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Dobbiamo giudicare meglio, non giudicare meno. Astenersi abitualmente dal giudizio è immorale perché la morale si esercita attraverso il giudizio.
 
Chiediamoci perché le persone accusate di stregoneria erano tutte di sesso femminile.
 
Il valore che diamo alle cose e alle persone dipende dai nostri bisogni e dalle nostre aspettative.
 
La diffusione di fake-news più o meno mascherate da buone intenzioni è un virus che attacca le menti, si replica e danneggia la società. E’ un dovere morale denunciare tale fenomeno e coloro che ne sono responsabili attivi o passivi.
 
Gli altri ci classificano per ciò che facciamo e non facciamo, diciamo e non diciamo, pensiamo e non pensiamo, abbiamo fatto e non abbiamo fatto, vogliamo fare e non vogliamo fare, abbiamo e non abbiamo, sappiamo e non sappiamo, e ci trattano di conseguenza.
 
Io giudico male chi giudica male chi giudica male.
 
Il giudizio va sospeso quando non ci sono prove sufficienti per giudicare Una sospensione sistematica e incondizionata del giudizio è immorale in quanto l'etica è fondata sul giudizio.
 
La gente odia chi si sopravvaluta, perché la sopravvalutazione altrui implica la propria sottovalutazione, e nessuno tollera di essere sottovalutato. Perciò, se A pensa che B si sopravvaluti, A si sente in diritto, o perfino in dovere, di esprimere una valutazione al ribasso nei confronti di B.
 
Qualunque cosa facciamo e non facciamo viene usata dagli altri per giudicarci.
 
Se mi etichetti mi annulli.
 
Per rispettare l'uomo e non esserne delusi, non bisogna sopravvalutarlo, non bisogna aspettarsi molto da lui.
 
La qualità e quantità delle nostre risposte cognitive ed emotive a certe percezioni ci qualificano e ci espongono al giudizio altrui. Questo fatto può avere conseguenze gravi quando le nostre risposte cognitive ed emotive contrastano con quelle della maggior parte delle persone che ci circondano. Il contrasto può avere diversi esiti, tra i quali l’emarginazione, l’autoisolamento, la rinuncia a opinioni e gusti propri, la perdita di autenticità, la vergogna di se stessi, il credersi anomali o malati, l’ipocrisia ecc.
 
Ci sono persone belle che presumono di essere brutte, persone brutte che presumono di essere belle, persone sapienti che presumono di essere ignoranti, persone ignoranti che presumono di essere sapienti, persone buone che presumono di essere cattive, persone cattive che presumono di essere buone ecc.
 
Doppio vincolo: se critico negativamente gli altri sono soggetto alla loro vendetta, se non li critico sono loro complice e divento perciò condannabile. Ognuna delle due opzioni è penalizzante.
 
Qualificando ci qualifichiamo.
 
È paradossale che le persone che hanno meno fiducia in se stesse siano le meno capaci di autocritica, e viceversa.
 
Chi non giudica assolve, chi assolve ha giudicato. Non si può non giudicare.
 
Tutto ciò che un umano fa o pensa è soggetto a valutazione da parte degli altri e ad autovalutazione, e in tal senso può modificare le relazioni tra il soggetto e gli altri.
 
Le uniche persone al riparo dalle critiche sono quelle mai nate.
 
Trovare difetti è facile, far di meglio può essere difficile.
 
Disprezzare un gruppo a cui una persona appartiene equivale a disprezzare la persona stessa.
 
Se partecipo sarò giudicato in quanto partecipante, se non partecipo in quanto non partecipante.
 
Ognuno desidera ardentemente essere approvato e apprezzato per come è, con tutte le sue virtù e tutti i suoi difetti. Ma come facciamo ad approvare e ad apprezzare persone che non ci piacciono? Persone la cui stupidità, ignoranza e/o cattiveria ci lasciano sgomenti? Questo è un grande problema dell'umanità. Potremmo chiudere gli occhi per non vedere i difetti altrui (così come li chiudiamo per non vedere i nostri) ma come possiamo vivere eticamente e progredire socialmente se non vediamo il male in noi e negli altri, e se consideriamo tutti ugualmente buoni e bravi?
 
Quando si ammira un autore si trova sempre il modo di giustificare e di valorizzare ciò che ha scritto.
 
È assurdo dividere le persone in buone o cattive. Le persone sono deliziose o noiose.
 
Purtroppo non conviene dire a una persona che è ignorante, stupida, falsa o cattiva, perché si offenderebbe e reagirebbe aggressivamente. Pertanto viviamo nella paura di giudicare, e di conseguenza rispettiamo la cattiveria, l’ignoranza, la stupidità e la falsità, con tutti i disturbi mentali e i problemi sociali che tale rispetto comporta.
 
Le sentenze dei giudici non si discutono, si appellano.
 
Il modo in cui giudico dipende al modo in cui sono giudicato, e il modo in cui sono giudicato dipende dal modo in cui giudico.
 
Non è lecito criticare una cosa che non si capisce, ma è lecito (e appropriato) dire che non la si capisce. Anche perché il motivo per cui non si capisce una cosa è che non si è abbastanza intelligenti e istruiti oppure perché essa è intrinsecamente confusa, assurda o falsa.
 
La paura di essere giudicati può condurre ad un comportamento rigidamente moralista o, al contrario, ad un totale relativismo morale, ovvero ad una morale fai-da-te.
 
Prossimo è il tempo del più spregevole tra gli uomini, che non saprà neanche più disprezzare sé stesso.
 
Se una proposizione non l'hai capita, non puoi essere né d'accordo nè in disaccordo con essa.
 
Le persone zelanti sono considerate troppo rigide e un po' fesse da quelle non zelanti. Le persone non zelanti sono considerate inaffidabili e un po' immorali da quelle zelanti.
 
Nel giudicare la verità e il valore di un discorso siamo normalmente influenzati dalla reputazione dell'oratore e dell'autore.
 
Qualunque cosa io faccia o non faccia, dica o non dica, qualcuno la disapprova.
 
Alcuni dicono che per valutare un libro bisognerebbe prima leggerlo direttamente e per intero. È come raccomandare di accendere un fiammifero per accertarsi che funziona.
 
Chiunque abbia una volta dichiarato che l'altro è uno stupido, un cattivo compagno, si arrabbia se quello dimostra alla fine di non esserlo.
 
Chi accusa qualcuno di arroganza è arrogante in quanto si arroga il diritto di giudicare l'altro arrogante e di sentirsi migliore di esso. In realtà siamo tutti arroganti nella misura in cui giudichiamo gli altri; tuttavia questa arroganza è indispensabile per il progresso morale e civile.
 
Ogni umano è giudice, imputato e testimone allo stesso tempo, e ciascuno di questi ruoli implica una responsabilità.
 
I difetti altrui sono sempre più gravi dei propri.
 
Troppo facilmente si dà del birbante, a cui la sorte è contraria, come del galantuomo a cui la sorte sorrise.
 
Più facilmente determina e condanna chi manco considera.
 
Ogni umano va giudicato in base a ciò che fa e a ciò che non fa.
 
Ognuno ha bisogno di essere gradito al maggior numero possibile di altre persone, ma è impossibile essere graditi da coloro che non gradiamo. Per questo molti gradiscono a priori, e perciò evitano di giudicare, qualsiasi essere umano.
 
Ognuno ha il diritto di non giudicare gli altri, ma il progresso civile e morale si basa sul giudizio, ovvero sull'obiettivo di migliorare ciò che si giudica cattivo o inadeguato. Senza giudizio, niente progresso.
 
Noi ci giudichiamo per ciò che ci sentiamo capaci di fare, mentre gli altri ci giudicano per ciò che abbiamo già fatto.
 
Giudicare implica prendere posizione a favore o a sfavore di certe idee e delle persone che le diffondono. Purtroppo La maggior parte della gente giudica e prende posizione, non giudica e non prende posizione, semplicemente adottando i giudizi e le posizioni, i non giudizi e le non prese di posizione, della maggioranza delle persone della cui cooperazione ha bisogno. Le conseguenze di questo fenomeno sono sotto gli occhi di tutti.
 
E non è quel che noi siamo e quel che noi facciamo, che ne rendi onorati o disonorati, ma sì ben quel che altri stimano, e pensano di noi.
 
Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere, mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io, vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate, vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.
 
Siamo profondamente condizionati dall'idea del giudizio morale: facciamo qualsiasi cosa per evitarlo o meritarne uno a noi favorevole.
 
La banalità è negli occhi di chi la osserva.
 
È impossibile giudicare gli esseri umani senza offenderne qualcuno.
 
Io giudico gli altri e gli altri mi giudicano. Da questi giudizi dipendono le nostre relazioni, e dalla qualità delle nostre relazioni dipendono i nostri piaceri e dolori.
 
Stiamo attenti a ciò che diciamo, perché dalle nostre parole gli altri si faranno un'idea più o meno vera o falsa, secondo i loro paradigmi, di chi siamo, chi crediamo di essere, come li giudichiamo e delle nostre intenzioni. C'è sempre il rischio di passare per arroganti, narcisisti, nemici, ignoranti, sciocchi, ingenui, perdenti, falsi, incoerenti, pazzi ecc.
 
Quando si giudica il comportamento di una persona, bisogna usare criteri non solo razionali, ma anche sentimentali.
 
Quando giudicate gli altri, non definite loro, ma voi stessi.
 
Ogni umano è giudice e imputato.
 
Rispettare le opinioni altrui non significa condividerle. L'importante è non disprezzare la persona che esprime opinioni che non si condividono. Tuttavia è difficile non considerare "sbagliato" chi esprime idee che riteniamo sbagliate. Così, per evitare di disprezzare gli altri, molti preferiscono non giudicare le idee altrui, col risultato che certe persone dicono cose sbagliate senza che qualcuno glielo faccia notare.
 
Le persone più serie sono inquietanti per quelle meno serie, perché sono percepite come più inclini a giudicare e quindi a condannare coloro che non corrispondono ai loro principi morali.
 
A tutti interessano le narrazioni che parlano di colpe di altre persone o di altri gruppi, purché non vi sia in esse il minimo accenno a possibili responsabilità dell’ascoltatore o dei gruppi a cui questo appartiene.
 
Non si giudica chi si ama.
 
L'unica capace di giudicare è la parte in causa, ma essa, come tale, non può giudicare. Perciò nel mondo non esiste la vera possibilità di giudizio, ma solo un riflesso.
 
Quel che noi facciamo non è mai compreso, ma sempre soltanto lodato e biasimato.
 
Ogni cosa che facciamo viene giudicata dagli altri e da noi stessi. Siccome i giudizi possono essere contrastanti, molti preferiscono fare solo cose che anche gli altri fanno, e farle insieme agli altri, o allo stesso tempo.
 
È assurdo giudicare male qualcuno perché giudica.
 
Molti sono per un pluralismo e relativismo filosofico, etico e culturale, ovvero per un fai-da-te morale in cui ciascuno si giudica come gli conviene sottraendosi al giudizio altrui.
 
L'astensione dal giudizio, più che essere una virtù e un segno di saggezza, potrebbe nascondere una strategia per evitare lo stress del giudizio, ovvero la paura che il proprio giudizio venga mal giudicato.
 
C'è chi non vuole farsi aiutare dagli altri solo per orgoglio, o anche per infondere loro un costante senso di colpa.
 
Riflettere è considerevolmente laborioso, ecco perché molta gente preferisce giudicare.
 
Ogni giorno è il giorno del giudizio.
 
Condividere dei valori e delle verità comporta il sottoporsi ad un corrispondente giudizio morale e intellettuale.
 
Il crimine più grande: giudicare.
 
La questione non è se una certa cosa sia buona o cattiva, bella o brutta, vera o falsa, giusta o sbagliata, ma per chi e perché lo sia.
 
Gli esseri umani vengono giudicati da altri umani (e di conseguenza premiati o puniti), non solo per le loro azioni e non azioni, ma anche per certi loro pensieri e sentimenti, e per l’assenza di certi pensieri e sentimenti. Ciò avviene con pensieri e sentimenti, non-pensieri e non-sentimenti, espressi esplicitamente o implicitamente, volontariamente o involontariamente.
 
Criticare una critica non significa negare il diritto di criticare, così come consentire una critica non significa accettarla. Anche le critiche debbono essere criticabili.
 
Non bisogna smettere di giudicare, ma cambiare e migliorare i modi, i criteri, i punti di vista e gli scopi del giudizio.
 
Se tutti parlano di una certa cosa, è impossibile non parlarne, anche solo per chiedersi perché tutti ne parlano e se sia una cosa reale o immaginaria, vera o falsa, buona o cattiva, bella o brutta.
 
Non possiamo evitare il giudizio altrui come non possiamo non giudicare. Il giudizio può essere più o meno realistico, più o meno fondato, più o meno consapevole, più o meno onesto. Possiamo anche non vedere ciò che ci disturba, cosa che comunque avviene inconsciamente e involontariamente. Per questo considero l'invito a non giudicare un nonsenso. Io inviterei piuttosto a migliorare il proprio giudizio attraverso una migliore e più ampia conoscenza della natura umana.
 
Un modo molto usato e facile di criticare qualcuno è quello di attribuirgli pensieri e intenzioni criticabili interpretando in modo arbitrario e tendenzioso le sue parole e/o il suo comportamento, senza preoccuparsi di averlo capito bene, anzi assumendo di averlo capito perfettamente.
 
Quanto parliamo male di qualcuno è sottinteso che noi siamo migliori, e questo ci gratifica e ci promuove.
 
A disprezzarsi troppo ci si rende degni del proprio disprezzo.
 
Chi parte dall'assioma che un certo autore sia saggio, "interpreta" qualsiasi cosa quell'autore dice in un senso "buono e giusto", anche se si tratta di sciocchezze, falsità, assurdità o illusioni. Lo stesso avviene con le sacre scritture delle varie religioni.
 
Gli altri ci giudicano, e noi giudichiamo gli altri. Da tali giudizi, di cui siamo più o meno consapevoli, dipendono le nostre interazioni e le nostre non-interazioni.
 
La più alta forma di intelligenza umana è la capacità di osservare senza giudicare.
 
Con l'aumentare delle nostre conoscenze diminuisce la nostra certezza di giudizio.
 
Il pluralismo morale conviene a chi non vuole essere giudicato.
 
Ognuno giudica gli altri, consciamente o inconsciamente. Non si può non giudicare, dobbiamo cercare di giudicare meglio.
 
I giudizi qualificano chi li esprime.
 
Il problema non sono i pregiudizi, ma l'incapacità di cambiarli.
 
Gli uomini si giudicano non da quello che pensano o che dicono di pensare, ma da quello che fanno.
 
Ogni umano è valutato e giudicato da ogni altro non soltanto per ciò che fa e che non fa, ma anche per ciò che pensa e che non pensa, ovvero per la sua visione del mondo. Per questo può essere utile non rivelare agli altri la propria vera visione del mondo, e lasciar loro credere di vedere il mondo come essi lo vedono.
 
Chi non condanna il male ne è complice.
 
Chi disprezza se stesso, continua pur sempre ad apprezzarsi come disprezzatore.
 
Non dobbiamo sospendere il giudizio, dobbiamo ampliarlo per includere interessi e punti di vista diversi.
 
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