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Io non so cosa sia la coscienza, né cosa sia il dolore, né come siano stati generati, né in che consistano da un punto di vista materiale, spirituale e biologico, ma sono cosciente, con un elevato grado di certezza, del fatto che se mi do una martellata su un dito proverò un forte dolore.
 
Io non invento nulla, metto solo insieme in un certo modo cose inventate da altri.
 
Ciò che è noto, non è conosciuto. Nel processo della conoscenza, il modo più comune di ingannare sé e gli altri è di presupporre qualcosa come noto e di accettarlo come tale.
 
Coloro che non hanno capito nulla di un certo fenomeno sono meno dannosi di quelli che, avendone capito una parte, credono di averlo capito tutto.
 
Gli peripatetici e altri filosofi da volgo, benché nominano forma sustanziale, non hanno conosciuta altra sustanza che la materia.
 
Se non capiamo la logica per cui certi eventi accadono, non dobbiamo pensare che essi non seguano una precisa logica. Tutto avviene secondo una logica, anzi, secondo una combinazione di logiche, tranne gli eventi casuali. In realtà anche questi seguono una combinazione di logiche microscopiche, complesse, imprevedibili e non predefinite.
 
Prima di rispondere ad una domanda, assicuriamoci che sia sensata e basata su presupposti condivisibili.
 
Se prendiamo in considerazione solo ciò che conferma le nostre idee possiamo dimostrare tutto e il contrario di tutto.
 
A quasi nessuno interessa conoscere idee altrui che non siano coerenti con la propria visione del mondo, se non per contestarle.
 
Da bambino collezionavo figurine di calciatori e di attori. Oggi colleziono figurine, e pensieri, di intellettuali.
 
Non ci sono solo risposte sbagliate, ci sono anche domande sbagliate.
 
Fatevi delle domande e scrivetele da qualche parte. Forse nei giorni o mesi seguenti troverete le risposte.
 
Se tutti gli umani fossero onniscienti, come si comporterebbero gli uni verso gli altri?
 
Su una cosa, almeno, la pensiamo tutti allo stesso modo: tutti quelli che non la pensano come noi sono stupidi e/o ignoranti.
 
Un soggetto può diventare oggetto, perfino del suo stesso oggetto diventato a sua volta soggetto. E viceversa. È ciò che avviene normalmente tra l'io cosciente e il suo inconscio, che si scambiano continuamente i ruoli di soggetto e oggetto
 
Conoscere è un atto. La scienza appartiene dunque all'ambito della morale. Agire è seguire un pensiero. La morale appartiene dunque al campo della scienza.
 
Le mie conoscenze non mi bastano.
 
Chi perciò consistendo nel luogo e nel tempo, libererà le ragioni delle idee dal luogo e dal tempo, si conformerà agli enti divini.
 
È una disgrazia che psicologia, sociologia e filosofia siano discipline separate, dato che studiano la stessa cosa: il comportamento umano. Dovrebbero confluire in un'unica disciplina chiamata, per esempio, "panantropologia", termine coniato dallo psichiatra Luigi Anepeta.
 
Il contributo più importante del sapere del xx secolo, è stata la conoscenza dei limiti della conoscenza.
 
Quando sentiamo un discorso, ciò che più conta non è quanto esso sia vero ma quanto e a chi esso sia utile o dannoso, ovvero quali conseguenze potrebbe avere e per chi.
 
La conoscenza non è fonte di felicità in sé, ma ha valore nella misura in cui può aiutarci a capire cosa dobbiamo fare per essere più felici, ovvero per soffrire di meno e godere di più, cioè per soddisfare meglio i nostri bisogni.
 
Il problema non è l'ignoranza, ma la presunzione di conoscenza.
 
A volte, dietro l'amore per la concretezza si nasconde una scarsa capacità di astrazione.
 
Una conoscenza serve a orientarsi, a decidere cosa fare e non fare, o a dimostrare qualcosa.
 
Una guerra civile tra i cultori della cultura e i cultori dell'ignoranza mi sembra inevitabile.
 
Piuttosto, per ogni oggetto o esperienza, c'è una quantità che ha un valore ottimale. Al di sopra di quella quantità, la variabile diventa tossica. Stare al di sotto di quella quantità è essere deprivati.
 
Estasi è riuscire a contemplare serenamente il tutto senza escludere alcuna sua parte.
 
C'è sempre il rischio di scendere troppo nel particolare perdendo di vista il generale. Quando succede, dimostriamo di essere specialisti bravi ma incapaci di soddisfare i bisogni nostri e altrui. Perché la vita richiede che siano soddisfatte un certo insieme di condizioni, non solo alcune, quantunque perfettamente.
 
Ognuno ha ragione dal suo punto di vista. Dipende da dove uno guarda. Non tutti i filosofi hanno una visione a 360 gradi, anzi forse solo una minoranza di essi.
 
Invece di vedere il mondo come è, lo vediamo in forme disegnate dalle nostre emozioni.
 
Siccome (io so che) le cose stanno così, allora facciamo così.
Siccome io ne so più di te, allora facciamo come dico io.
 
Ci sono persone che non amano le spiegazioni troppo chiare e precise. Preferiscono quelle più vaghe che possono interpretare come conviene loro.
 
Ogni spiegazione consiste in una semplificazione in cui si trascura qualcosa di più o meno importante.
 
Oggi è tutto un patetico e a volte ridicolo "fai-da-te" intellettuale. Non solo non c'è più rispetto per le religioni (cosa che non mi dispiace) ma nemmeno per i grandi pensatori. Vige l'"uno vale uno" e tanti, anche i più ignoranti, anzi, specialmente i più ignoranti, pensano di non essere inferiori (intellettualmente) a nessuno.
 
Se vogliamo continuare a crescere mentalmente, non dobbiamo mai smettere di chiederci il perché di tutto ciò che avviene, e non dobbiamo mai contentarci delle risposte.
 
A parer mio i termini psicologia e filosofia andrebbero usati solo al plurale, se non accompagnati da un qualificatore. Perché le psicologie e le filosofie sono tante, più o meno buone e più o meno in contrasto tra loro.
 
La mia sapienza contro la tua.
 
Un analfabeta funzionale non è in grado di capire cosa sia l'analfabetismo funzionale.
 
Qualunque sia il fenomeno studiato, occorre innanzitutto che l'osservatore studi se stesso, poiché l'osservatore o turba il fenomeno osservato, o vi si proietta in qualche misura.
 
Il patrimonio letterario filosofico e religioso è pieno di spiegazioni che non spiegano nulla e di risposte che rispondono a domande diverse da quelle a cui pretendono di rispondere. Occorre guardarsi dalle non-spiegazioni e dalle non-risposte.
 
Io non credo che la casualità sia l'opposto della causalità. La casualità è causata da leggi fisiche. Ciò che rende un fenomeno casuale è solo la sua imprevedibilità.
 
La tecnologia è troppo importante (nel bene e nel male) per lasciare che venga amministrata da tecnologi e tecnocrati.
 
Mi chiedo quanti esseri umani si chiedono perché fanno ciò che fanno.
 
Una vecchia tecnica retorica è, di una medaglia, vedere solo una faccia e non il rovescio. È ciò che fanno tutti i politici, e, di conseguenza, i loro seguaci.
 
Ci vuole tutta una vita per capire che non è necessario capire tutto.
 
Senza un contesto, parole e azioni non significano nulla.
 
Quanto meno una persona è dotata di cultura scientifica, tanto più tende a dare credito a teorie non scientifiche o anti-scientifiche.
 
È impossibile distinguere l'essere dall'apparire, perché l'essere si deduce dall'apparire. Infatti non possiamo conoscere l'essenza delle cose ma solo le loro relazioni e interazioni con il resto del mondo, nella forma e nella misura in cui ci appaiono.
 
La realtà è un insieme di relazioni e interazioni più o meno favorevoli alla soddisfazione dei bisogni e dei desideri degli esseri viventi interagenti.
 
I maestri, dopo essere stati seguiti, sono fatti per essere superati, ovvero completati. Nessun maestro, nessun insegnamento è sufficiente. Ognuno deve cercare il necessario complemento adatto a sé presso altri maestri e/o con la propria intuizione.
 
Il discorso del ciarlatano: tu stai male a causa di una certa, semplice causa e io posso indicarti o fornirti gli strumenti per eliminare o neutralizzare quella causa.
 
Siamo tutti incompleti. Ogni conoscenza è incompleta. Capire l'incompletezza è il primo passo verso una maggiore completezza.
 
Io ho un pregiudizio negativo contro l'idea stessa di "ontologia". Ho infatti imparato (da Gregory Bateson) che non è possibile conoscere una cosa "in sé" ma solo le relazioni e le interazioni di una cosa col resto del mondo. Possiamo inoltre conoscere una cosa in quanto sistema, cioè osservando le parti da cui è costituita e le relazioni e interazioni tra di esse. D'altra parte, a mio parere, una cosa che non ha alcuna relazione con altre o che non può essere suddivisa in parti (in relazione tra loro) non merita nemmeno di essere conosciuta, oltre al fatto che non penso possa esistere qualcosa che non abbia relazioni con altre. In conclusione, ritengo l'approccio ontologico (cioè non relazionale) inutile, illusorio, arbitrario e fuorviante.
 
Non possiamo conoscere l'essenza delle cose, ma solo le loro forme, le loro parti, le loro relazioni e i loro effetti.
 
Quando Mara, il Tentatore, cerca di soppiantare il Buddha, costui gli dice fra l'altro: "Con che diritto pretendi di regnare sugli uomini e sull'universo? Hai forse sofferto per la conoscenza?". Ecco la domanda capitale, forse l'unica, che ci si dovrebbe fare quando ci si interroga su chiunque, in primo luogo su un pensatore. Non si distingue mai abbastanza fra coloro che hanno pagato per ogni minimo passo verso la conoscenza e coloro, incomparabilmente più numerosi, cui fu assegnato un sapere comodo, indifferente, un sapere senza travagli.
 
Credere significa essere convinti di qualcosa che non esibisce il proprio fondamento veritativo. Lo esibisse, questo qualcosa non sarebbe creduto, ma saputo.
 
La cognizione di qualunque essenza è il prodotto di classificazioni. Infatti "essere" una certa cosa significa appartenere ad una certa classe di cose.
 
La realtà oggettiva esiste, ma pochi la conoscono e solo in piccola parte. Ed esiste una realtà soggettiva per ogni essere umano, che corrisponde solo in piccola parte alla realtà oggettiva e alle realtà soggettive altrui.
 
Nulla di ciò che ho letto o ascoltato soddisfa completamente il mio desiderio di conoscenza.
 
Noi tendiamo a pensare che se una persona ha detto alcune cose vere e importanti, tutto ciò che quella persona dice sia vero e importante, e viceversa, se una persona ha detto alcune cose false o non importanti, tendiamo a pensare che tutto ciò che essa dice sia falso o non importante.
 
Non viviamo per conoscere, ma conosciamo per vivere, ovvero per meglio soddisfare i nostri bisogni.
 
La logica non è una scienza esatta se le parole che essa usa non hanno un significato univoco e universalmente condiviso.
 
L'uomo definisce oggetti, crea categorie e stabilisce l'appartenenza di certi oggetti a certe categorie. Allo stesso tempo l'uomo prende atto di oggetti, categorie e appartenenze definiti da altri.
 
Il sapere è una rete di parole, di immagini e di emozioni.
 
I cani abbaiano a quelli che non conoscono
 
I ciarlatani non amano gli scienziati perché disturbano il loro lavoro, e perciò cercano di screditarli in tutti i modi possibili.
 
Se non si ha qualche separazione, non si ha neppure più né soggetto né oggetto di conoscenza; non si ha più né utilità interna di conoscere né realtà esterna da conoscere.
 
Il pragmatismo è un metodo di ricerca capace di andare oltre tanto al positivismo quanto all’idealismo.
 
Ci sono persone che credono che tutto ciò che non riescono a capire sia irrilevante, stupido o mostruoso.
 
Una struttura è l'insieme delle relazioni tra gli elementi di un insieme.
 
Nulla è definito in sé. Siamo noi umani che definiamo le cose.
 
Nessuno di noi abita il mondo, ma esclusivamente la propria visione del mondo.
 
Il vero mistero resta tale e non può essere chiarito, altrimenti cessa di essere un mistero. Attenti dunque ai falsi misteri di certe religioni e filosofie, ammantati di certezze infondate.
 
Al di fuori della scienza si può dire tutto e il contrario di tutto. Al di fuori della scienza ciò che conta non è la verità, ma i sentimenti, cioè ciò che piace o dispiace, che attrae o repelle.
 
Conoscere una persona significa soprattutto conoscere i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue motivazioni, le sue attrazioni, le sue repulsioni, le sue paure, le sue speranze, le sue disperazioni, più di quanto la persona stessa ne sia consapevole. Questo vale anche per la conoscenza di se stessi.
 
Nelle scienze umane non vi sono certezze, ma solo ipotesi, metafore e tentativi.
 
La conoscenza non è fine a sé stessa, ma serve a risolvere problemi e a soddisfare bisogni.
 
La realtà è così complessa che nessuno riesce a capirla completamente e pochi riescono a capirla in misura sufficiente per non fare gravi errori per sé stessi e per la società.
 
Un uomo con un orologio sa che ore sono. Un uomo con due orologi non è mai sicuro. 
 
La credenza nella reincarnazione è, a mio parere, incompatibile con l'evoluzionismo, per il quale la vita è iniziata con un unico organismo molto semplice che si è riprodotto e moltiplicato diventando sempre più complesso. La reincarnazione, invece, per quanto ne so, non ammette che una singola vita possa reincarnarsi in più d'una, e suppone che il numero totale di esseri viventi resti costante nel tempo. La reincarnazione non spiega nemmeno come si sia formata la vita in un mondo che ne era privo, alcuni miliardi di anni fa.
 
Se l'astrologia considera il futuro come fato predestinato e governato dai moti dell'universo è evidente che gli esseri viventi – e in specie quelli intelligenti – non possono mutare il corso degli eventi. Non è possibile quindi utilizzare le predizioni astrologiche per influenzare il futuro secondo specifiche esigenze.
 
Ciò che gli uomini vogliono realmente non è la conoscenza, ma la certezza.
 
Per ogni umano è importante sapere cosa gli appartenga e a cosa egli appartenga, e cosa appartenga agli altri e a cosa gli altri appartengano.
 
La meraviglia non è sempre un fatto positivo. Per esempio, uno sciocco può meravigliarsi di qualcosa di cui un saggio non si meraviglierebbe. Quanto più si conosce il mondo e l'uomo, tanto meno ci si meraviglia di ciò che accade.
 
L'uomo ha un tale bisogno di trovare un senso in tutto ciò che avviene, che dà un senso anche a cose che non ne hanno.
 
Quando si chiede perché una certa cosa ha certe qualità o caratteristiche, si assume che quella cosa abbia quelle qualità o caratteristiche. Ebbene, ciò potrebbe non essere vero affatto o in parte, quindi, prima di chiederci il perché di qualcosa, bisognerebbe assicurarsi di aver capito come quella cosa è fatta e come funziona.
 
Troppo spesso si dimentica che il contrario di relativismo è assolutismo.
 
Credo di avere dei dubbi, ma non ne sono sicuro.
 
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza
 
La realtà è molto più complessa di quanto possiamo immaginare.
 
La realtà (ovvero la verità) è una sola, ma ognuno la vede, valuta e racconta a modo suo, come gli conviene e sempre in modo frammentario e incompleto.
 
La carenza di saggezza sistemica è sempre punita.
 
La fisica sta diventando lo studio dell'organizzazione. In questo modo convergerà con la biologia e la psicologia.
 
Numero, quantità, rapporto, qualità. C'è una relazione di causa-effetto tra queste quattro categorie. Infatti la qualità di una cosa dipende dal rapporto tra le quantità di certi suoi aspetti, le quali quantità dipendono dal numero di volte che quegli aspetti accadono. Perciò la qualità è determinata da numeri.
 
La mia ambizione è quella di scoprire cose importanti che sono sotto gli occhi di tutti ma che nessuno vede o di cui nessuno capisce l'importanza, le cause e le conseguenze.
 
La realtà è un multifenomeno, ovvero un'insieme, in parte ordinato e in parte caotico, di innumerevoli fenomeni, molti dei quali interdipendenti. Dato che una mente può cogliere solo una minima parte dei fenomeni e delle loro interazioni, dovremmo mostrare una maggiore umiltà intellettuale, ma purtroppo la mente non conosce i suoi limiti, e si sopravvaluta.
 
Infine resta la vita, e il sapere lo strumento per meglio esprimerla.
 
Le conoscenze di una persona sono come una rete ferroviaria con un numero di stazioni, scambi e cantieri più o meno grande, e il pensiero di quella persona è come un treno pilotato dal suo inconscio, che percorre quella rete ad una velocità più o meno alta, fermandosi un tempo più o meno lungo nelle varie stazioni.
 
Aver fede nella fede rende fanatici.
 
Ognuno è esperto delle proprie esperienze.
 
La conoscenza raddoppia i dubbi e dimezza le certezze.
 
L'esperienza dell'eclissi di luna è stata consolante. Almeno di due cose possiamo essere certi: che la terra è tonda e che gli scienziati sono capaci di prevedere eventi con grande precisione.
 
Le nostre esperienze, come le lezioni dei sapienti, sono sempre frammentarie e insufficienti. Sta a noi, col nostro ingegno, interconnettere ciò che percepiamo, in un modo che corrisponda alle connessioni e interazioni reali che costituiscono la natura.
 
Ogni azione è una reazione.
 
Il miglior modo di celare agli altri i confini del proprio sapere è non oltrepassarli.
 
Ho diversi maestri e cerco di collegare e organizzare le loro idee in modo da ottenere una comprensione della natura umana che sia maggiore della somma dei singoli saperi.
 
In teoria non c'è differenza fra la teoria e la pratica. Ma in pratica c'è.
 
Spesso diciamo ciò che non sappiamo, e non sappiamo ciò che diciamo.
 
Il più conosce il meno, dice un proverbio, ed io aggiungo: il meno non conosce il più.
 
Comprendere una persona significa soprattutto sapere cosa la fa soffrire e cosa la fa godere. Questo vale anche per la comprensione di se stessi.
 
Non esistono cause prime: ogni causa è conseguenza di una o più altre cause. L'uovo è prodotto dalla gallina, e la gallina è prodotta dall'uovo. La società è formata dagli individui, e gli individui sono formati dalla società. L'io cosciente è influenzato dall'inconscio, e l'inconscio è influenzato dall'io cosciente. La natura è piena di relazioni causali circolari.
 
Diffido delle spiegazioni totali e non do credito a chi spaccia per totale una spiegazione parziale.
 
Inutile giocare a chi la sa più lunga se i contendenti non accettano uno stesso arbitro.
 
Se uno non è d'accordo con le tue opinioni, non significa che queste siano sbagliate, ma che non sono adatte a lui.
 
Alcuni considerano assolute, cognizioni che sono relative. Per alcuni tutto è assoluto e nulla relativo. Alcuni non capiscono nemmeno la differenza tra assoluto e relativo.
 
Noi stiamo cercando un'altra visione di base: il mondo come organizzazione. Ciò cambierebbe profondamente il nostro modo di pensare e influenzerebbe il nostro comportamento. Dobbiamo vedere la biosfera come un tutto con interdipendenze che si rinforzano o si distruggono reciprocamente.
 
Il concetto di “essere” implica la costanza dell’essere stesso, a meno che non si intenda l’essere sempre relativamente ad un certo spazio e/o tempo. Infatti, che senso ha dire che A “è” X se questo è vero solo per un periodo di tempo e/o uno spazio limitato, e non è vero né prima né dopo tale periodo, né fuori di tale spazio? Dobbiamo quindi distinguere tra un essere assoluto, che è costante nello spazio e nel tempo, e un essere relativo, che varia nello spazio e/o nel tempo. Tuttavia dubito che possa esistere un essere assoluto, se è vero che “tutto scorre”.
 
Si deve mantenere sempre presente l'intero. Se ci si ferma al dettaglio, è facile sbagliarsi e si ha solo una visione errata delle cose.
 
Ogni discorso implica una divisione del mondo in parti, e le parti in cui il mondo viene diviso sono diverse da persona a persona. Ogni parte ha, per chi l’ha definita, certi attributi, certe caratteristiche e interagisce con altre parti in certi modi. Ogni filosofia, ogni religione, ogni scuola di pensiero, insomma, ogni ideologia, divide il mondo in certe parti e definisce gli attributi di ciascuna parte in termini di necessità, di dipendenze, e di interazioni.
 
Le discipline accademiche umanistiche contemporanee non dicono cose errate, ma lacunose. Ad esempio, il sociologo dice che certi fenomeni sociali sono causati da certe mentalità, ma non si preoccupa di sapere come certe mentalità si stabiliscono nell'individuo e se e come possono cambiare. Da parte sua lo psicologo dice che certe mentalità sono causate da certe situazioni sociali, ma non si preoccupa di sapere come le situazioni sociali si sono stabilite e se e come possono essere cambiate. È uno stallo da cui si può uscire solo unificando sociologia e psicologia. La psicologia sociale è un timido e riduttivo tentativo in tal senso. Quando la psicologia era individualistica, G. H. Mead era considerato un sociologo. Ora che la psicologia è sempre più relazionale non c'è motivo per non considerare Mead uno psicologo di prima grandezza a tutti gli effetti. Lo dice anche il titolo del suo libro: "Mente. sé e società".
 
La realtà è plurale e parallela, ogni pensiero è singolare e seriale. Perciò il pensiero, in ogni momento, non può afferrare che un'infinitesima parte della realtà e in modo più o meno realistico.
 
L'uomo è l'unico animale capace di dare un nome e un senso a cose, esseri viventi, idee ecc., che senza il suo intervento non avrebbero né un nome, né un senso.
 
Ci sono persone che sanno molto di cose poco importanti e poco di cose molto importanti.
 
Non possiamo conoscere l'assoluto, ma solo il relativo.
 
I fatti sono transazioni, laddove un'interazione consiste in un insieme di transazioni e una relazione consiste in un insieme di interazioni abituali.
 
Ognuno crede di sapere tutto ciò che è importante sapere, e pensa che ciò che non sa non sia importante sapere.
 
Conoscere le menti altrui, a partire da quelle dei propri vicini, è per me molto più importante e appassionante che conoscere altri popoli senza esplorare le particolari strutture delle loro menti.
 
La metafisica non è fonte di conoscenza, ma di credenza.
 
Il comportamento di un essere umano dipende soprattutto dalla sua mappa mentale del mondo.
 
Le cose non sono come appaiono, e non possiamo sapere cosa siano veramente se non in termini di elementi che le compongono, i quali, però, a loro volta, non sono come appaiono.
 
Forse prima del Big bang il tempo non esisteva, e nemmeno lo spazio. Forse c'era solo una infinita energia concentrata in un unico, infimo, immobile punto, senza un perché, né un senso, né una vita, né una mente. Senza tempo non può esserci informazione né mente.
 
Gli scienziati sbagliano quando, davanti ad una parte di realtà che non corrisponde alla loro teoria, cercano di cancellare la realtà anziché modificare la teoria.
 
Un errore molto comune è quello di scambiare alcune parti per il tutto, il parziale per il totale. D'altra parte non possiamo mai vedere e capire il tutto, ma solo alcune delle sue parti e alcune interazioni tra di esse.
 
Sarebbe davvero bello, Agatone, se la sapienza fosse in grado di scorrere dal più pieno al più vuoto di noi, solo che ci mettessimo in contatto l'uno con l'altro, come l'acqua che scorre nelle coppe attraverso un filo di lana da quella più piena a quella più vuota.
 
È molto difficile per un essere umano distinguere il vero dal falso, il reale dall’immaginario, il volontario dall’involontario, il causale dal casuale, il generale dal particolare, il semplice dal complesso.
 
Usare un testo senza un chiaro riferimento ad un contesto conosciuto sia da chi scrive che da chi legge, ovvero da chi parla e da chi ascolta, oltre ad essere inutile, può causare malintesi.
 
Quando due persone guardano un cubo da punti di vista opposti, ognuna vede facce del cubo diverse, ma il cubo è lo stesso.
 
Nel mondo accademico le facoltà scientifiche sono le più affidabili perché l'errore in una teoria scientifica si dimostra prima o poi tale, per esempio, con il crollo di un edificio o la morte di un paziente. Ma l'errore in una teoria filosofica, letteraria, artistica, giuridica o economica è difficilmente dimostrabile e può perdurare senza fine. Anzi, si può dire che al di fuori della scienza non esistono errori, ma solo vedute soggettive.
 
Scienza, filosofia e psicologia non debbono essere separate, ma procedere congiuntamente, nutrendosi l'una delle altre. Altrimenti ciò che producono è pericolosamente insufficiente.
 
La differenza tra la parola e l'azione è la stessa che c'è tra la teoria e la pratica.
 
Finché la scienza e le tecnologie erano poco sviluppate, l'irrazionalità dell'uomo non poteva fare danni irreparabili. Oggi che la scienza e le tecnologie sono così avanzate, l'irrazionalità è un lusso che non possiamo più permetterci.
 
Anche ciò che non ci piace o che ci disturba ha un perché, ovvero un senso, una causa o uno scopo, tranne ciò che è casuale.
 
La conoscenza consiste in risposte a domande come le seguenti: quali forme? Insieme con quali altre forme? In quali relazioni? In quali interazioni? In quali misure? Da quali cause? A quali fini?
 
Ognuno ha ragione dal suo punto di vista. Ha torto solo chi pensa che il proprio punto di vista sia l'unico valido, rispettabile e completo.
 
Ognuno adotta la visione del mondo per lui più conveniente.
 
Ogni fenomeno è conseguenza e causa di altri fenomeni.
 
Grazie alle nuove tecnologie gli stupidi, i criminali e i dittatori possono fare molti più danni che in passato, a livello globale.
 
Non facciamoci ingannare dai luoghi comuni. Socrate diceva “so di non sapere”. In realtà era convinto di saperla molto più lunga dei suoi interlocutori. Altrimenti non avrebbe esercitato la professione di insegnante di filosofia o di “buona vita”. Questa presunzione, difficile da nascondere, irritava coloro che non si sentivano a lui inferiori né intellettualmente, né moralmente. Sappiamo come l'arroganza di Socrate fu punita.
 
Non è vero che più si sa e meglio di vive. Conviene sapere quanto basta.
 
Ogni conoscenza è tautologica, cioè si riferisce ad altre conoscenze, senza le quali è impossibile. Per esempio, per conoscere il tempo abbiamo bisogno di conoscere lo spazio e viceversa e non credo che 'conosceremo' mai lo spazio/tempo come entità unica. Anche i concetti di finito e infinito sono tautologici, perché l'uno può essere definito solo in relazione (negazione) all'altro.
 
Il noto in generale, proprio perché noto, non è conosciuto. Quando nel conoscere si presuppone alcunché come noto, e lo si tollera come tale, si finisce con l’illudere volgarmente sé e gli altri; allora il sapere, senza neppure avvertire come ciò avvenga, non fa un passo avanti nonostante il grande e incomposto discorrere che esso fa.
 
La più grande illusione è credere di conoscere il presente perché ci siamo.
 
Un organismo complesso è costituito dall'interconnessione e interazione di organismi più semplici. Pertanto, per conoscere un organismo complesso occorre conoscere gli organismi più semplici che lo compongono e le relazioni tra di essi. Questo vale specialmente per l'uomo e per le società, che sono gli organismi più complessi di cui conosciamo l'esistenza. Senza seguire tale principio e metodo, la conoscenza degli organismi può essere solo emotiva, irrazionale, riduzionista, riduttiva, superficiale, tendenziosa, fallace o inconcludente.
 
Nulla ha senso o valore in sé. Sono gli umani che danno senso e valore alle cose secondo le proprie inclinazioni, e insegna agli altri le loro attribuzioni come se fossero intrinseche e oggettive.
 
Sappiamo più cose inutili di quante ne ignoriamo necessarie.
 
Il mio modo di apprendere non è dalla teoria alla pratica, ma dalla pratica alla teoria. Infatti, prima osservo un fatto, ne valuto l'interesse per me e per gli altri, e soltanto dopo, se trovo quel fatto interessante, cerco di sapere e di capire come e perché esso avviene. Di conseguenza studio solo le cause e i meccanismi dei fatti che interessano me e/o gli altri. È un modo pragmatico di apprendere.
 
Quando si legge un libro, nella mente del lettore ci sono due posizioni da stabilire: la posizione del lettore nella narrazione del libro e la posizione della narrazione del libro nella vita del lettore. Tali posizioni devono essere coerenti con la visione del mondo del lettore e con la sua autostima.
 
Io non ho inventato nulla. Ho solo messo in un ordine a me congeniale cose inventate da altri.
 
Quel che accade, accade perché può o deve accadere secondo le leggi della fisica e del caso, e secondo le logiche delle menti degli esseri viventi.
 
Quante cose sono avvenute inaspettate e, viceversa, quante, che erano aspettate, non sono avvenute!
 
Il mondo consiste in interazioni più o meno piacevoli o dolorose tra oggetti viventi e non viventi più o meno dotati di coscienza, regolate da leggi fisiche e da logiche più o meno note agli oggetti stessi.
 
L'illusione di essere immuni da bias cognitivi è un segno evidente della loro presenza.
 
Per l'uomo anche il vuoto ha un significato, anche l'assenza di significato ha un significato.
 
Per me ciò che chiamano "trascendenza" (parola che io evito di usare) è solo un desiderio, un mito, una realtà immaginaria, non una realtà conoscibile (se potessimo conoscerla sarebbe immanente).
 
Non basta ciò che hanno detto i grandi maestri. Bisogna andare oltre.
 
Quella [dei cani] è la stessa razza di barbari che condanna e attacca tutto quanto non intende: così adesso questi cani, vili e smascherati per tali dal loro stesso aspetto, latrano contro tutti gli sconosciuti, anche se vengono con intenti benefici, mentre si fanno più miti con quelli che conoscono, per quanto siano malvagi e scellerati.
 
La competizione tra umani è tale che i più ignoranti cercano di annullare i vantaggi dei più sapienti screditandoli e minimizzando o non riconoscendo le loro conoscenze.
 
Il grado di validità e ragionevolezza di una opinione non è correlato con la quantità di persone che la condividono.
 
Se un paradigma non copre tutti gli aspetti di una materia, occorre cambiare paradigma.
 
Io so solo che non so nulla - so solo una cosa, ossia che non so.
 
La trascendenza si rivela a chi ci crede, come i fantasmi.
 
Non facciamo del pensiero di qualunque autore una dottrina, un punto di arrivo, ma consideriamo ogni insegnamento un punto di partenza, uno spunto per andare oltre. Nella ricerca della conoscenza, ogni nuova idea è una tappa intermedia di un percorso senza fine.
 
Stimo impossibile conoscere le singole parti senza conoscere il tutto, come conoscere il tutto senza conoscere le singole parti.
 
Quale struttura connette il granchio con l'aragosta, l'orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l'ameba da una parte e con lo schizofrenico dall'altra?
 
Non possiamo mai sapere chiaramente se ci riferiamo al mondo così com'è o al mondo come lo vediamo.
 
Ogni causa è anche una conseguenza.
 
Portategli il discorso su argomenti che richiedano acume e sottigliezza, vi saprà sciogliere il nodo gordiano di tutto, come la sua giarrettiera [Enrico V, Atto primo, scena prima. 45-47]
 
Ogni progetto particolare, qualunque esso sia, ha senso soltanto in quanto è parte di un progetto più generale.
 
Una competenza specialistica può nascondere un'incompetenza generale.
 
I misteri dell'universo ne' tu ne' io conosciamo.
 
Vorrei aver letto tutti i libri del mondo, per capire cosa c'è nella mente di persone di ogni tipo.
 
Ogni umano adotta o costruisce una sua visione del mondo atta a dare un senso a ciò che gli accade. Non importa se tale visione sia realistica, ma che fornisca una spiegazione di ciò che altrimenti sarebbe inspiegabile. È per questo che miliardi di persone credono in assurdità, perché comunque danno un senso agli avvenimenti. Perché l'uomo non accetta ciò di cui non capisce il senso, ovvero non accetta di non capire il senso delle cose. Saremmo tutti più intelligenti e realistici se accettassimo la non-comprensione come un fatto normale e non necessariamente pericoloso, nulla di cui vergognarci.
 
La mia ipotesi è che non esistano cause prime, ovvero che ogni causa sia conseguenza di una o più altre cause. In altre parole, a mio parere, ogni cosa, evento, fatto, fenomeno è allo stesso tempo causa ed effetto di una o più altre cose, eventi, fatti, fenomeni. La causalità è dunque, secondo me, circolare, non lineare, e procede per infinite relazioni, e concatenazioni, ovvero maglie di reti energetiche spaziotemporali.
 
L'ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza.
 
Più descrizioni sono meglio che una.
 
Più si cresce, più ci si allontana da chi non cresce.
 
Le menti più semplici tendono ad affrontare le questioni in termini alternativi ed esclusivi, cioè a pensare che una certa idea sia vera o falsa, mentre le menti più complesse accettano il fatto che un’idea possa essere vera e falsa, cioè vera in certi casi o contesti, e falsa in altri.
 
La realtà è sempre molto più complessa di come possiamo raccontarla.
 
Possiamo analizzare una melodia, ma non in parti indipendenti. Sarebbe la sua distruzione.
 
Non possiamo conoscere le cose in sé, ma solo le interazioni tra le cose.
 
Per quanto riguarda l'essere e il divenire, suppongo che esista solo il divenire e che l'essere sia solo una costruzione mentale "in divenire".
 
È inutile discutere di dettagli se non c'è accordo sul quadro generale.
 
Io non so cosa significhi "essere" e non riesco a digerire le "filosofie dell'essere". Per me l'essere è e resta un mistero, e, come per tutti i misteri, ritengo inutile parlarne (Wittgenstein docet). Se lo potessimo definire non sarebbe più un mistero, ma nessuna definizione dell'essere mi convince, mi sembrano tutte tautologie. Preferisco parlare di "identità sociale" come concetto psicologico e sociologico.
 
Gli intellettuali si possono dividere grosso modo in due categorie: mistificatori e demistificatori. Sia gli uni che gli altri possono essere più o meno intelligenti, raffinati e affascinanti.
 
Un errore molto comune di noi umani è quello di considerare oggettivi significati, cognizioni e valori soggettivi.
 
Che significa il verbo essere? Io credo che sarebbe meglio non usare tale verbo in quanto non significa nulla se non una equazione o uguaglianza perfetta di termini, e al suo posto usare termini più significativi, come "fare", "appartenere" (a cose o categorie) , "possedere" (cose o qualità) ecc. Per esempio, invece di dire X è buono, dire X fa bene (precisando a chi fa bene, in che modo e in quale contesto.
 
Per capire il comportamento esterno di un essere vivente bisogna conoscere quello interno.
 
La conoscenza dovrebbe servire a prevedere il futuro date certe caratteristiche del presente e certe ipotesi progettuali. Se uno non riesce a prevedere il futuro nonostante le sue conoscenze, vuol dire che quelle conoscenze non sono buone e/o non sono sufficienti.
 
L’uomo non conosce la realtà reale, ma mappe soggettive della realtà.
 
Nessuno sa abbastanza, ed abbastanza presto.
 
Ciò che può essere asserito senza prove può essere smentito senza prove.
 
A poco valgono "virtute e canoscenza" se non si hanno buone relazioni con un sufficiente numero di persone.
 
Tutto è ignoto: un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio, incertezza, sospensione del giudizio appaiono l'unico risultato della nostra più accurata indagine in proposito. Ma tale è la fragilità della ragione umana, e tale il contagio irresistibile delle opinioni, che non è facile tener fede neppure a questa posizione scettica, se non guardando più lontano e opponendo superstizione a superstizione, in singolar tenzone; intanto, mentre infuria il duello, ripariamoci felicemente nelle regioni della filosofia, oscure ma tranquille.
 
Una metamappa è una mappa mentale in cui sono rappresentate delle mappe mentali proprie e/o altrui. Un umano è tanto più evoluto quanto più è capace di concepire metamappe.
 
Un testo senza contesto è insignificante.
 
La percezione è sempre contestuale. C'è un contesto di riferimento interiore inconscio rispetto al quale ciò che percepiamo acquista significato e valore. Per migliorare il modo di percepire bisogna migliorare il contesto di riferimento.
 
Più si sa, più si hanno dubbi.
 
A differenza dell scienze naturali, dove la ricerca del vero è essenziale, nelle scienze umane e sociali quello che conta non è la verità, ma l'effetto delle idee sui sentimenti, ovvero sulla soddisfazione dei bisogni umani. Pertanto diffido dei filosofi che proclamano verità, mentre apprezzo quelli che parlano di sentimenti, bisogni e strategie per soddisfarli.
 
Molti si concentrano sui dettagli perché non riescono a capire il quadro d'insieme.
 
Due mani che battono l'una contro l'altra fanno un suono (l'applauso) che nessuna delle due, da sola, può fare. Il sistema ha proprietà maggiori della somma delle proprietà delle singole parti.
 
Le parole si interpretano, i fatti si misurano.
 
Non so dove sia la mia competenza; la mia competenza non è una disciplina. Consiglierei di abbandonare la disciplina ovunque sia possibile. Le discipline sono un'espansione del mondo accademico. Nel mondo accademico si nomina qualcuno e poi per dargli un nome deve essere uno storico, un fisico, un chimico, un chimico, un biologo, un biofisico; deve avere un nome. Ecco un essere umano: Joe Smith -- ha improvvisamente un'etichetta intorno al collo: biofisico. Ora deve essere all'altezza di quell'etichetta e allontanare tutto ciò che non è biofisico; altrimenti la gente dubiterà che sia un biofisico. Se parla con qualcuno di astronomia, dirà: "Non lo so, non stai parlando della tua area di competenza, stai parlando di astronomia, e c'è il dipartimento di astronomia, quelle sono le persone laggiù", e cose del genere. Le discipline sono un effetto collaterale della situazione istituzionale.
 
Le relazioni di causa-effetto tra fenomeni (naturali, sociali, psicologici ecc.) sono generalmente complesse, nel senso che ogni fenomeno è al tempo stesso causa e conseguenza di un certo numero di altri fenomeni. Tuttavia gli esseri umani hanno molta difficoltà a pensare in modo complesso, col risultato che spesso s'ingannano credendo di vedere, tra certi fenomeni, relazioni di causa-effetto semplici, laddove esse sono molto più complesse.
 
Ognuno di noi ha una visione semplificata della realtà, in cui sono omessi tutti gli aspetti che non riusciamo a capire o a conciliare con le nostre opinioni.
 
Le più diffuse credenze traggono la loro forza dall'inverificabilità.
 
É questa la capacità venuta meno all'uomo d'oggi, che non è in grado di 'immaginare' gli effetti ultimi del suo 'fare'.
 
Una volta per tutte, io non voglio sapere molte cose. -- La saggezza traccia dei limiti anche alla conoscenza.
 
Continuo a pensare che l'ontologia, in generale, sia una ciarlataneria. Perché l'essere è inconoscibile. Possiamo conoscere solo le relazioni e interazioni tra le cose, non la loro essenza, a meno che la "cosa" non sia un sistema analizzabile in quanto insieme di parti che interagiscono.
 
Le opinioni sono flessibili e variabili, le convinzioni rigide e spesso immutabili. Le opinioni sono più manipolabili delle convinzioni, tuttavia, le convinzioni ostacolano la crescita intellettuale, l’intelligenza e la creatività più delle opinioni.
 
C'è arroganza e ipocrisia nel dire "so di non sapere".
 
Ogni causa è effetto di altre cause, e ogni effetto è causa di altri effetti.
 
Ognuno di noi è parte del tutto, occupa un certo spazio e un certo tempo del tutto e interagisce con altre parti in modo più o meno costruttivo o distruttivo, conservativo o trasformativo. D’altra parte ognuno di noi è un tutto composto da parti che interagiscono rendendo possibile la propria vita.
 
A chi non riesce a trovare argomenti razionali contro una tesi sgradita non resta che distorcerla e/o calunniarne l'autore.
 
La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie.
 
L'arte, come la filosofia, non può mai essere compiuta, definitiva. C'è sempre la possibilità di fare o dire qualcosa di nuovo o qualcosa di antico in un modo nuovo capace di stupirci.
 
Sembra chiaro ed evidente, eppure bisogna ribadirlo: la conoscenza isolata raggiunta da un gruppo di specialisti in un campo limitato non ha alcun valore di per sé, lo trova solo nella sintesi con tutto il resto della conoscenza e solo nella misura in cui essa contribuisce a rispondere alla domanda «Chi siamo?»
 
Il modo più efficace per evitare di farsi indottrinare è non capire la dottrina. Provate a indottrinare una scimmia!
 
Perché ci chiediamo il perché delle cose? Per lo stesso motivo per cui cerchiamo di conoscere il mondo in cui viviamo. Infatti la conoscenza consiste nel comprendere le cause e le conseguenze dei fenomeni, i quali sono le forme delle cose. Uno dei bisogni umani fondamentali è il bisogno di conoscenza.
 
La razionalità consiste nel dividere un oggetto, persona o fenomeno in varie parti e nel considerare le relazioni e le interazioni tra di esse. L'irrazionalità tende invece considerare le cose indivisibili e ad attribuire loro proprietà assolute.
 
Ogni cosa è allo stesso tempo soggetto e oggetto, causa ed effetto.
 
La conoscenza non può essere considerata come un attezzo ready made, che si può utilizzare senza esaminarne la natura.
 
Ci sono tanti effetti di cui non conosciamo tutte le cause e tante cause di cui non conosciamo tutti gli effetti.
 
Ognuno adotta la filosofia che lo assolve e che fa virtù dei propri limiti (ovviamente questo vale anche per me).
 
Appena diamo un nome a una cosa creiamo un'astrazione, a cui attribuiamo certe proprietà. Ma il nome di una cosa non è la cosa nominata.
 
Perché ci chiediamo il perché degli eventi? Per poterli prevedere, promuovere o evitare.
 
Come le religioni, le filosofie uniscono e dividono, costruiscono e distruggono, consolano e fanno disperare, chiariscono e confondono, assolvono e condannano. Perché sono più di una e diverse. Invece la scienza è una.
 
Non c'è motivo di decostruire ciò che non esiste. Bisogna solo ricordarsi di non praticarlo.
 
La razionalità è la capacità di scomporre le cose e le idee nelle parti e negli aspetti che le compongono e di esaminare le relazioni e le interazioni tra le diverse componenti.
 
Gli esseri non viventi si scambiano pacchetti contenenti materia ed energia. Gli esseri viventi si scambiano pacchetti contenenti materia, energia e informazione. I pacchetti che gli umani si scambiano possono contenere anche titoli convertibili in materia, energia e informazione, cioè denaro, obbligazioni e partecipazioni.
 
Dovremmo prendere coscienza del fatto che i saperi diffusi dalle università, dai media e dalle comunità sono inaffidabili e insufficienti (anche se utili in una certa misura) per risolvere i problemi dell'umanità e soddisfare i bisogni umani. Questo non significa che non dobbiamo conoscere tali saperi, ma che dobbiamo farlo con spirito critico e dubbioso.
 
Ad una domanda scomoda o imbarazzante, molti rispondono che essa è irrilevante ("il problema è un altro"), impertinente o stupida, oppure rispondono ad altre domande, più comode, che l'interlocutore non ha posto.
 
La filosofia si occupa delle ragioni e dei sentimenti della coscienza, la psicologia si occupa delle ragioni e dei sentimenti dell'inconscio. Siccome coscienza e inconscio sono interdipendenti (nel senso che si influenzano reciprocamente), anche la filosofia e la psicologia lo sono, e perciò andrebbero studiate insieme, non come discipline separate.
 
Perché succede ciò che succede e non succede ciò che non succede? Perché le persone si comportano in certi modi e non si comportano in certi altri modi? Credo che queste siano le domande principali (e fondamentali) che un essere umano, la scienza, la filosofia, la psicologia e le altre scienze umane e sociali dovrebbero porsi.
 
Che senso ha discutere di dettagli se non si è d'accordo sul quadro generale?
 
Vi è mai capitato di leggere una citazione senza conoscerne l'autore e di trovarla banale e di nessun interesse, e poi, dopo aver scoperto che l'autore è una persona importante e da voi stimata, rileggette la citazione e la trovate interessante? A me è capitato diverse volte.
 
Le cause degli eventi sono combinazioni del caso, delle leggi della fisica e delle motivazioni degli esseri viventi.
 
Non solo ogni essere umano è destinato a morire, ma anche la specie umana è destinata ad estinguersi, prima o poi.
 
Stare sotto il fuoco incrociato di due binocoli usati l’uno per diritto, l’altro per rovescio. Confondersi con le loro immagini. E infine, perduto il senso delle proporzioni, non sapere più come si è fatti.
 
Un'analisi senza sintesi è inutile come una macchina smontata.
 
Forse diciamo le stesse cose in termini diversi, e nessuno rinuncia al proprio vocabolario.
 
Ogni conoscenza porta con sè il rischio dell'errore e dell'illusione.
 
Ogni causa è conseguenza di altre cause.
 
I classici non sono mai fuori moda.
 
Ogni cosa è soggetto e oggetto allo stesso tempo.
 
A mio parere, la differenza di metodo tra le scienze della natura e quelle dell'uomo deve essere superata perché danneggia entrambe le scienze. Abbiamo bisogno di più scienza "dura" nello studio dell'uomo e di più filosofia nella ricerca scientifica e tecnologica.
 
La coscienza, non potendo considerare che poche idee e immagini alla volta, è un grande semplificatore (e quindi falsificatore) della realtà, la quale è molto più complessa di quanto un umano possa capire.
 
Noi umani non sappiamo tutto ciò che facciamo, né perché lo facciamo, né le conseguenze di ciò che facciamo, ma ci illudiamo di saperlo.
 
L'uomo ha bisogno di trovare un "senso" alle cose, ma questo non significa che le cose abbiano un senso. Un bisogno non rende reale la cosa di cui si sente il bisogno.
 
Il problema capitale della teoria della conoscenza è quello di sapere come la scienza sia possibile, vale a dire, in sostanza, perché vi sia ordine, e non disordine, nelle cose.
 
L'analisi dei rischi epidemiologici è materia specialistica complessa e richiede conoscenze e capacità che i non specialisti non possiedono. Inoltre vi sono componenti psicologiche, sociologiche e politiche di cui tener conto. Coloro che pensano di saper calcolare i rischi meglio del governo (con il suo comitato tecnico-scientifico) sono, a mio avviso, pericolosi.
 
Spesso, se non vediamo o non capiamo una cosa, è solo perché non ci piace.
 
Io penso che per conoscere se stessi occorre prima conoscere la natura umana in generale. Solo rispetto ad una conoscenza generale è possibile una conoscenza particolare.
 
È noto che l’uomo non ha mai abitato il mondo, ma sempre e solo la descrizione che le varie epoche storiche si sono incaricate di dare al mondo.
 
Se troviamo insensato un certo comportamento è solo perché non siamo abbastanza intelligenti o sapienti per comprenderlo, per vederne il senso, ovvero la causa e/o il fine. Solo ciò che è casuale non ha senso.
 
Conoscere è riconoscere.
 
L'errore più insidioso e più comune non è quello di ritenere vera una cosa falsa o falsa una cosa vera, ma completa una cosa incompleta, ovvero sufficiente una cosa insufficiente. Ed anche ritenere certa una cosa incerta. Specialmente per quanto riguarda le motivazioni e le cause dei comportamenti.
 
Molti discorsi servono solo a stabilire ciò che è buono e ciò che è cattivo, ciò che è bello e ciò che è brutto, ciò che è vero e ciò che falso, ciò a cui si deve ubbidire e ciò a cui ci si deve ribellare, senza spiegare perché una cosa sia più o meno buona o cattiva, bella o brutta, vera o falsa, oggetto di obbedienza o di ribellione.
 
Per capire che il cielo è azzurro dappertutto non è necessario fare il giro del mondo.
 
Il vantaggio del complottismo è che offre spiegazioni semplici a problemi complessi, tanto semplici che anche i meno dotati intellettualmente possono comprendere.
 
A un certo punto bisogna smettere di cercare, e cominciare a organizzare e a usare ciò che si è trovato.
 
Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.
 
Quelli che screditano la scienza sono per lo più persone che non hanno una formazione scientifica. In tal modo fanno di necessità (e difetto) virtù. Ciò e vero anche per quelli che screditano la cultura umanistica non avendo avuto una formazione in tal senso.
 
È un errore frequente credere completa una visione incompleta.
 
Ė inutile e insensato discutere su ciò che una cosa è o non è. Si dovrebbe invece discutere su come una cosa si comporta, cioe sui modi in cui essa interagisce con il resto del mondo.
 
Io ho nome Giordano della famiglia di Bruni, della città de Nola vicina a Napoli dodeci miglia [...] e la professione mia è stata ed è di littere e d'ogni scienza [...] e nacqui, per quanto ho inteso dalli miei, dell'anno 48.
 
Il nome di una cosa non è la cosa. Ciò che la cosa sia dipende dall'esperienza che uno ne ha avuto; è pertanto qualcosa di soggettivo. E allora, quando ci chiediamo cosa sia una cosa, aggiungiamoci un "per chi". Infatti la stessa cosa è diversa, ad esempio, per uno scienziato e per un ignorante.
 
Quanta superbia e quanta stoltezza vi è nel voler capire tutto, e ancor più nel credere di aver capito tutto. Io ho capito che non possiamo capire tutto, ma solo certe cose, importanti, ma sempre incomplete e insufficienti. In particolare, non credo che possiamo capire l'essenza delle cose, ma solo alcune relazioni e interazioni tra le cose, cioè solo alcune relazioni di causa-effetto.
 
Si ritiene la cosa non spiegata e oscura più importante di quella spiegata e chiara.
 
Per orientarsi in modo soddisfacente nella vita occorre avere una visione del mondo il più possibile completa di tutti i suoi aspetti più importanti. Occorre inoltre essere capaci di vedere tali aspetti tutti insieme, a grandi linee e senza tanti dettagli che renderebbero difficile contemplare il quadro generale in un colpo d'occhio.
 
Non sono convinto, né sicuro, di alcunché, seguo il mio spirito critico che mi porta a diffidare di qualunque teoria, e a dare una certa probabilità di verità (sempre inferiore al 100%) alle varie idee che incontro leggendo, e a quelle che formulo io stesso. Penso (e di questo sono quasi sicuro) che nessun autore (me compreso) sia sufficiente per capire il mondo, e che non tutto ciò che ogni autore dice sia interamente vero.
 
Solo a ciò che in sé non significa nulla l'uomo può dare il significato che vuole.
 
Quando discutiamo per dimostrare di aver ragione, difficilmente cerchiamo di capire le ragioni del nostro interlocutore.
 
Nulla è ovvio. Di qualunque evento e fenomeno è lecito chiedersi il perché, cioè per quale causa e/o fine.
 
Il consiglio "divide et impera" riguarda anche l'impero della conoscenza, a condizione che non ci dimentichiamo di ricombinare ciò che abbiamo diviso.
 
Al "so di non sapere" socratico preferisco un più realistico e smaliziato, meno ingenuo e meno ipocrita "so di essere arrogante". Il problema non è l'arroganza, ma ignorare di essere arroganti o credersi umili. Perché ognuno di noi sa di sapere qualcosa di più e meglio di qualcun altro e, in tal senso, è arrogante. Di conseguenza, ogni insegnamento o consiglio è un atto di arroganza.
 
Poiché ogni cosa è causata e causa al tempo stesso, aiutata e aiutante, mediata e immediata, e poiché tutte si mantengono grazie a un legame naturale e impercettibile che lega anche le più lontane e indifferenti, ritengo sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, non più di quanto sia impossibile conoscere il tutto senza conoscere nei particolari le parti.
 
Ancora oggi molti credono a qualsiasi cosa in cambio di una identità, un'appartenenza, una consolazione.
 
Il mondo è un insieme infinito di cose finite.
 
Tutti i ciarlatani, in mezzo alle falsità, dicono qualcosa di sensato e ovvio, facile da capire, con cui non è possibile essere in disaccordo, altrimenti nessuno li seguirebbe.
 
Ogni cosa esiste in quanto risultato di combinazioni di casualità, leggi fisiche e motivazioni.
 
Da quando ho letto la "Semantica generale" di Alfred Korzybski, uso la logica non aristotelica, in cui il principio di non contraddizione ("tertium non datur") non solo non vale, ma è una iattura.
 
Il particolare è concreto, il generale astratto. E ad ogni livello di astrazione si perde qualcosa di concreto.
 
La realtà non è comprensibile mediante un'unica disciplina scientifica o umanistica, o un'unica teoria.
 
Se ci accostiamo alle complessità del mondo, alle sue glorie e ai suoi orrori, con un'attitudine di umile curiosità, riconoscendo che quantunque profondamente abbiamo visto, abbiamo solo scalfito la superfice, allora troveremo mondi all'interno di mondi, bellezze che prima non potevamo immaginare, e le nostre preoccupazioni mondane si ridurranno alla giusta dimensione, non così importante nel più grande schema delle cose.
 
Tutto quel che è semplice è falso. Tutto ciò che è complesso è inutilizzabile.
 
La soggettività è oggettiva.
 
Quanto più uno è ignorante, tanto più si crede sapiente.
 
Nulla ha senso in sé. Il senso alle cose lo danno gli umani, e ognuno a modo suo. Se la maggior parte della gente accettasse questo principio sarebbe possibile negoziare e mettersi d'accordo su cosa fare per il bene comune. Quando invece si pensa che esistano principi intellettuali, etici ed estetici assoluti e inderogabili, un accordo tra chi crede in verità diverse è praticamente impossibile.
 
Anche un bambino ha una visione del mondo. La visione del mondo di un adulto non è necessariamente più vera di quella di un bambino, ma solo più complessa.
 
Arrogante: chi crede di sapere tutto ciò che è importante sapere per vivere bene.
 
Tutto è ignoto: un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio, incertezza, sospensione di giudizio appaiono l'unico risultato della nostra più accurata indagine.
 
Una visione del mondo consiste in oggetti (caratterizzati da certe forme particolari), categorie di oggetti (caratterizzate da certe forme generali), e collegamenti tra categorie ed emozioni, tra oggetti e categorie, e tra oggetti ed emozioni.
 
Chi esprime idee originali che sfidano il senso comune passa spesso per saccente, presuntuoso, arrogante.
 
La storia è un insieme di pochi fatti reali arbitrariamente selezionati, di interpretazioni soggettive e di semplificazioni e distorsioni di comodo.
 
Quanto sa, gl'impedisce di sapere quanto dovrebbe.
 
Essere è agire. Una cosa che non agisce, né reagisce, non esiste. Perciò per definire l’essenza di qualsiasi cosa è necessario definire il suo agire e il suo reagire, cioè le sue transazioni, interazioni e relazioni con il resto del mondo. Ogni cosa esistente è dunque necessariamente un agente e/o un reagente. Se di una cosa non siamo in grado di descrivere le sue azioni o le sue reazioni nei confronti del resto del mondo, di essa non sappiamo nulla, e faremmo bene a non parlarne.
 
Se non vogliamo essere complici di una cultura assurda dobbiamo rifiutarci di comprendere l'incomprensibile e di dare un senso all'insensato.
 
Non esistono posizioni assolute (né nello spazio, né nel tempo), ma solo posizioni relative ad altre posizioni.
 
Nessun autore ha detto tutto ciò che c'era da dire, nessun autore è sufficiente, nessun autore è senza errori. Chi vuole capire cos'è un essere umano e come funziona deve selezionare e mettere insieme cose insegnate da vari autori di varie discipline.
 
Sono sbalordito dalla gente che vuole 'conoscere' l'universo, quando è già abbastanza difficile non perdersi nel quartiere cinese. 
 
Non abbiamo bisogno di nuove idee elementari, ma di nuove e più utili combinazioni di idee elementari già note.
 
Più alto è il punto di vista, più cose e più piccole si vedono; più è basso, meno cose e più grandi.
 
Tutto ciò che succede, avviene per effetto di un insieme complesso di leggi fisiche, logiche, causalità e casualità che conosciamo poco e male.
 
Chi porta il paraocchi, si ricordi che del completo fanno parte il morso e la sferza.
 
La maggior parte di noi è governata da epistemologie che sappiamo essere errate.
 
Ciò che dà forma e movimento agli esseri viventi e non viventi sono leggi fisiche e informazioni.
 
Il desiderio di essere certi, di essere sicuri, è l'inizio della costrizione. È solo quando la mente non è presa nella rete della certezza, e non cerca la certezza, che è aperta alla scoperta.
 
Per me metafisica è qualsiasi idea che non può essere dimostrata né falsificata, ed è tuttavia capace di influenzare il comportamento umano, e di dare piacere e/o di lenire il dolore per qualcuno. È sostanzialmente una illusione. È una definizione personale ed eretica, non accademica.
 
Noi non possiamo conoscere le cose in sé, ma solo le loro rappresentazioni, costituite da frammenti di trasformazioni delle energie che esse emanano.
 
Tutti ammettono senza problemi che vi siano persone più sapienti di loro nei campi specialistici del sapere, ma pochissimi ammettono che vi siano persone più sapienti di loro nella conoscenza generale, elementare, non accademica e non specifica, della vita, della natura umana e della società.
 
È difficile convivere, e ancor più cooperare, con persone che credono in narrazioni in cui non crediamo o non credono in narrazioni in cui crediamo.
 
I numeri non esistono in natura. Ciò che esiste sono quantità di energie e di informazioni. I numeri sono una invenzione dell'uomo per misurare le quantità, e si basano sull'analogia tra la quantità di ciò che si vuole misurare e quella delle dita delle sue mani. Perciò il termine "digitale" è molto appropriato.
 
Solo il caso non ha senso. Tutto il resto ne ha, anche quando non lo capiamo. Tuttavia potrebbe essere un senso spaventoso per chi spera in uno di tipo religioso.
 
Ogni soggetto è anche un oggetto.
 
Molti rifiutano l'idea che qualcuno possa insegnare loro qualcosa di utile sulla vita in generale e su se stessi.
 
Il micro e il macro si influenzano reciprocamente. La macroeconomia è influenzata dalla microeconomia e viceversa. La macrosociologia è influenzata dalla microsociologia e viceversa. La microsociologia è oggetto di studio della psicologia e dell'interazionismo simbolico di George Herbert Mead e di Herbert Blumer.
 
L'uso che facciamo del verbo essere è quasi sempre sbagliato quando non è accompagnato da specifiche condizionanti, relativizzanti o limitanti.
 
Vivi appartato, è conveniente occuparsi solo degli affari propri, un tal modo di vivere nella tranquillità e gioia dovuta alla conoscenza stessa che rappresenta il massimo piacere per l'uomo.
 
La vera conoscenza è conoscere l'estensione della propria ignoranza.
 
Scampato all'indottrinamento, studio gli indottrinati.
 
Il particolare è singolare, il generale è plurale. Usare il singolare quando si parla in generale è ingannevole.
 
Ognuno vede il mondo, e ne fa esperienza, con gli occhi delle sue precedenti esperienze.
 
Io penso che il mondo sia composto da materia/energia e informazioni, oltre a un quid di misterioso a noi inconoscibile e che io non cerco di conoscere perché credo sia fatica sprecata. Se qualcuno pretende di conoscere quel quid (che non consiste di materia/energia né di informazioni) io lo ritengo un ciarlatano, un imbroglione, un illuso, un esaltato, un allucinato, un paranoico, un ingenuo, uno sciocco ecc. (uno o più di tali appellativi). Diceva bene Wittgenstein: "Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere."
 
Dimmi che domande ti fai e ti dirò chi sei.
 
Uno spazio esiste solo se contiene oggetti o è delimitato da oggetti. Per oggetto intendo una composizione di massa e/o di energia.
 
Ogni azione elementare è parte di un'interazione più grande.
 
Quando siamo in disaccordo con qualcuno, abbiamo bisogno di credere che l'altro sia in errore, perché altrimenti saremmo noi a sbagliare, cosa insopportabile e inquietante.
 
Ciò che non è ripetibile non è dimostrabile.
 
Oggi sappiamo tante cose importanti. Non importa sapere come siamo arrivati a saperle o chi le abbia capite e spiegate per primo. L'importante è sapere ciò che è importante sapere.
 
Che significa conoscere se stessi? Quali sono i requisiti per ottenere tale conoscenza? A quale età è possibile cominciare a conoscere se stessi? In quale modo e in quale misura la gente comune conosce se stessa? Come si descrive? Secondo quali teorie scientifiche, filosofiche o religiose? Come spiega il suo comportamento? Cosa sa di ciò che avviene nel suo cervello? Cosa sa dei suoi automatismi?
 
Gli specialisti nelle varie discipline accademiche hanno dimostrato la loro insufficienza nell'affrontare gli attuali problemi dell'umanità. Abbiamo bisogno di scienziati-filosofi specializzati in complessità generale.
 
Ognuno la racconta come gli conviene.
 
Nulla "è" qualcosa in sé, ma solo in relazione a qualcos'altro. Infatti ogni predicato riguardante una certa entità implica relazioni con altre entità, anzi, è definito solo da tali relazioni. D'altra parte si potrebbe dire che ogni entità appartiene alle sue relazioni, o che possiede le sue relazioni.
 
Tutti sanno cos'è una casa, ma pochi sanno come si costruisce. Lo stesso vale per una società.
 
Ognuno, in ogni momento, vede solo una piccolissima parte del mondo, e a una certa distanza.
 
Ognuno vede solo ciò che conferma le sue idee.
 
La conoscenza della realtà sta alla realtà come una mappa sta al territorio che rappresenta. Si tratta di due cose molto diverse, quantitativamente, qualitativamente e logicamente, ovvero esse appartengono a due tipi logici diversi e non dovrebbero essere mai confuse.
 
La saggezza di una persona non dipende dalla quantità delle conoscenze acquisite, ma dalla loro utilità rispetto alla soddisfazione dei bisogni propri e altrui.
 
Conoscere = sapere + capire.
 
Io sono naturalmente portato a considerare il mondo come qualcosa di reale e di durevole, che mantiene la sua esistenza anche quando cessa di esser presente alla mia percezione.
 
Sono certo solo di una cosa: che nulla è certo.
 
Dovremmo sempre sostituire il verbo "essere" col verbo "credere (che qualcosa sia)".
 
Credere è un fatto sociale, dato che il fatto di credere in una certa narrazione conferisce al credente lo status di appartenente alla comunità, o categoria sociale, dei credenti in quella narrazione.
 
Quando guardiamo qualcosa dovremmo sempre cercare di metterla in relazione con tutto il resto.
 
Sapere non basta: dobbiamo applicare ciò che sappiamo. Volere non basta: dobbiamo agire.
 
Un’astrazione è un nome assegnato ad una determinata combinazione di altri nomi, allo scopo di evocare la combinazione stessa. La capacità di astrazione è più o meno grande da persona a persona; è innata ma può essere sviluppata attraverso un apprendimento appropriato.
 
Ogni cosa può essere collegata con ogni altra cosa ma non sempre il collegamento è utile o significativo.
 
Quando si è bambini, gli sforzi per aumentare la propria sapienza vengono premiati dai genitori. Quando si è adulti, gli stessi sforzi vengono ostacolati, talvolta anche puniti, dai coetanei in quanto considerati come tentativi di superare gli altri, di saperla più lunga degli altri, e quindi di conquistare posizioni dominanti, in una società competitiva.
 
La coscienza è un ascoltatore, scrittore e narratore di storie. Tuttavia la vita non è fatta di storie, bensì di processi simultanei e concorrenti (cause ed effetti di interazioni elementari tra organi e tra organismi) che la nostra coscienza cerca di tradurre in storie. Pertanto, tutte le storie che narriamo agli altri e a noi stessi sono invenzioni più o meno false, più o meno complete e più o meno utili.
 
Ad ogni livello di astrazione si perde qualcosa, si perdono variazioni in quanto si generalizza. Le astrazioni d'altra parte servono proprio a questo, a farci parlare col minor numero di parole possibile. Le astrazioni economizzano i discorsi nell'intenzione (che spesso è una illusione) di dire tanto con poco.
 
Conoscere equivale a memorizzare e riconoscere certe differenze.
 
Mi pare che ogni epistemologia, ovvero ogni sistema di conoscenza, sia tautologico perché ogni parola che descrive una realtà, per essere spiegata ha bisogno di altre parole, in una catena più o meno lunga che si chiude su se stessa in uno o più anelli.
 
Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non trapassarli.
 
Tra la realtà e la nostra conoscenza della realtà c'è la stessa differenza che tra un territorio e una sua mappa. La mappa non è il territorio, ma una sua selettiva rappresentazione, infinitamente ridotta rispetto all'originale e soggetta ad interpretazioni ed errori.
 
È molto più bello sapere qualcosa di tutto, che tutto di una cosa.
 
Quando sento un ignorante di scienze naturali parlare di fisica quantistica per avvalorare teorie esoteriche o parapsicologiche non so se ridere, piangere o inveire.
 
La moneta falsa circola sostenuta dalla moneta buona.
 
L'essenza di ogni essere è costituita dai modi in cui esso interagisce col resto del mondo.
 
Ogni progresso verso la conoscenza comporta un peggioramento delle relazioni con i compagni di ignoranza rimasti indietro.
 
Cambiando punto di vista, la vista cambia.
 
Un competente è qualcuno che si sbaglia secondo le regole.
 
Ci sono chiavi che aprono serrature inesistenti.
 
Per ciò che si riferisce alle discipline intellettuali possa io tener lontano da me non solo la consuetudine di credere, instillata da maestri e genitori, ma anche quel senso comune che in molti casi e luoghi (per quanto ho potuto giudicare io stesso) appare colpevole di inganno e di raggiro; possa io tenerli lontani in maniera da non affermare mai nulla, nel campo della filosofia, sconsideratamente e senza ragione; e siano per me ugualmente dubbie tutte le cose, tanto quelle che sono reputate astrusissime e assurde, quanto quelle che sono considerate le più certe ed evidenti, tutte le volte che vengono messe in discussione.
 
Qual'è la struttura che connette il granchio con l'aragosta e la primula con l'orchidea e tutte queste cose con me, e me con te?
 
Non sappiamo cosa sta succedendo, ed è questo che sta succedendo.
 
Credo che il concetto di "essere" non esista né in matematica né in fisica, dove al suo posto si usa il concetto di "equazione", simboleggiata dal segno "=". Per quanto riguarda, invece, la logica, il concetto di essere mi pare coincida con l'attribuzione di qualità, e in particolare di verità o falsità, realtà o irrealtà, a delle entità o proposizioni. Ritengo dunque che quello di "essere" sia un concetto né scientifico, né logico, ma metafisico, e che pertanto ognuno possa definirlo e intenderlo a suo piacimento, quindi un'idea completamente soggettiva.
 
Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno.
 
Tranne poche eccezioni, gli esseri umani non sanno perché fanno ciò che fanno e perché non fanno ciò che non fanno. Se qualcuno glielo chiede rispondono: perché mi piace o non mi piace, perché devo o non devo. Ma non sanno perché certe cose piacciono loro e non altre, perché sentono il dovere di fare certe cose e non altre, e non si preoccupano di saperlo.
 
Nulla ha senso in sé o a priori. Se crediamo o sentiamo che una cosa ha senso per noi è perché noi stessi o altre persone glielo abbiamo attribuito. Si tratta di risposte cognitive ed emotive a stimoli (parole, immagini, suoni, ecc.), risposte che dipendono dalla nostra mente, non dall'oggetto a cui attribuiamo il senso, essendo quell'oggetto solo uno stimolo o un agente con cui possiamo interagire.
 
Conoscere serve a meglio interagire.
 
Tante cose esistono solo nelle menti degli umani.
 
La gente adora i grandi semplificatori.
 
Viviamo tutti nello stesso territorio, ma le nostre mappe sono diverse.
 
Per l'universo sono un microbo, per un microbo sono l'universo.
 
Quando sento qualcuno parlare io so che ciò che dice non è la verità, ma la razionalizzazione di una verità.
Lo stesso vale per ciò che penso e che dico.
 
Tutto è stato già detto, ma in modo scoordinato, disorganizzato, disperso, frammentario, settario. Non abbiamo bisogno di nuove conoscenze, ma di selezionare, integrare e organizzare quelle già disponibili.
 
Ogni composizione non casuale ha un senso.
 
C'è chi legge libri per cambiare e chi per non cambiare.
 
Ha convinzioni solo chi non ha approfondito niente.
 
Conoscere se stessi significa non riconoscersi.
 
La coscienza è un fenomeno misterioso, ma i suoi contenuti non lo sono.
 
Quando si esprime un'idea, questa ha senso solo rispetto ad un certo contesto, ovvero ad un'idea più grande e più generale, di cui l'idea espressa costituisce un dettaglio o un caso particolare. L'idea generale è quindi più importante di quella particolare, perché la prima conferisce senso alla seconda. Tuttavia normalmente le persone comunicano idee particolari senza condividere quelle generali e questo è causa di incomprensione e di fraintendimento. Prima di esprimere idee particolari dovremmo dunque assicurarci che siano chiare e condivise le idee generali a cui esse si riferiscono.
 
La sapienza è figliola dell'esperienza.
 
Socrate sapeva di non sapere, ma allo stesso tempo credeva di sapere più di tutti gli altri.
 
Chi crede nelle fake news è complice della loro diffusione.
 
Le cose, le parole, le idee non hanno un senso o un significato in sé; è la psiche che dà loro un senso e un significato, più o meno diverso da persona a persona.
 
Conoscere una cosa è possibile in due forme: esternamente e internamente. Nel primo caso si tratta di scoprire di quali sistemi la cosa fa parte e come interagisce con le altre parti di ciascuno di tali sistemi. Nel secondo caso si tratta di vedere la cosa come sistema essa stessa, ovvero come insieme di parti che interagiscono, e di individuare tali parti e le loro interazioni.
 
L'esistenza (...) d'un essere può essere provata soltanto con argomenti tratti dalla sua causa o dal suo effetto: e questi argomenti si fondano completamente sull'esperienza.
 
Per riprodurre un fenomeno ci sono due modi. Copiarne la forma o copiare la formula che ha generato la sua forma.
 
Ogni cosa ha un senso, o più sensi, ma questi possono essere difficili o impossibili da capire, e sgradevoli.
 
Ogni epoca dovrebbe reinterpretare (e ri-criticare) gli autori del passato alla luce delle sue nuove conoscenze. Nessuna interpretazione o critica può essere definitiva.
 
Dei verbi, il tempo che preferisco è l'infinito, perché è infinito.
 
Le domande sono più importanti delle risposte. Molti non fanno domande perché sono così arroganti da credere di sapere tutto ciò che occorre sapere per vivere bene, oppure perché hanno paura di essere considerati più sciocchi o ignoranti degli altri. E così molti restano sciocchi e ignoranti per paura di fare domande.
 
L'assenza di una cosa può essere causa di qualcosa.
 
Ogni cosa dipende da altre cose.
 
I processi sono più importanti delle cose.
 
Siamo creature finite di un mondo infinito.
 
Conoscere a fondo qualcosa o qualcuno significa poter prevedere il suo comportamento in tutte le condizioni possibili.
 
Ci sono persone che conoscono molti dettagli di cose che non conoscono in generale.
 
Una teoria che non può essere messa in pratica o dimostrata praticamente serve solo a ispirare immaginazione, riverenza e illusione.
 
Per quanto riguarda il modo di pensare e di conoscere, ci sono due opposte tendenze: separare vs. unire, differenziare vs. accomunare, distinguere vs. confondere, analizzare vs. sintetizzare ecc. Per me la conoscenza consiste nel praticare e nel conciliare tali estremi. In altre parole, per me è impossibile conoscere qualcosa senza prima scomporla e poi ricomporla dopo aver osservato le relazioni e le interazioni tra le sue parti.
 
La cecità di un mondo di conoscenza che, compartimentando i saperi, disintegra i problemi fondamentali e globali, i quali necessitano di una conoscenza transdisciplinare.
 
Tutto il nostro sapere ha origine dalle nostre percezioni.
 
Si può dire tutto e il contrario di tutto. Basta cambiare il punto di vista o il dizionario.
 
Sapere significa essere capaci di prevedere il futuro in certe ipotesi. Per esempio, io so che se metto la mano nel fuoco, questa brucerà e io proverò un forte dolore, oppure che se voglio percorrere a piedi l'Equatore, devo fare un certo numero di passi di una certa lunghezza. L'uomo sa ben poche cose su se stesso; per esempio non sa perché soffre né perché gode, ovvero non conosce le cause dei suoi piaceri e dei suoi dolori essendo queste molto complesse e poco esplorate, o le conosce in minima parte e spesso erroneamente, illudendosi di conoscerle pienamente e certamente.
 
La nozione di chiarezza, per nostra disgrazia, pare essere intrinsecamente e fatalmente oscura.
 
Pensarla diversamente da un altro è intrinsecamente offensivo perché implica che il modo di pensare altrui valga meno del proprio.
 
C'è una forte tendenza, nella prosa esplicativa, a invocare quantità di tensione, energia ecc. per spiegare la genesi delle strutture o delle forme. Io credo che tutte quelle spiegazioni siano inappropriate o sbagliate.
 
Sapere è potere.
 
Non c'è bisogno di leggere un libro intero per decidere se vale la pena di leggerlo. Lo stesso vale per la lettura delle persone.
 
Un errore che spesso l'uomo fa è quello di individuare una sola causa degli eventi, i quali sono invece, in generale, multifattoriali. Perché l'uomo aborrisce la complessità e preferisce spiegazioni semplici.
 
Nulla è assoluto, tutto è relativo. Relativo alle relazioni. Ogni relazione è circolare. Ciò che è influenzato influenza a sua volta ciò che lo influenza. Ciò che non è in relazione con altre cose, che non influenza altre cose, che non è influenzato da altre cose, non esiste.
 
Ognuno pensa di saperla più lunga di chi la pensa diversamente. Altrimenti la penserebbe allo stesso modo.
 
Trovo noiose le risposte senza domande.
 
Parlare del nulla. Anche questo è un mestiere. Perché il nulla è rassicurante in una realtà inquietante.
 
Quello che so lo sopporto con quello che non so.
 
Meno sappiamo e più lunghe sono le nostre spiegazioni.
 
La mappa non è il territorio (coniata da Alfred Korzybski), e il nome non è la cosa nominata.
 
A volte il sapere aumenta il potere, altre volte ci rivela la nostra impotenza e ignoranza.
 
Anche il nonsenso ha un senso.
 
Le conquiste umane si basano sull'uso di simboli [...] dobbiamo considerarci una classe di vita simbolica, semantica, e coloro che governano i simboli ci governano.
 
È insensato, inutile e illusorio conoscere il particolare (cioè il dettaglio, la specialità) se non si conosce il quadro generale (cioè il sistema) al quale il particolare appartiene e col quale si relaziona e interagisce.
 
Il contesto è più importante del testo, ovvero del messaggio, perché il significato del messaggio dipende dal contesto a cui esso si riferisce.
 
Ognuno conosce il mondo in base alle sue esperienze dirette e indirette, alla propria intelligenza e alla propria sensibilità.
 
Non tutto ciò che uno scienziato dice è necessariamente scientifico. Un'affermazione ha validità scientifica solo quando è condivisa dalla maggior parte degli scienziati. Non basta avere un titolo accademico per fare scienza, e su certe cose gli scienziati non sono tutti d'accordo. Inoltre ci sono scienziati che da principi "scientificamente" dimostrati traggono conseguenze non scientifiche e tutte da dimostrare, come ad esempio per quanto riguarda la fisica quantistica e l'epigenetica. Infatti, la fisica quantistica non dimostra che la "telepatia" sia possibile, né l'epigenetica che i figli possano ereditare dai genitori nozioni o abilità che questi hanno appreso.
 
Chiedersi il perché delle cose non basta. Bisogna anche chiedersi il perché del perché e così via, in una catena infinita di cause-effetti.
 
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