo, con le nostre sofferenze e le nostre ingenuità, di cui sentiamo ancora un disagio misto a vergogna, immagini rovinate da quegli attimi che vorremmo dimenticare, da storie che non ci appartengono più, come vecchie fotografie di cui ci è rimasto soltanto il negativo.
 
L'uomo d'oggi ha ereditato un sistema nervoso che non sopporta le attuali condizioni di vita. In attesa che si formi l'uomo di domani, l'uomo d'oggi reagisce alle mutate condizioni non opponendosi agli urti bensì facendo massa, massificandosi.
 
Appartenenza sociale e status costituiscono le motivazioni più importanti di ogni essere umano.
 
La psicologia sociale si interessa specialmente dell'effetto che il gruppo sociale ha nel determinare le esperienze e il comportamento dell'individuo.
 
Perché la solitudine è così terribile? Perché noi, come individui isolati, non esistiamo. La nostra lingua, le nostre emozioni, il modo di comportarci, le mete, le speranze le prendiamo dai genitori, dai maestri, dagli amici, dagli altri. Viviamo nella nostra comunità come il bambino nel ventre della madre, fuori c'è il deserto, l'esilio: trovarsi fra gente che non conosci e che non ti conosce, che non ami e che non ti ama, a cui non sai cosa dire e che non ha nulla da dirti.
 
Quando ti definisci Indiano, Mussulmano, Cristiano o Europeo, o qualsiasi altra cosa, tu diventi violento. Ci arrivi da solo al perché. Perché ti stai separando dal resto dell'umanità. Quando ti definisci in base ad un credo, cultura, nazionalità, tradizione, questa azione traspira violenza. Così un uomo che cerca di comprendere la violenza, non dovrebbe appartenere a nessuna nazione, religione, schieramento politico o parte di sistema; egli dovrebbe comprendere che è parte del totale dell'umanità.
 
La psicoterapia dovrebbe servire ad analizzare e modificare le apppartenrnze sociali del paziente, sia quelle che egli si attribuisce, sia quelle che egli ritiene che gli altri gli attribuiscano, sia quelle che egli attribuisce agli altri.
 
L'individuo in massa acquista, per il solo fatto del numero, un sentimento di potenza invincibile. Ciò gli permette di cedere a istinti che, se fosse rimasto solo, avrebbe necessariamente tenuto a freno.
 
La planetizzazione significa ormai comunità di destino per tutta l'umanità. Le nazioni consolidavano la coscienza delle loro comunità di destino con la minaccia incessante del nemico esterno. Ora, il nemico dell'umanità non è esterno. È nascosto in essa. La coscienza della comunità di destino ha bisogno non solo di pericoli comuni, ma anche di un'identità comune che non può essere la sola identità umana astratta, già riconosciuta da tutti, poco efficace a unirci; è l'identità che viene da un'entità paterna e materna, concretizzata dal termine patria, e che porta alla fraternità milioni di cittadini che non sono affatto consanguinei. Ecco che cosa manca, in qualche modo, perché si compia una comunità umana: la coscienza che siamo figli e cittadini della Terra-Patria. Non riusciamo ancora a riconoscerla come casa comune dell'umanità.
 
Il soggetto possiede l'oggetto e/o è posseduto da esso.
 
Finché può, la massa accoglie in sé ogni cosa; ma proprio perché accoglie ogni cosa, essa si disgrega.
 
Dicesi problema sociale la necessità di trovare un equilibrio tra l'evidente uguaglianza degli uomini e la loro evidente disuguaglianza.
 
Ogni comunità ha i suoi riti e rituali di appartenenza, i suoi giochi di status, le sue verità, la sua etica e la sua estetica. Possiamo chiamare tutte queste cose requisiti di partecipazione.
 
Ci si riunisce in gruppi, perché l'obbedienza permette di fare tutto quello di cui per convinzione propria non si sarebbe più capaci, e l'inimicizia di quei gruppi dona agli uomini la sempre operante reciprocità della vendetta, mentre l'amore ben presto si addormenterebbe.
 
Il verbo essere può, e dovrebbe, sempre essere sostituito dal verbo appartenere e/o possedere. Perché "essere" significa, appunto, appartenere a qualcosa e/o possedere qualcosa.
 
Per ognuno sono importanti non solo le proprie appartenenze ma anche quelle altrui, anzi, è importante il confronto tra tali appartenenze. Inoltre ognuno, se potesse, cercherebbe di cambiare non solo le proprie appartenenze, ma anche quelle altrui.
 
La morte fa paura perché comporta la perdita di ogni appartenenza e di ogni possesso.
 
Fin dalla nascita, l'individuo è inserito in un contesto socioculturale il cui scopo principale è creare azioni e pensieri automatici indispensabili per mantenere la struttura gerarchica della società a cui appartiene.
 
Qualunque cosa facciamo denota l'appartenenza ad un certo insieme sociale, e il piacere che ne ricaviamo può essere un effetto dell'illusione di appartenere a quell'insieme.
 
Potendo scegliere, preferiamo appartenere alle comunità in cui possiamo avere lo status più alto.
 
Le folle si formano perché le persone ne sono attratte, desiderano formarle e farne parte. Perché far parte di una folla fa sentire più grandi, più potenti, più giusti e invulnerabili.
 
Il diritto di appartenenza ad un gruppo di qualsiasi tipo ha un tacito prezzo da pagare, che consiste nell'essere uniti nel non vedere i sentimenti di disagio e di timore di ciascuno e certamente nel non mettere mai in discussione una qualsiasi cosa che metta in dubbio i modelli di comportamento del gruppo. Il pericolo per il gruppo che ha adottato un simile ordinamento è che il dissenso, anche nella sua forma più positiva, viene represso.
 
Io appartengo a quella religione stoica che non ha nessun dogma e nessuna speranza di vita futura, ma ha in comune col Cristianesimo il rispetto della libertà, il bisogno della giustizia, l’istinto della carità umana.
 
Non subordinarsi a niente, né a un uomo né a un amore né a un'idea; avere quell'indipendenza distante che consiste nel diffidare della verità e, ammesso che esista, dell'utilità della sua conoscenza. [...] Appartenere: ecco la banalità. Fede, ideale, donna o professione: ecco la prigione e le catene. Essere è essere libero.
 
Guai all'uomo di studio che non appartiene a nessuna consorteria; gli saran rimproverati anche i più piccoli e incerti successi, e l'alta virtù trionferà derubandolo.
 
L’illusione opera sia a livello della coscienza individuale che della consapevolezza collettiva del gruppo.
 
Ci sono appartenenze impossibili da cambiare, altre che possono essere cambiate parzialmente.
 
Massa è tutto ciò che non valuta se stesso né in bene né in male mediante ragioni speciali, ma che si sente "come tutto il mondo", e tuttavia non se ne angustia, anzi si sente a suo agio nel riconoscersi identico agli altri.
 
Cos'è allora che ci porta veramente? È difficile dirlo. Forse del tutto non lo sappiamo. Riconosciamo in noi motivazioni. Diamo nomi a queste motivazioni. Ne abbiamo tante. Alcune pensiamo di condividerle con molti animali. Altre solo con gli esseri umani. Altre ancora con gruppetti più piccoli a cui percepiamo di appartenere. Fame e sete, curiosità, bisogno di compagnia, voglia di amare, innamoramento, ricerca della felicità, bisogno di conquistarci una posizione nel mondo, di essere apprezzati, riconosciuti, amati, fedeltà, onore, amore di Dio, sete di giustizia, libertà, desiderio di conoscenza...
 
Il voler essere inattuali permette di appartenere a ogni epoca, libera dalla tirannia di dover essere del proprio tempo: indica quasi una prospettiva di eternità laddove gli altri si invischiano nella quotidianità più ottusa. Rifiutare la moda significa anche non venerare l'uniforme del momento e le pratiche di massa — e nello stesso tempo difendere una singolarità che si afferma.
 
In un'epoca di turbamenti la vita quotidiana diventa un esercizio di sopravvivenza. Gli uomini vivono alla giornata; raramente guardano al passato, perché temono d'essere sopraffatti da una debilitante "nostalgia", e se volgono l'attenzione al futuro è soltanto per cercare di capire come scampare agli eventi disastrosi che ormai quasi tutti si attendono. In queste condizioni l'identità personale è un lusso, e in un'epoca su cui incombe l'austerità, un lusso disdicevole. L'identità implica una storia personale, amici, una famiglia, il senso d'appartenenza a un luogo. In stato d'assedio l'io si contrae, si riduce ad un nucleo difensivo armato contro le avversità. L'equilibrio emotivo richiede un io minimo, non l'io sovrano di ieri.
 
Il lavoro intellettuale strappa l'uomo alla comunità umana. Il lavoro materiale, invece, conduce l'uomo verso gli uomini.
 
La gente si aggrappava ciecamente a tutto quello che trovava: comunismo, macrobiotica, zen, surf, ballo, ipnotismo, terapie di gruppo, orge, ciclismo, erbe aromatiche, cattolicesimo, sollevamento pesi, viaggi, solitudine, dieta vegetariana, India, pittura, scrittura, scultura, composizione, direzione d'orchestra, campeggio, yoga, copula, gioco d'azzardo, alcool, ozio, gelato di yogurt, Beethoven, Bach, Buddha, Cristo, meditazione trascendentale, succo di carota, suicidio, vestiti fatti a mano, viaggi aerei, New York City, e poi tutte queste cose sfumavano e non restava niente. La gente doveva trovare qualcosa da fare mentre aspettava di morire.
 
Dalla comparsa della specie umana (circa 200mila anni fa) sino ad un'epoca relativamente recente (qualche migliaio di anni fa), l'uomo è vissuto in una condizione di totale subordinazione al gruppo di appartenenza tal che egli concepiva se stesso solo in funzione del gruppo stesso. Questa sterminatamente lunga esperienza di socializzazione radicale ha impregnato la falda più profonda dell'inconscio, laddove vige ancora oggi il primato del sociale sull'individuo, vale a dire dei molti sull'uno.
 
Quando osserviamo una foto, vediamo un film, leggiamo un articolo, dovremmo cercare di rispondere a queste domande: (1) Chi/cosa appartiene a chi/cosa? (2) Quali appartenenze sono compatibili, quali incompatibili?
 
Qualsiasi cosa facciamo o pensiamo denota qualche nostra appartenenza.
 
È opportuno usare cautela nel rivelare le proprie appartenenze e non appartenenze, per evitare l'ostilità di coloro che appartengono ad insiemi rivali rispetto ai propri.
 
In un certo senso (quello dell'appartenenza) andare ad un concerto è come andare a messa.
 
Le appartenenze sono fondamentali nelle interazioni tra individui in quanto da esse dipendono diritti, doveri, gerarchie, solidarietà, conflitti, comprensioni, incomprensioni, limiti, libertà ecc. Chi stabilisce tali appartenenze? Quali conflitti e discrepanze le riguardano?
 
Le appartenenze valgono solo se riconosciute dagli altri.
 
Ci sono appartenenze impossibili da cambiare, altre che possono essere cambiate parzialmente, più o meno facilmente.
 
L'uomo non può trovare se stesso, non può pervenire alla coscienza della propria individualità che attraverso la vita sociale.
 
Disordine: situazione in cui le appartenenze non sono definite.
 
Abbiamo solo la nostra storia ed essa non ci appartiene.
 
L'inconscio «ragiona» per insiemi e parti di insiemi, nel senso che per esso nulla esiste se non come parte, o membro, di qualche insieme; e ogni cosa, idea o persona possiede, implica e comporta le qualità, le caratteristiche, le proprietà, le attrazioni, le repulsioni e gli antagonismi degli insiemi (fisici o logici, concreti o astratti, formali o sostanziali) a cui essa appartiene.
 
Per poter appartenere a certi gruppi o categorie sociali, ci devono appartenere certe cose.
 
Massa è "l'uomo medio".
 
E’ nella forma dell’altro generalizzato che il processo sociale influenza il comportamento degli individui coinvolti in esso e che lo realizzano; in altre parole, che la comunità esercita controllo sulla condotta dei suoi singoli membri.
 
Ciò che mi appartiene determina ciò a cui appartengo.
 
Ogni culto costituisce una classe di appartenenza sociale, e, come tale può soddisfare il bisogno di appartenenza presente in ogni essere umano, a prescindere dai contenuti e dalle forme del culto stesso.
 
L'evoluzione ha fatto dell'Homo Sapiens, come di altri animali sociali, una creatura xenofobica. Il Sapiens divide istintivamente l'umanità in due gruppi, "noi" e "loro",
 
L'uomo è un animale sociale, le persone non sono fatte per stare da sole.
 
In realtà, l'uomo che avrà l'impressione di aver scelto liberamente, avrà "scelto" la soluzione che diminuirà le sue tensioni, che soddisferà le sue pulsioni, che risponderà nel migliore dei modi ai suoi desideri, soprattutto il suo desiderio di dominazione, espressione sociale dell'istinto di riproduzione, necessario alla sopravvivenza della specie. Ad un grado ulteriore "sceglierà" il comportamento automatico che sarà stato impresso in lui dal gruppo sociale al quale appartiene, si sottometterà ai giudizi di valore imposti da tale gruppo e non altro valore che quello di proteggere quest'ultimo in quanto struttura vivente, ma struttura vivente di un grado di organizzazione superiore a quello dell'individuo. Ebbene, quando immaginiamo la moltitudine infinita dei determinismi che hanno formato ciò che si conviene chiamare una personalità umana, determinismi definitivamente sepolti nell’attività inconscia dei nostri cervelli preromanici, è difficile credere che sotto il velo di tale incoscienza, un solo atto libero, una sola immagine liberamente costruita, possa nascere.
 
I sentimenti della massa sono sempre semplicissimi e molto esagerati. La massa non conosce quindi né dubbi né incertezze. Corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente in odio feroce.
 
Ogni comunità è esclusiva e inclusiva allo stesso tempo. Inclusiva verso chi ne rispetta le regole (forme, norme, valori), esclusiva verso chi non le rispetta.
 
Agire, subire, informare, informarsi, lasciarsi informare, danno luogo all'appartenere e al possedere, e questi danno luogo all'essere, cioè alle identità.
 
La cosa più grande al mondo è sapere come appartenere a se stessi.
 
Una comunità a cui cerco di appartenere è quella dei saggi. Si tratta di una comunità senza segni esteriori, senza rituali e senza distinzioni. I suoi membri sono accomunati solo dal desiderio di conoscere la natura umana criticamente, cioè mettendo in discussione tutti i saperi tradizionali che la riguardano. In questa comunità lo status di ciascun membro è determinato soltanto dalla misura delle sue conoscenze in tal senso.
 
Fare una cosa di un certo tipo significa anche dimostrare di appartenere alla categoria di persone che fanno quel tipo di cose. A volte questa dimostrazione di appartenenza è più importante e più significativa della cosa che si fa.
 
110 zitate     Als Liste anzeigen