Ogni cosa che facciamo, diciamo e scriviamo (compreso ciò che postiamo nei social network come Facebook) esprime inconsciamente l'identità sociale che assumiamo o desideriamo assumere, la posizione gerarchica, il ruolo e il prestigio che consideriamo giusti per noi e il desiderio che tali assunzioni vengano riconosciute e accettate dagli altri.
È come se ogni umano, vivendo, producesse un film, un romanzo, una storia in cui sono coinvolti, insieme a sé stesso, tutti gli altri, con ruoli più o meno importanti. A ciascuno le storie altrui sono più o meno gradite in funzione della parte che vi ha. E allora ognuno dovrebbe chiedersi rispetto ad ogni altro: che ruolo ho nella sua storia? Che ruolo ha nella mia storia?
La società è un mercato di identità, dove ognuno sceglie l'identità, ovvero il ruolo, da assumere come si sceglie un vestito o una maschera da indossare. E ogni identità comporta un prezzo da pagare in divieti e doveri.
Che ruolo voglio avere nella società? Ho i prerequisiti e le competenze per tale ruolo? Gli altri riconoscono i miei prerequisiti e le mie competenze, e sono disponibili ad accettare che io assuma tale ruolo? Cosa devo fare affinché gli altri mi riconoscano in tale ruolo?
I problemi sociali consistono, essenzialmente, in un insufficiente incontro tra la domanda e l'offerta di interazioni secondo ruoli, condizioni e scopi posti dagli individui offerenti e richiedenti.
Ognuno vorrebbe avere un certo ruolo e rango nella società o in un certo gruppo, e assegnare agli altri certi ruoli e certi ranghi. Il problema è che raramente c'è accordo sulle rispettive assegnazioni.
La maggior parte della gente non ci impone con prepotenza un ruolo, si limita a suggerirlo con le sue reazioni, poi altrettanto gentilmente ci impedisce di andare oltre lo stampo assegnato.