Per poter "fare storia" gli uomini devono essere in grado di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l'abitazione, il vestire e altro ancora. La prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni.
Non so se esiste il progresso storico. Forse no. […] Si può vivere anche al di fuori della storia. […] La storia importa agli storici della letteratura, che non hanno nessun senso della bellezza.
La storia mostra che ogni sistema di idee - sia esso religioso, filosofico, giuridico o politico - per quanto fosse rivoluzionario al momento in cui nacque ed intraprese la sua lotta per la supremazia, prima o poi diventa un impedimento e un ostacolo allo sviluppo ulteriore, diventa cioè una forza socialmente reazionaria.
Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata, la storia ad 'usum delphini', e la storia segreta, dove si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.
Io non sono un teologo, ma un filosofo della Storia che segue il metodo "genealogico" di Nietzsche, il quale, a differenza di Platone, non si chiede, ad esempio, "che cos'è l'anima", ma: "Come è venuto al mondo questo concetto, che storia ha avuto, che significati ha assunto, che effetti di realtà ha prodotto?", persuaso come sono che l'essenza di una cosa, il suo senso è nella sua storia.
Forse uno dei più grandi peccati del nostro secolo è l’importanza che si dà alla storia. Questo in altre epoche non succedeva. […] L’arte e la letteratura dovrebbero cercare di riscattarsi dal tempo. Spesso mi hanno detto che l’arte dipende dalla politica o dalla storia. Ma credo sia falso. […] L’arte è un piccolo miracolo […] che sfugge, in qualche modo, all’organizzata casualità della storia.
Non ci può essere nessuna storia del passato così come questo veramente accadde. Ci possono essere solo interpretazioni storiche, e nessuna di questa è definitiva; e ogni generazione ha il diritto di crearsi le sue proprie interpretazioni.
Da noi la storia tende a divorare le altre discipline. Nelle nostre università non si studia realmente letteratura, si studia storia della letteratura, l’assetto sociologico delle opere o, nel migliore dei casi, le vicissitudini geografiche e i cambi di domicilio degli autori.
Ai nostri giorni, per eccesso di documenti, lo storico è condannato alla specializzazione, così che ormai non si potrebbe scrivere un libro di quest’ampiezza [il riferimento è agli studi di Edward Gibbon]. Uno storico deve limitarsi a un’epoca o al massimo a un solo Paese, ma non può scrivere una storia universale. […] Probabilmente l’unico beneficio della bomba atomica sarebbe di permettere eccellenti opere storiche. E dunque, in nome della storia e contro l’umanità, dobbiamo desiderare ogni sorta di cataclisma, per non perire soffocati dall’eccesso di cataloghi.
In realtà non c'è nessuna storia dell'umanità, c'è soltanto un numero illimitato di storie, che riguardano tutti i possibili aspetti della vita umana. E uno di questi è il potere politico.
Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalle tradizioni.