Quotes on Human relations

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609 quotes    

Gli animali non si offendono. Se non hanno la forza sufficiente per contrastare l'avversario, accettano la sconfitta e la conseguente posizione gerarchica. Non conoscono l'umiliazione, che è un fenomeno esclusivamente umano. Noi umani, invece, siano sempre occupati a difendere la nostra dignità dalle umiliazioni che gli altri vorrebbero infliggerci, e siamo pronti a fare lo stesso verso gli altri, con la forza, con la logica, con l'etica o con l'estetica.
 
Vedendo una persona, chiedersi: che bene può farmi? Che male può farmi? Che bene posso farle? Che male posso farle?
 
Presentarsi agli altri implica manifestare la propria adesione o non adesione a certi modelli di comportamento.
 
Se vuoi piacere ad una persona devi essere come lei ti vuole e fare ciò che lei desidera.
 
In ogni momento, in ogni umano, l'inconscio sceglie un insieme sociale a cui appartenere e il ruolo da assumere in esso. Allo stesso tempo l'inconscio comanda l'esecuzione di qualche rituale che caratterizza quell'insieme e quel ruolo. Infatti ogni umano ha un bisogno innato di appartenenza sociale, che può essere soddisfatto solo attraverso l'esecuzione di certi rituali.
 
Presentarsi, esporsi o dichiararsi implica farsi amici e nemici.
 
Un essere umano non può ignorare gli altri, perché dipende da loro. Può scegliere le persone con cui interagire, ma non può fare a meno di interagire con qualcuno, né può ignorare le esigenze delle persone con cui interagisce. Il suo comportamento è dunque un compromesso tra le proprie esigenze e quelle delle persone con cui ha scelto di interagire o con cui è costretto a farlo.
 
La verità è che gli altri ti trattano in funzione di come presumono che tu tratti loro, di cosa presumono che tu pensi di loro, di cosa presumono tu desideri da loro e per loro, di cosa presumono tu pensi di te stesso rispetto a loro, di cosa presumono tu sia disposto a offrire loro, di quanto presumono tu possa essere loro utile o dannoso, ovvero delle opportunità e delle minacce che tu rappresenti per loro. Questa è la verità che si nasconde dietro ogni affermazione, ogni espressione e ogni atto sociale.
 
Gli altri sono nella mia mente e io sono nella mente degli altri in certe relazioni e con certe valutazioni, le quali determinano i tipi di interazione che possono esserci o non esserci tra me e ciascun altro.
 
Le opere letterarie e quelle artistiche ci aiutano a immaginare e a simulare incontri con altre persone.
 
Se vuoi avere una relazione (libera e non forzata) con qualcuno, devi dargli di te un'immagine compatibile con i suoi gusti, i suoi desideri e le sue aspettative.
 
Laddove non si riesce ad accordarsi su altre leggi, vale quella del più forte. Perciò, quanto più si è deboli, tanto più conviene accordarsi.
 
Se non vuoi soffrire di solitudine, devi scegliere se essere intellettualmente pecora o pastore, e, nel secondo caso, devi competere per la miglior posizione nella gerarchia dei pastori e combattere contro la concorrenza.
 
L'interazione tra due persone dipende dalla compatibilità dei rispettivi modelli d'interazione.
 
La compagnia richiede sempre un adattamento reciproco.
 
Se qualcuno ricompensasse delle persone solo per imitare gesti di sua invenzione privi di qualunque significato, dopo un certo numero di giorni molte di quelle persone sentirebbero il bisogno e il piacere di imitare altri gesti, e alcuni vi troverebbero dei significati interessanti.
 
Chi tace acconsente, sia al bene che al male. Oppure non ha tempo per commentare, o ha paura di farlo.
 
Socializzare consiste nel condividere qualcosa.
 
Produzione e consumo si adattano reciprocamente.
 
Trattami come devi trattarmi, non come merito di essere trattato.
 
Non gioverebbe a niente il procurarsi sicurezza nei riguardi degli altri uomini finché si continuasse a nutrire timore riguardo a ciò che sta sopra di noi, o sottoterra, o in generale nell’infinito.
 
Per essere considerato rilevante da una persona devi essere riconosciuto da essa come suo leader, suo seguace, suo compagno, suo cliente o suo fornitore.
 
Uno che esprime sé stesso senza nascondere i propri veri pensieri e sentimenti può entrare in relazione solo con persone affini. Con quelli che hanno idee e/o sentimenti molto diversi avrà rapporti conflittuali o di indifferenza. Essere sé stessi significa essere selettivi. Infatti, quanto più si è diversi dagli altri, tanto più è difficile trovare persone con cui entrare in relazione.
 
Spesso è più rapido e più utile adattarsi agli altri che fare in modo che gli altri si adattino a noi.
 
Ogni umano vorrebbe asservire gli altri ed evitare di essere asservito dagli altri. I desideri di due umani sono dunque incompatibili a priori. Perciò dobbiamo essere sempre pronti a negoziare compromessi miranti ad un servizio reciproco sostenibile.
 
Le persone riservate sono inquietanti perché non esprimono pubblicamente le proprie intenzioni e presunzioni. Infatti dietro ogni persona riservata si potrebbe nascondere un rivale.
 
Una comunità può essere basata sul comune credere in un comune insieme di falsità.
 
Lo scopo principale di un essere umano è avere successo nei propri rapporti con gli altri. Infatti la mente umana si osserva, si giudica e si corregge in funzione del proprio successo nei rapporti con gli altri, ovvero della propria capacità di ottenere dagli altri ciò di cui ha bisogno.
 
Gli altri mi dicono ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è bello e ciò che è brutto. Posso fidarmi? Gli altri mi dicono cosa loro piace e cosa loro dispiace. Mi conviene contentarli? Se non mi fido di loro e se non li contento, loro non cooperano con me. Se non voglio restare solo, di qualcuno mi devo fidare, qualcuno devo contentare. Posso solo scegliere di chi fidarmi e chi contentare.
 
Ognuno vorrebbe controllare ogni altro.
 
Una delle cose più tristi e imbarazzanti che possano capitarci è la compagnia di persone con cui non abbiamo nulla in comune, e il dover fingere con esse, per non offenderle o passare per arroganti, una comunione di interessi, valori o gusti che non esiste.
 
Abbiamo bisogno di qualcuno peggiore di noi per sentirci migliori.
 
Noi umani abbiamo un assoluto bisogno di interagire, ma non con chiunque e non in qualunque modo. Perciò la nostra mente è sempre occupata a scegliere con chi interagire e in quali modi, e a negoziare i modi preferiti con le persone preferite.
 
Crea le tue regole o sarai schiavo di quelle altrui.
 
Chi crede di appartenere a un rango sociale elevato tende a evitare situazioni in cui quel rango non è riconosciuto.
 
L'uomo è l'unico essere vivente che non ha con gli altri rapporti immediati. I suoi rapporti sono infatti sempre mediati dalla sua particolare cultura, attraverso la quale esso assegna ad ogni cosa, persona e atto significati e valori.
 
Dare significa asservire.
 
L'uomo ha un irresistibile bisogno di interazione sociale, che lo induce a volte ad accettare interazioni nocive piuttosto che nessuna interazione. La psicologia dovrebbe aiutarci a migliorare la qualità delle nostre interazioni sociali, cioè a trovare occasioni e modi d'interazione più soddisfacenti rispetto ai nostri bisogni.
 
La vacanza al mare è un'occasione di confronto e interazione sociale. Si mostrano il proprio corpo seminudo, le proprie capacità sportive acquatiche, la propria resistenza all'aggressione del sole e delle rocce, le proprie facoltà economiche e i propri gusti. È una fiera di esibizione e competizione di forza, abilità, resistenza, bellezza, eleganza e ricchezza in cui scegliere e farsi scegliere.
 
Vorrei parlare con qualcuno di temi che mi interessano, ma non trovo quasi mai persone interessate a parlare con me di tali temi. Trovo invece quasi sempre persone interessate a parlare di temi che interessano a loro e non a me. Credo che anche altri abbiano lo stesso problema. Come risolverlo?
 
Ogni umano è causa di piaceri, dolori, desideri e paure per altri umani. Questo fatto dovrebbe essere il fondamento della morale.
 
Un gentiluomo è una persona che sa suonare la fisarmonica, ma non lo fa.
 
Quell'uomo non mi piace. Devo cercare di conoscerlo meglio.
 
Se vuoi essere simpatico ad una persona, non darle motivo di sospettare che essa sia meno sapiente di te.
 
Non possiamo fare a meno di imitare, ma possiamo scegliere chi imitare.
 
Scusate se non rispondo agli auguri di buon Ferragosto, buona Pasqua ecc.. So che vengono fatti con buone intenzioni, e spesso per dimostrare amicizia e affetto, ma li trovo di per sé insignificanti, e non voglio contribuire al mantenimento di questa tradizione per me insensata.
 
Per alcuni sono una risorsa, per altri una minaccia.
 
Cosa vogliono gli altri da me? Che io compri i loro prodotti, che segua i loro consigli, che creda alle loro spiegazioni, che stia in un posto che non dia loro fastidio, che non li critichi, che li rispetti, che li stimi, che li ami, che li aiuti o li serva quando hanno bisogno di aiuto o di un servizio, che stia dalla loro parte quando essi sono in contrasto con qualcuno, e che non chieda loro nulla che non siano disposti a darmi.
 
Leggere un libro è un po' come stare in compagnia del suo autore e dei suoi personaggi. È infatti anche un rimedio contro la solitudine e l'isolamento.
 
Relazioni e interazioni, nient'altro che relazioni e interazioni!
 
Per l'uomo non c'è altro inferno che la stupidità o la malvagità dei suoi simili.
 
Il conformismo (ovvero l'apprendimento e il comportamento mimetici) non è un difetto o un vizio, ma una caratteristica essenziale della natura umana.
 
Ho un forte bisogno di sentirmi utile, e mi chiedo quanti altri abbiano lo stesso bisogno e in quale misura.
 
Gli altri ci propongono continuamente i loro modi di vedere, di pensare e di sentire. Sta a noi accettare e condividere quei modi, oppure rifiutarli (sapendo che in caso di rifiuto il proponente si sentirà, deluso, frustrato o offeso).
 
Se vuoi farti voler bene da qualcuno, apprezzalo sempre e non criticarlo mai, sii amico dei suoi amici e nemico dei suoi nemici. Tuttavia sappi che se quella persona ti vorrà bene, i suoi nemici, sapendolo, ti disprezzeranno.
 
Se ti dicessi sinceramente ciò che penso di te, ti offenderesti e mi offenderesti.
 
L'uguaglianza la desidera chi non si sente superiore a nessuno.
 
Di ogni persona, compresi noi stessi, dovremmo chiederci: con chi e in quali modi si relaziona?
 
Siccome l'imprevedibilità nel comportamento umano è inquietante, ognuno di noi cerca di essere (o almeno di sembrare) prevedibile.
 
Nei rapporti interpersonali, a ogni quiete segue quasi sempre, dopo un certo tempo più o meno lungo, una tempesta, perché i rapporti interpersonali sono basati su compromessi tra gli interessi propri e quelli altrui. Infatti i compromessi, in quanto implicano dei sacrifici personali, sono spesso fragili e soggetti a incomprensioni, stanchezza, e insoddisfazioni, che inducono alla ricerca di compromessi più soddisfacenti da stabilire con altri partner.
 
"Essere se stessi" non significa nulla. Noi siamo comunque come ci vogliono gli altri, come ci vuole l'Altro generalizzato (per usare un termine di G. H. Mead), l'altro interiorizzato. Senza l'esperienza e l'interazione con gli altri la psiche nemmeno esisterebbe. Il problema è che gli altri non sono tutti uguali.
 
La gente ha bisogno di partecipare periodicamente ad attività comuni che non richiedano impegni preventivi né successivi, abbiano un costo moderato e compatibile con la propria condizione economica e non mettano a confronto o in discussione le proprie capacità e qualità intellettuali e morali.
 
Una coppia è tanto più stabile quanto più c'è una dipendenza reciproca tale da poter dire che ciascuna parte appartiene all'altra.
 
Le relazioni e le interazioni umane sono regolate da politiche personali per lo più inconsce, irrazionali, mistificate e involontarie; sta a noi decidere se cercare di renderle più consapevoli, razionali, genuine e volontarie nonostante il boicottaggio del super-io e delle convenzioni sociali.
 
Tutto ciò che facciamo in campo sociale lo facciamo per ottenere qualcosa di materiale o immateriale dagli altri. Succede tuttavia spesso che l'effetto non è, qualitativamente e/o quantitativamente, quello che speravamo di ottenere.
 
Quando due umani si incontrano (realmente, virtualmente o col pensiero) essi negoziano, rinegoziano o confermano (consciamente o inconsciamente) i ruoli e i livelli gerarchici reciproci che regoleranno le loro prossime interazioni.
 
Noi siamo i modi in cui interagiamo col nostro ambiente sociale, naturale e mediatico.
 
La vita di un essere umano è un compromesso tra ciò che lui vuole essere e ciò che gli altri vogliono che lui sia.
 
A volte, quando due persone discutono, è come se a discutere fossero i loro avvocati, il cui scopo è solo quello di dimostrare il torto della parte avversa.
 
Abbiamo bisogno di parlare con qualcuno, e, se non troviamo nessuno con cui parlare, leggiamo o parliamo con noi stessi.
 
Il problema principale nei rapporti interpersonali è quello della sostituibilità. Infatti ognuno è sostituibile con qualcun altro migliore, più utile, più produttivo, più attraente, più divertente, più piacevole, meno costoso, meno impegnativo, meno faticoso, meno problematico. Siamo tutti sostituibili e tendiamo a sostituire le persone con cui interagiamo con altre più interessanti.
 
Nessuno è totalmente originale. Ognuno di noi imita (consciamente o inconsciamente) dei modelli di pensiero e di comportamento appresi per imitazione interagendo con gli altri.
 
Ognuno si preoccupa di come gli altri lo valutano, ma ognuno ha i suoi propri altri, con i propri valori e i propri criteri di valutazione, diversi da persona a peresona.
 
La differenza tra 'essere parte' e 'far parte' è che nel primo caso s'intende una presenza passiva, nel secondo una partecipazione attiva.
 
Gli umani non smettono mai di riprodurre forme e stili, che non hanno alcun senso, se non quello di essere forme e stili tipici di certe culture e sottoculture, e quello di confermare l'appartenenza di chi li riproduce alle culture e sottoculture corrispondenti.
 
Nessuna simulazione, nessuna interazione asincrona, virtuale o immaginaria con una persona non presente fisicamente può sostituire il piacere di un'intima interazione dal vivo con una persona reale congeniale.
 
Le persone superiori sono quelle che non sentono il bisogno di dimostrare di avere ragione o di essere superiori, nemmeno quando avrebbero le prove e gli argomenti per dimostrare le proprie maggiori capacità, in certi campi, rispetto a certe altre persone.
 
Se vuoi farti voler bene devi esercitare una censura preventiva su tutto ciò che dici.
 
Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d'accordo con tutti. Le cose grandi ai grandi. gli abissi ai profondi, le finezze ai sottili, le rarità ai rari.
 
Per molti è meglio una cattiva compagnia che una totale solitudine. Per questo per molti è meglio sbagliare insieme che avere ragione da soli.
 
Quando si sta in compagnia di altre persone è bene chiedersi cosa ciascuna di esse desidera fare e non fare, ascoltare e non ascoltare, vedere e non vedere, ricevere e non ricevere, ricordare e non ricordare, pensare e non pensare, di cosa parlare e non parlare.
 
Ogni umano, per ogni altro umano, è un potenziale amico e un potenziale nemico. Perciò ognuno si preoccupa (consciamente o inconsciamente) delle intenzioni altrui, specialmente se il comportamento altrui appare "strano", cioè non convenzionale o non prevedibile.
 
Quando due umani si trovano tra loro in prossimità, ovvero in comunicazione o telecomunicazione, essi comunicano e interagiscono secondo i rispettivi programmi mentali, ovvero automaticamente. Quando un umano si trova da solo, ovvero non in prossimità o comunicazione con qualcuno, la sua mente si prepara alle prossime interazioni con gli altri, ipotizzandole e simulandole consciamente e inconsciamente mediante l’immaginazione.
 
Ogni donna vorrebbe essere la primadonna del suo uomo.
 
Io sono felice quando gli altri mi dimostrano approvazione e ammirazione, infelice quando gli altri mi ignorano o mi dimostrano disapprovazione o disprezzo. Credo che questa disposizione d'animo sia comune a tutti gli esseri umani.
 
L'uomo desidera una comune appartenenza rispetto agli altri, e per questo tende ad imitarli.
 
La convivenza si fonda sulla convenienza reciproca.
 
Ci sono tante cose che danno l'illusione di essere in compagnia. Tra queste: l'adorazione di una divinità, la visione di uno spettacolo o di un film, la visita di un museo, l'ascolto di una musica, la lettura di un libro, la pratica di una disciplina o di una filosofia, la masturbazione ecc.
 
L'Altro uomo non mi è indifferente, l'Altro uomo mi concerne, mi riguarda nei due sensi della parola "riguardare". In francese si dice che "mi riguarda" qualcosa di cui mi occupo, ma "regarder" significa anche "guardare in faccia" qualcosa, per prenderla in considerazione. Nel semplice incontro di un uomo con l'Altro si gioca l'essenziale, l'assoluto: nella manifestazione, nell' "epifania" del volto dell'Altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l'Altro.
 
L'ambiente (naturale e sociale) in cui viviamo ci influenza e ci condiziona, ma noi possiamo in una certa misura cambiarlo, cambiare il modo di interagire con esso oppure emigrare in un ambiente diverso.
 
Quando comportarmi da adulto mi è troppo difficile non trovo di meglio che comportarmi da bambino.
 
Quante sciocchezze e falsità si dicono per giustificare i propri privilegi!
 
Quanto più cresciamo intellettualmente e/o moralmente, tanto più diventiamo antipatici a quelli che non sono cresciuti altrettanto.
 
Certe appartenenze implicano certe non appartenenze.
 
Molti non amano coloro che con la propria luce mettono in ombra la loro minore intelligenza.
 
Se mi fosse concessa la sapienza, a condizione di tenerla chiusa dentro di me senza trasmetterla ad altri, la rifiuterei: nessun bene ci dà gioia se non puoi condividerlo con altri.
 
Certe persone, per farsi accettare dagli altri, sono costrette a nascondere la loro autentica personalità, le loro conoscenze ed esperienze, capacità, passioni, ambizioni, debolezze, i loro tormenti, le loro opinioni sugli altri in generale e in particolare sulle persone da cui vorrebbero essere accettati, e a fingere una normalità e affinità a loro aliene.
 
L'inferno sono gli altri alla prima colazione.
 
Ogni essere umano considera (consciamente o inconsciamente) ogni altro come un potenziale o attuale amico o nemico, ovvero come una persona più o meno utile o dannosa per la soddisfazione dei propri bisogni. È sulla base di tali considerazioni che ognuno si comporta in modo più o meno cooperativo o competitivo nei confronti degli altri.
 
Tutti vogliono la pace, ma alle proprie condizioni.
 
Invece di dire "con chi voglio interagire?" sarebbe meglio dire "con chi voglio far interagire il mio corpo?".
 
Il libero arbitrio (ammesso che esista) consiste nello scegliere in quale ambiente stare e con chi e come interagire. Durante l'interazione, infatti, prevalgono gli automatismi della nostra mente, e il libero arbitrio non può essere esercitato.
 
Così maldestro mi aggiro tra gli uomini che rischio di apparire sospetto.
 
È importante essere importanti per qualcuno.
 
Nell'interazione tra due persone il comportamento di ciascuna di esse è influenzato dalla percezione e dall'interpretazione del comportamento dell'altra, come in un gioco. Ogni interazione è infatti parte di uno o più giochi, ed è interessante sapere se gli interattori giocano agli stessi giochi o a giochi diversi, e se sono consapevoli dei giochi a cui giocano, cioè degli obiettivi e delle regole dei giochi stessi.
 
Se ho dimenticato di insultare qualcuno, gli chiedo scusa.
 
Tutto quello che dite o scrivete può essere usato contro di voi, per esempio, per classificarvi come mediocri, stupidi, ingenui, utopisti, razzisti, cattivi, ignoranti, arroganti, presuntuosi, pignoli, perfezionisti, aggressivi, offensivi, freddi, senza sentimenti, senza empatia, megalomani, opportunisti, bugiardi, incapaci, perdenti, di cattivo gusto ecc. Fate perciò attenzione a ciò che dite e scrivete, e soprattutto alle personalità di chi vi ascolta e vi legge.
 
Dato che la nostra felicità dipende molto dalla qualità delle nostre relazioni sociali, dovremmo spesso chiederci cosa ci conviene fare e cosa non fare (e quindi cosa cambiare) per migliorare i nostri rapporti con gli altri.
 
Un tu precoce toglie il gusto di guadagnarselo.
 
Cosa dirò e cosa nasconderò alle persone che incontrerò?
 
L'amarezza viene quasi sempre dal non ricevere un po' più di ciò che si dà. Il sentimento di non fare un buon affare.
 
Quando due umani s'incontrano, in ciascuno di essi si attivano una serie di processi automatici inconsci il cui scopo è quello di stabilire come comportarsi verso l'altro. Sarebbe utile rendere coscienti tali processi per migliorarli.
 
Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino: a) giungerà ad amare o a odiare gli spinaci; b) ad amare o a odiare il gelato; c) ad amare o a odiare la mamma?
 
I fili spinati e le schegge di vetro sui muri di cinta delle proprietà private la dicono molto lunga sui rapporti umani.
 
Il piacere e il dolore di un essere umano dipendono soprattutto da come gli altri lo trattano. E i modi in cui gli altri lo trattano dipendono soprattutto da come egli li tratta. I modi di trattare gli altri costituiscono una parte importante della mentalità di ogni individuo.
 
Non solo abbiamo bisogno di essere accettati dagli altri, ma abbiamo bisogno di essere accettati con uno status adeguato alle nostre capacità.
 
Uno dei principali motivi che ostacolano il progresso umano è l'intolleranza verso ogni critica e ogni messa in discussione, diretta o indiretta, della moralità del proprio comportamento e della veridicità e completezza della propria visione del mondo.
 
Non solo ci sentiamo spinti ad imitare gli altri (e spesso siamo indecisi sui modelli da scegliere), ma percepiamo gli altri sempre come somiglianti a certi "modelli di umanità". Infatti ci sentiamo a disagio se non riusciamo a capire quali sono i modelli che gli altri imitano, ovvero a quali gruppi sociali e tipi psicologici gli altri appartengono. Siamo prigionieri degli stereotipi della nostra cultura.
 
A qualcuno dobbiamo piacere o almeno non dispiacere, perché se non piacessimo a nessuno, saremmo in guai seri. Per questo il nostro comportamento è molto influenzato dalla necessità di piacere agli altri, o almeno di non dispiacere loro.
 
Non far sentire piccoli i piccoli, e fa' sentire grandi i grandi.
 
Ciò che unisce le persone non sono solo le cose che esse comunemente pensano e fanno, ma anche quelle cose che non pensano e non fanno in quanto disprezzate, ignorate o proibite dai loro costumi, ovvero dalle loro norme etiche ed estetiche.
 
È fastidioso discutere con uno che ha sempre ragione.
 
I primi della classe sono antipatici ai non primi.
 
Ogni umano cerca di dominare ogni altro se non contrastato da quello o da una certa educazione.
 
È bello essere serviti, ci fa sentire ben integrati nella società.
 
Ogni giorno, in ogni momento, le opinioni, i sentimenti e il rispetto degli altri nei nostri confronti possono cambiare in peggio o in meglio. Per questo viviamo in un continuo stato di ansia più o meno grande, e abbiamo continuamente bisogno di sapere quali atteggiamenti e quali intenzioni gli altri hanno verso di noi. Questa conoscenza ci serve per adeguare i nostri atteggiamenti e le nostre intenzioni verso di loro.
 
Tutto ciò che dico può essere usato contro qualcuno, a cominciare da me stesso.
 
Quando due persone interagiscono, il risultato dell'interazione dipende soprattutto dalla speciale combinazione delle loro mappe cognitivo-emotivo-motive.
 
Abbiamo bisogno di nemici da combattere, altrimenti le nostre capacità difensive si atrofizzano. E se non troviamo nemici reali dobbiamo inventarli o simularli.
 
Ognuno è in cerca di alleati.
 
Per interagire cooperativamente con gli altri bisogna tenere in considerazione le loro mappe cognitivo-emotive.
 
L'appartenenza sociale è basata sulla imitazione e riproduzione di certe forme caratteristiche di una certa comunità.
 
Quasi ogni cosa che facciamo o evitiamo di fare ci qualifica socialmente, ed ha pertanto una valenza sociale.
 
Ogni atto umano, ad eccezione di quelli fisiologicamente necessari, è un atto sociale.
 
Nei rapporti con gli altri, un essere umano libero ha generalmente quattro opzioni: cooperare, competere, selezionare, imitare. Cooperare implica soddisfare i desideri altrui, competere implica soddisfare i propri desideri a scapito di quelli altrui, selezionare implica scegliere con chi interagire e con chi non farlo, imitare implica usare l'altro come modello di comportamento.
 
Un individuo può agire, verso gli altri, nei seguenti possibili modi: condividere, cooperare, competere, ignorare, adattarsi, imporsi, isolarsi, emigrare.
 
Chi non è con me non è necessariamente contro di me, e io non sono necessariamente contro chi disapprovo, né disapprovo necessariamente chi è contro di me.
 
Si discute per condivdere idee già condivise o per difendere o combattere idee non condivise.
 
Uno dei motivi per cui può essere interessante fare certe esperienze è la possibilità di condividerle, ovvero di parlarne con altri.
 
Chi propone certe idee suscita ostilità in coloro che vivono in contrasto con esse.
 
Io ti valuto, tu mi valuti, io mi valuto, tu ti valuti, tutti valutano gli altri e se stessi. Secondo quali cognizioni? Quali sentimenti? Quali motivazioni? Quali logiche?
 
Qualsiasi cosa io dica o faccia, non dica o non faccia, può essere usata contro di me.
 
Essere importanti per altre persone, nel bene e/o nel male, costituisce uno dei nostri bisogni più importanti. Maggiore è il numero di persone per cui siamo importanti, meglio ci sentiamo. Essere irrilevanti per tutti è angosciante.
 
Ogni azione umana ha anche un significato rituale.
 
Vedendo una persona (nella realtà o nei media) chiedersi: che rapporto c'è tra questa persona e me? Chiedersi la stessa cosa vedendo un oggetto, un ambiente, un simbolo, o leggendo un testo.
 
La società consiste essenzialmente in uno scambio di servizi, beni e denari necessari alla soddisfazione dei bisogni primari, regolato da norme imposte da alcuni e trasmesse e apprese consciamente e inconsciamente da tutti i suoi partecipanti. Tutto il resto dovrebbe servire a facilitare in vari modi tale scambio, ma a volte lo ostacola.
 
Ogni giorno, ogni essere umano deve risolvere questo problema: come ottenere la migliore e più ampia cooperazione da parte degli altri (per soddisfare i propri bisogni) al costo più basso in termini economici, politici, sociali, ecologici, emotivi, biologici e di parziale perdita di libertà.
 
Non sono d'accordo con qualunque cosa stai per dire.
 
I membri di una coppia solida si supportano e si sopportano.
 
Che ruoli (non) ho nella società?
Che ruoli (non) vorrei, (non) potrei, (non) dovrei avere?
Che ruoli (non) voglio, (non) posso, (non) devo avere?
 
Raramente una persona rivela alle altre ciò che di male pensa e sente verso di loro, per paura di ritorsioni.
 
Nel gioco mimetico non c'è posto per la razionalità.
 
L'inconscio tiene la contabilità dei debiti e dei crediti sociali, in senso lato, includendo tutto ciò che uno ha ricevuto dagli altri e che ha dato agli altri da quando è nato. Molti sottostimano i propri debiti e sovrastimano i propri crediti.
 
Ogni umano, consciamente o inconsciamente, vorrebbe essere libero di fare qualunque cosa gli piaccia fare, senza limiti, e al tempo stesso, per la propria sicurezza e per una convivenza pacifica e produttiva, vorrebbe limitare la libertà altrui. Il mancato riconoscimento di uguali diritti e doveri a tutti gli esseri umani è un problema fondamentale dell'umanità.
 
Chi cerca di piacere agli altri rischia di sottomettersi ad essi. Io vorrei piacere agli altri dominandoli.
 
Ogni umano cerca di accrescere la porta importanza alla occhi altrui. Alcuni lo fanno mostrando le proprie capacità, altri mostrandosi seguaci di persone ritenute importanti.
 
Non puoi dare alla gente ciò che non è capace di ricevere.
 
Le persone sono "costituzionalmente" più o meno sensibili e attente a non ferire il prossimo, cosa che le differenzia in più o meno "buone" o "cattive". Tuttavia, il ferimento, o l'offesa, che uno percepisce può non essere intenzionale, nel senso che uno può dire qualcosa all'interlocutore non per offenderlo o sminuirlo, ma per "aprirgli gli occhi", cioè per mostrargli qualcosa di reale che quello non vede, mentre il ricevente percepisce il messaggio solo come un'offesa o una umiliazione. In altre parole, un gesto di "generosità intellettuale" può essere frainteso come manifestazione di arroganza e di sopraffazione. Per tale motivo, chi più sa dovrebbe evitare, se possibile, di svelare la sua maggiore sapienza a coloro che non gli chiedono di farlo.
 
Si può entrare a fare parte di un meccanismo sociale (inteso come sistema) sia modificandolo (per esempio aggiungendovi una nuova funzione) sia senza modificarlo (per esempio sostituendo una o più persone o aumentando il numero di persone aventi una certa funzione).
 
Ognuno desidera certi comportamenti da persone libere di scegliere se soddisfare o no i desideri altrui, e cerca di influenzare a proprio favore tale scelta.
 
Ognuno vorrebbe essere favorito da ogni altro.
 
Un rapporto tra due persone è riuscito quando l'una contribuisce a soddisfare i bisogni dell'altra, cosa difficile a causa della scarsa conoscenza dei bisogni propri e altrui, delle differenze tra i rispettivi bisogni, desideri e interessi, e della naturale tendenza a dominare in caso di disaccordo.
 
Ogni rivolta contro il mondo deve fondarsi su un'accettazione del mondo.
 
Siamo parti del tutto e abbiamo bisogno di interagire col resto del tutto.
 
L'uomo è sempre occupato ad imitare qualcun altro, ma non vuole ammetterlo.
 
Se l’ebreo non esistesse l’antisemita lo inventerebbe.
 
Ognuno vorrebbe dominare gli altri, ma i più rimuovono questo desiderio dalla coscienza.
 
Il bisogno di comunità (ovvero di condivisione) dà luogo a diversi desideri, come quelli di stare in compagnia di persone simili a sé, indurre gli altri a diventare come se stessi, e diventare come gli altri. In altre parole, il bisogno di comunità è causa del desiderio di imitare gli altri e/o di essere imitati dagli altri nella visione del mondo, nei comportamenti, nei modi di pensare (e di non pensare), nei sentimenti, nelle motivazioni, nelle capacità (e incapacità) e negli aspetti esteriori.
 
Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche.
 
Mentre la vita ci trascina avanti, noi crediamo di agire per nostra iniziativa, di scegliere la nostra attività, i nostri piaceri, ma, a guardar bene, sono solo i disegni, le tendenze del nostro tempo, che anche noi siamo costretti a seguire.
 
Partecipare ai riti ed eseguire i rituali tipici di una certa comunità serve a confermare e dimostrare la propria appartenenza ad essa e la necessaria obbedienza alle sue norme, implicite nelle sue tradizioni civili e religiose.
 
Un essere umano non può non associarsi con qualcuno, e la scelta delle persone con cui assicurarsi è limitata dall'interesse altrui a tale associazione.
 
Io suppongo che il desiderio di uccidere altri individui della propria specie, che troviamo nell'homo sapiens e non in altre specie animali, sia dovuto alle superiori capacità cognitive dell'uomo, nel senso che uccidere equivale (per l'inconscio e a volte anche per la coscienza) a cancellare dal proprio mondo vite che disturbano e contrastano l'armonia e la coerenza desiderata. Questo bisogno/desiderio di armonia e di coerenza ambientale e sociale sembra essere esclusivamente umano.
 
Certe idee, certe forme culturali, sono buone non in se stesse, ma nella misura in cui ci aiutano a migliorare i nostri rapporti con gli altri, cioè nella misura in cui possono costituire un ponte e uno strumento per comunicare e interagire efficacemente e costruttivamente con gli altri.
 
La cosa più importante per un essere umano, oltre l'evitamento dei dolori e dei pericoli per la propria salute, è cosa gli altri pensano e penseranno di lui in relazione al proprio essere e al proprio comportamento passato, presente e futuro. In altre parole, la cosa più importante per un uomo è l'atteggiamento più o meno benevolo degli altri nei propri confronti. Tale atteggiamento, reale o presunto, condiziona fortemente il proprio modo di pensare e di comportarsi.
 
Le tradizioni sono esercizi e gare di imitazione. L'imitazione (cioè la riproduzione) di forme sociali è un valore "dimostrativo". Infatti, chi meglio imita le forme sociali della comunità di appartenenza dimostra una maggiore integrazione sociale e quindi una maggiore forza e resilienza. Anche le mode, in quanto forme sociali, costituiscono un terreno di competizione nella gara a chi è più "sociale", ovvero più conforme alle caratteristiche della comunità.
 
Fai questo e ti sentirai meglio. A volte funziona, specialmente se la cosa viene fatta insieme ad altri e acquista in tal modo una valenza sociale.
 
Quando sei con qualcuno, tieni presente le cose che vi uniscono e quelle che vi dividono, e scegli in ogni momento se parlare delle prime o delle seconde.
 
A differenza degli altri animali, l’uomo si preoccupa di come gli altri lo valutano (intellettualmente, moralmente, esteticamente, politicamente, economicamente ecc.). Questa preoccupazione è costante e impegna l’uomo anche quando è solo. Essa influenza quasi tutti i suoi pensieri e le sue emozioni.
 
Le relazioni e le interazioni tra entità (persone, cose, informazioni, algoritmi, luoghi ecc.) sono più importanti delle entità stesse.
 
Si può sbagliare anche senza fare nulla.
 
Ai miei tempi invitare al ballo una donna era come scendere alla stazione in una città sconosciuta.
 
Ogni umano ha un ricorrente bisogno di intrattenersi in giochi rituali con suoi simili.
 
Ogni azione è parte di un'interazione.
 
Il comportamento più o meno favorevole di una persona A verso una persona B dipende da come A giudica B e da come A si sente giudicata da B. Il giudizio, che è sempre razionale ed emotivo allo stesso tempo, non riguarda solo le azioni volontarie, ma anche quelle involontarie (reali e presunte), i pensieri, le emozioni, e i sentimenti (reali e presunti). Per questo può essere sconveniente manifestare sinceramente i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie emozioni.
 
La violenza verbale, diretta o indiretta, esplicita o implicita, non è mai giustificabile. Serve solo a scatenare una guerra o ad aumentarne il livello di una guerra. Perfino la violenza fisica è in certi casi giustificabile. Quella verbale mai.
 
Chi gioca a carte scoperte con uno che gioca a carte coperte è perdente.
 
Non puoi conquistare nulla senza dare fastidio a qualcuno.
 
Le feste sono dimostrazioni ed esami di apppartenenza sociale.
 
Spesso le persone si riuniscono per nessuno scopo particolare se non quello di stare insieme, di fare qualcosa insieme, un cosa qualsiasi, perché di ciò l’uomo ha un gran bisogno.
 
Si coopera per competere e si compete per cooperare.
Si offre per chiedere e si chiede per offrire.
Si obbedisce per comandare e si comanda per obbedire.
Tutti con tutti, tutti contro tutti, tutti a tutti.
 
A mio parere, l'uomo ha un bisogno genetico di imitare gli altri, e quando non ci riesce abbastanza è preso da ansia o panico. Quando invece ci riesce bene, e gli altri glielo confermano, è felice. In alcuni uomini, però, a causa di una mutazione genetica, il bisogno di imitare è molto attenuato. Si tratta dei rivoluzionari della cultura.
 
Quando facciamo una cosa di un certo tipo, ci qualifichiamo come appartenenti alla categoria di persone che fanno quel tipo di cose, con tutti gli attributi socialmente pregevoli e spregevoli del caso. Per questo siamo indotti consciamente o inconsciamente a fare o a non fare cose di un certo tipo.
 
Dire "buongiorno" o "ciao" a qualcuno significa "tu per me esisti e mi sta bene che tu esista". Per questo è importante salutarsi.
 
L'uomo ha bisogno di condividere. Se non lo fa muore. Tanto più condivide, tanto più è vivo e felice.
 
Guardare la TV, un film, ascoltare un discorso, una canzone, una musica significa aprire una porta della tua mente e permettere a qualcuno di manipolarla.
 
Se fai sentire il tuo interlocutore irrilevante, diventi automaticamente per lui un nemico.
 
Le relazioni e le interazioni tra esseri viventi sono relazioni e interazioni tra algoritmi adattivi.
 
Non fidarti delle offerte gratuite. Il prezzo da pagare è nascosto e sarà pagato al momento opportuno.
 
Un essere umano in rapporto con un altro ha un controllo molto limitato su ciò che accade in quel rapporto. Egli è una parte in una unità di due persone, e il controllo che ogni parte può avere sull'intero è strettamente limitata.
 
È molto difficile per un uomo credere abbastanza energicamente in qualcosa, in modo che ciò che crede significhi qualcosa, senza dare fastidio agli altri.
 
Non c'è nulla di più banale e drammatico che il bisogno e il piacere di sentirsi normali.
 
È meglio essere apprezzati da poche persone di grande valore o da molte persone mediocri?
 
Sono drammatici o umoristici i momenti in cui le appartenenze, i poteri o il prestigio di una persona si rafforzano o si indeboliscono. Il cambiamento è percepito come drammatico o umoristico a seconda della posizione dell'osservatore nei confronti del protagonista del cambiamento, e delle tensioni tra di essi.
 
Non far sapere al tuo rivale che consci i suoi punti deboli, per evitare che migliori le sue difese.
 
I rapporti umani sono basati sull'obbedienza reciproca: se tu fai ciò che io ti chiedo, in compenso io faccio ciò che tu mi chiedi, altrimenti no.
 
Stanno bene insieme le persone che condividono lo stesso tipo di conformismo.
 
Se non disturbi nessuno non stai facendo nulla d'importante per gli altri.
 
Considera una cosa qualsiasi (oggetto, persona, gruppo, oggetto, concetto, idea ecc.) e chiediti: che rapporto c'è tra questa cosa, gli altri, e me?
 
Se si vuole volare tutti insieme, non bisogna volare troppo alto.
 
Il desiderio e la speranza di far parte di una unanimità sono irresistibili e ci accompagnano per tutta la vita.
 
Si può perdere una guerra anche senza perdere alcuna battaglia.
 
Ci sono cose in me che mi comandano, mi castigano, mi premiano, producendo emozioni più o meno piacevoli o dolorose. Tra di esse ci sono soprattutto i ricordi delle persone che ho incontrato nella realtà o sulla carta. E ogni nuovo incontro rievoca incontri precedenti.
 
Se dici a uno stolto che è stolto, aspettati una reazione stolta. Se dici ad un saggio che è stolto, aspettati una reazione saggia.
 
Ogni persona rispetto ad ogni altra vorrebbe che vi fosse una certa distanza più o meno grande.
 
Noi umani tendiamo a sottovalutare la nostra interdipendenza. Infatti ciascuno dipende non solo da alcune persone particolari, ma anche dal suo Altro generalizzato, un agente che risiede nella mente di ognuno in forme diverse secondo le esperienze personali. L'Altro generalizzato (termine coniato da George Herbert Mead) corrisponde, a mio avviso, al super-io freudiano.
 
Ogni relazione implica benefici e costi per ciascuno dei contraenti. Quando per uno di essi i costi superano i benefici, questo cerca di uscire dalla relazione, a meno che l'uscita non comporti penali non sostenibili. È in base a tale principio che le relazioni umane si formano e si disfano.
 
Siamo talmente dipendenti dagli altri che siamo disposti a credere in cose assurde e ad avere sentimenti e desideri assurdi se ciò è indispensabile per essere accettati da almeno una comunità.
 
Ogni umano desidera interagire con altri umani, ma alle proprie condizioni.
 
A chi sono utile? A chi potrei essere utile? Sono due domande a cui dovremmo avere una risposta pronta.
 
Aver bisogno di una certa cosa comporta il bisogno di assicurarsela. Così, aver bisogno degli altri comporta il bisogno di assicurarsi il loro favore. Tale assicurazione può darla solo una continua frequentazione degli altri, nella speranza di ricevere da essi segni di rispetto, approvazione, amicizia e solidarietà.
 
Ciò che stiamo facendo o che ci accingiamo a fare ha una valenza sociale, ovvero potrà essere usato con vantaggio o svantaggio nelle future interazioni sociali, oppure potrebbe convenire nasconderlo in quanto potrebbe non essere gradito agli altri. Chiediamoci dunque, quando ci accingiamo a fare qualcosa, quale sia la sua valenza sociale in relazione a vari tipi o gruppi di persone e scegliamo di conseguenza cosa ci conviene fare e cosa non fare.
 
Quando vediamo l'immagine (reale o virtuale) di una persona, automaticamente e inconsapevolmente ci facciamo un'idea di quanto essa sia contenta o scontenta, soddisfatta o insoddisfatta, amichevole o ostile, calma o irritata, generosa o avida, vincente o perdente, nociva o innocua, e di conseguenza ci sentiamo attratti o repulsi da essa in quanto persona, e dalle cose che essa rappresenta, che mostra di possedere o a cui appartiene.
 
Quando due individui si incontrano, in ciascuno di essi si attiva un automatismo inconscio che mira a stabilire quale atteggiamento assumere verso l'altro. Tale atteggiamento può essere più o meno amichevole o ostile, cooperativo o competitivo, fiducioso o diffidente ecc. L'algoritmo che determina l'atteggiamento da tenere verso l'altro tiene conto simultaneamente di vari fattori che possiamo solo ipotizzare. Tra di essi suppongo vi sia un'interpretazione del modello di comportamento altrui e una stima della compatibilità di tale modello con il proprio.
 
Le falsità uniscono più delle verità.
 
Molti evitano di porre domande e di rispondere in modo pertinente alle domande che gli vengono poste perché una domanda presuppone una ignoranza, e rispondere in modo pertinente ad una domanda chiarificatrice può rivelare falsità, incoerenze e assurdità insite nei propri pensieri.
 
Il timore della separazione è tutto ciò che unisce.
 
Ognuno desidera che qualcuno soddisfi i propri desideri.
 
Il mio comportamento è influenzato da quello degli altri, e viceversa.
 
Ogni essere umano segue (imita, riproduce) dei modelli. Modelli di pensiero, di comportamento, di interazione, di partecipazione, di integrazione sociale. Comportamenti, azioni, gesti che non seguano un modello sono possibili, ma molto rari e difficili da attuare in quanto richiedono uno sforzo di volontà e di autocontrollo in tal senso. D'altra parte, l'apprendimento umano è basato sull'imitazione di modelli e tutto ciò che abbiamo appreso è parte di modelli.
 
Chi dice che il male non sta da una parte sola è considerato un nemico o uno stupido da tutte le parti in conflitto.
 
Il primo rapporto umano che un umano apprende è quello genitore-figlio. Da adulto, egli tende a formare lo stesso tipo di rapporto nei confronti degli altri adulti, scegliendo di preferenza il ruolo paterno (paternalismo) o quello filiale (filialismo), vale a dire il ruolo di dominatore/tutore o quello di dominato/tutelato. Un rapporto paritario è possibile solo sotto il controllo di una autorità terza a cui ambo le parti sono sottomesse.
 
I comandanti, i legislatori, i sacerdoti, gli insegnanti, gli intellettuali, i cerimonieri, gli istrioni, gli artisti, sono figure fondamentali nella società, perché definiscono le regole etiche ed estetiche del comportamento sociale senza le quali gli individui non saprebbero come interagire e morirebbero.
 
Ogni volta che incontro un umano devo recitare una parte, devo comportarmi in modo tale da non spaventarlo ed evitare che mi aggredisca, mi disprezzi o mi calunni.
 
Rendersi utili è il miglior rimedio contro la solitudine.
 
Per interagire in modo soddisfacente con gli altri dovremmo essere tutti antropologi.
 
Uno dei fattori di coesione dei gruppi umani è la mutua approvazione tra i suoi componenti. Siccome ognuno ha bisogno di approvazione, ci si accorda tacitamente in modo da approvarsi l'un l'altro. In questo modo ci guadagnano tutti. Il prezzo da pagare per questa fonte di soddisfazione è la rinuncia alla capacità critica, ovvero la cecità ai difetti propri e altrui.
 
L'uomo ha bisogno e paura del prossimo e su questa ambivalenza (troppo spesso ignorata o sottovalutata) si basa la civiltà con le sue istituzioni, restrizioni, competizioni, falsità, autoinganni e mistificazioni.
 
Le persone che si prostituiscono sono le sole che dicono chiaramente cosa offrono e cosa chiedono in cambio.
 
Quando due persone interagiscono, ognuna si aspetta inconsciamente dall'altra un comportamento non libero, ma soggetto a certe regole non scritte. In tal senso, ogni interazione sociale è costituita da rituali inconsci, che io chiamo criptorituali.
 
Un contesto sociale è come una scala musicale. Ogni transazione fuori contesto è stonata come una nota fuori scala.
 
L'empatia è inversamente proporzionale alla distanza fisica, temporale, culturale e intellettuale.
 
Gli umani possono grosso modo essere divisi in due categorie rispetto alle regole della convivenza sociale: coloro che cercano di adattarsi alle regole, e coloro che cercano di adattare le regole a se stessi.
 
C'è una domanda che ci poniamo sempre inconsciamente di fronte a qualsiasi essere umano, e a cui inconsciamente rispondiamo: cosa pensa di me, e come mi valuta?
 
Se in una conversazione tra amici o conoscenti devo evitare di esprimere qualunque idea che possa mettere direttamente o indirettamente in discussione le visioni del mondo e le capacità cognitive dei miei interlocutori, non potrò dire che innocue banalità. È l'effetto della dittatura dell'etichetta.
 
Quanto più simili sono le storie di due umani, tanto più forte è la relazione tra di essi.
 
I problemi psicologici sono problemi relazionali.
 
Affinché due persone possano conversare, esse devono condividere non solo un linguaggio, ma anche modelli e regole di comportamento, rituali, valori, gerarchie, interessi, gusti, idee, sentimenti, ecc. Altrimenti di cosa parlerebbero?
 
Spesso, per avere una buona interazione sociale, conviene farsi piccoli rispetto agli interlocutori.
 
Qualunque cosa facciamo che abbia una rilevanza sociale, la facciamo per ottenere un certo effetto nella mente di certe persone, cioè per fare credere qualcosa su di noi a certe persone o per suscitare in certe persone certi sentimenti verso di noi.
 
L'uomo è disposto a fare qualunque cosa, perfino ad adeguare il suo modo di vedere, di pensare e di sentire, pur di essere accettato da qualcuno, perché per l'inconscio la peggiore sventura è quella di non essere accettati da nessuno.
 
La svalutazione interpersonale genera guerre.
 
Essendo l'uomo un animale fondamentalmente imitatore dei propri simili, egli imita sia il bene che il male.
 
La fratellanza scaturisce dall'essere figli degli stesso padre, sudditi dello stesso dominatore, allievi dello stesso maestro, o nemici dello stesso nemico.
 
Di fronte agli altri dobbiamo decidere come presentarci, cioè dobbiamo dichiarare le nostre appartenenze, e il nostro status e i nostri ruoli nell'ambito di ognuna di esse. Così facendo ci esponiamo alla competizione e alle critiche riguardanti tutte le appartenenze, gli status e i ruoli che abbiamo dichiarato.
 
Né il tema di una conversazione, né il suo livello di profondità, possono essere imposti ad un interlocutore.
 
Per entrare nella migliore società, oggi, bisogna servire buone colazioni alla gente, divertirla o scioccarla: nient'altro.
 
Il rispetto non è da aspettarselo, bisogna esigerlo.
 
Ad un essere umano non interessa tanto se l'altro sia bravo, buono, giusto, bello e intelligente, ma soprattutto come l'altro si pone nei suoi confronti, sia cognitivamente che emotivamente. In altre parole ciò che conta per un umano è quanto egli sia gradito all'altro. Infatti ognuno tende a gradire coloro da cui si sente gradito, e a non gradire coloro da cui non si sente gradito.
 
Se A desidera B molto più di quanto B desideri A, oppure se A è utile a B molto più di quanto B sia utile ad A, la relazione soffre e il relativo desiderio si può facilmente trasformare in frustrazione e rabbia, o semplicemente estinguersi. La contabilità della reciprocità nelle relazioni umane è sempre attiva.
 
Ogni persona, per ogni altra, è un effettivo o potenziale collaboratore e un effettivo o potenziale competitore.
 
Essere incompreso da coloro stessi che amiamo, è il calice amaro, la croce della nostra vita. Perciò gli uomini superiori hanno sulle labbra quel sorriso doloroso e triste che tanto ci meraviglia.
 
Noi umani abbiamo una tendenza innata ad attribuire agli altri intenzioni, sentimenti e pensieri sulla base dei nostri pregiudizi e delle nostre paure.
 
Una relazione è sostenibile finché per ciascuno degli interagenti i vantaggi superano gli svantaggi.
 
È evidente che il comportamento degli altri verso di me dipende *anche* dal mio comportamento verso di loro.
 
Il fatto che io affronti analiticamente piuttosto che idealisticamente o sentimentalmente il problema dei miei rapporti con gli altri può essere mal visto dagli altri.
 
L'artista, lo scrittore, il filosofo, il sacerdote, il politico, il pubblicitario, il giornalista, propongono vecchi e nuovi criteri etici ed estetici di appartenenza, ovvero vecchi e nuovi giudizi sul bello e il brutto, il buono e il cattivo, il piacere e il dovere, il vero e il falso, il possibile e l'impossibile, giudizi sulla base dei quali confermare vecchie comunità ideali o fondarne di nuove.
 
Cosa si aspettano gli esseri umani gli uni dagli altri? Cosa sono disposti a fare gli uni per gli altri e gli uni agli altri?
 
La libertà di esprimere opinioni diverse da quelle della maggioranza senza essere puniti per questo, è un lusso che l'uomo ha conosciuto solo da pochi anni, e non in tutto il pianeta.
 
Per essere simpatici ad una persona dobbiamo essergli inferiori o nascondergli la nostra superiorità.
 
In molti casi le donne competono per gli uomini più potenti, e gli uomini per le donne più belle (nei limiti di ciò a cui possono realisticamente aspirare). Accade anche che una donna cerchi un uomo forte, ma non tanto forte da non farsi dominare almeno in parte da lei, e che un uomo cerchi una donna bella, ma non tanto bella da essere desiderata da uomini più competitivi.
 
In una compagnia non conflittuale si parla di ciò che accomuna i presenti, e non di ciò che li differenzia e li divide. Questo fatto è tragico per coloro che sono molto diversi dalla media dei presenti, e che perciò non trovano argomenti di cui parlare.
 
Ogni gesto, ogni azione, ogni espressione umana è anche parte di un rituale di appartenenza ad un certo insieme sociale.
 
Ogni umano può favorire od ostacolare la soddisfazione dei bisogni di altri umani, contribuendo così alla loro felicità o infelicità.
 
Ogni umano, per ogni altro umano, può essere causa di piacere e di dolore, di benefici e di danni. La questione è dunque: come fare affinché dalla cooperazione con altri umani ognuna delle parti coinvolte possa ottenere piaceri e benefici e non dolori e danni?
 
La cultura è una collezione di strumenti con i quali qualcuno ha cercato (o cerca) di farci credere, non credere, fare, non fare, sentire, non sentire, certe cose.
 
In tedesco il termine "Schuld" significa sia "colpa" che "debito". Infatti, per l'inconscio, il senso di colpa comporta la necessità di pagare un debito (o una pena) più o meno grande. Per questo, per l'inconscio è così importante difendersi da accuse che, se fossero provate, ci farebbero sentire in colpa.
 
Molte relazioni umane non si realizzano o falliscono perché una (o ciascuna) delle parti si aspetta dall'altra ciò che l'altra non è disposta a concedere, specialmente per quanto riguarda le rispettive libertà. Infatti ogni relazione comporta qualche limitazione delle libertà delle parti.
 
Chi ha bisogno di una persona cercherà di attrarla, di legarla a sé o di possederla.
 
Le interazioni spontanee tra due persone A e B dipendono soprattutto dalla configurazione di A nella mappa mentale di B e dalla configurazione di B nella mappa mentale di A.
 
Ognuno vorrebbe controllare gli altri e non farsi controllare da essi.
 
Una relazione sociale si rompe quando una delle parti non riesce più a trattenersi dal dire all'altra che è stupida e/o cattiva.
 
L'onore è una posizione gerarchica.
 
Presentarsi, aprirsi agli altri è rischioso, perché gli altri potrebbero non amare ciò che di noi mostriamo. D’altra parte è difficile, se non impossibile, incontrando gli altri, nascondere loro i nostri pensieri e i nostri sentimenti.
 
Il padrone ha bisogno del servo, il servo del padrone, il maestro dell'allievo, l'allievo del maestro, il produttore del consumatore, il consumatore del produttore, il venditore del compratore, il compratore del venditore, il carnefice della vittima, la vittima del carnefice, il vincitore del perdente, il perdente del vincitore, il pastore del gregge, il gregge del pastore ecc.
 
Le crisi di identità sono crisi di appartenenza.
 
Quando due persone si incontrano ognuna si presenta consciamente o inconsciamente all'altra in un certo modo, ognuna si definisce, qualifica e racconta usando certe parole, gesti, abbigliamento, ognuna dice all'altra "io sono così, da me ti puoi aspettare certe cose e non altre, io interagisco in un certo modo, ti considero in un certo modo e ti propongo un certo tipo rapporto e di interazioni. E tu?".
 
Un like fa sempre piacere. È un segno di riconoscimento, anche se superficiale ed effimero. Ci dice che, almeno per un attimo, esistiamo per qualcuno.
 
Non puoi discutere con un animale. E se con un uomo non riesci a discutere, è perché di tratta di un animale.
 
Ogni umano si chiede (consciamente o inconsciamente): come posso influenzare a mio favore i sentimenti degli altri verso di me?
 
Gli occhi degli altri la nostra prigione; i loro pensieri le nostre gabbie.
 
Ogni umano costituisce una serie di collegamenti con certi umani e certe idee.
 
Non possiamo non imitare. Semmai possiamo scegliere chi imitare.
 
Esprimere le proprie idee è sempre pericoloso, perché chi la pensa diversamente si sentirà minacciato dalla nostra visione del mondo e ci vedrà come un nemico.
 
Tutto ciò che facciamo e che pensiamo consiste in transazioni facenti parte di uno o più “giochi”. Per “giochi” intendo programmi cibernetici funzionanti come regolatori automatici e inconsci delle nostre interazioni, e delle transazioni che le costituiscono. In tal senso, giocare è inevitabile e indispensabile. Tuttavia possiamo fare “metagioco”; cioè cercare di capire a quali giochi stiamo giocando e con quali regole (logiche, formali, sintattiche, semantiche, energetiche ecc.) ed eventualmente negoziare con gli altri nuovi giochi o modifiche ai giochi conosciuti.
 
Quando apriamo il frigorifero il gatto che subito accorre e si strofina sulle nostre gambe miagolando non vuol dire "Voglio il latte" (come farebbe un essere umano) ma piuttosto "Fammi da madre": si appella, in altre parole, a una relazione specifica, difatti si può osservare un comportamento simile soltanto tra un gattino e un gatto adulto e mai tra due animali adulti.
 
Per non ammalarsi di testa occorre avere almeno 4-5 persone che stimiamo, che ci stimano e ci vogliono bene anche se tutti gli altri ci disprezzano o ci ignorano.
 
Invidia e gelosia sono il nostro pane quotidiano, sentimenti tanto forti quanto repressi, negati, mistificati; presenti anche nelle persone più insospettabili. Nemmeno io ne sono esente.
 
Per migliorare la società è necessario creare nuovi e migliori modelli di interazione sociale.
 
Due persone sono unite nella misura in cui condividono certe gerarchie etiche, estetiche, logiche e politiche.
 
Siamo tutti affetti da conflitti di interesse perché qualsiasi cosa facciamo, esprimiamo o pensiamo può essere più o meno vantaggiosa per noi e svantaggiosa per altri.
 
Sono più apprezzato quando parlo o quando taccio?
 
Raccontare i propri pensieri è pericoloso perché a qualcuno potrebbero non piacere. Per diminuire il rischio di farci dei nemici, dato che è quasi impossibile non comunicare i nostri pensieri, conviene adattare le nostre idee ai desideri e alle aspettative della maggioranza dei membri della comunità a cui apparteniamo. Se invece vogliamo essere liberi di pensare in modo indipendente, dobbiamo difenderci da ogni sorta di antipatie, calunnie e rappresaglie da parte di coloro che si sentono offesi o minacciati dall'irriverenza delle nostre idee, specialmente quando queste mettono direttamente o indirettamente in discussione le loro visioni del mondo e le loro sedicenti motivazioni e intenzioni.
 
Se fai sentire il tuo interlocutore importante, diventi automaticamente importante per lui.
 
L'offerta dovrebbe essere preceduta dalla domanda. Un'offerta senza domanda potrebbe essere una trappola.
 
Chi crede di poter trovare in sé stesso di che fare a meno di tutti si sbaglia di grosso; ma chi crede che non si possa fare a meno di lui si sbaglia ancora di più.
 
Per stare in pace con gli altri non basta tollerare i loro difetti. È necessario non vederli.
 
Con certe persone siamo d’accordo solo sul fatto che non siamo d’accordo.
 
Si può dire che, su più di un punto, la questione sociale si riduce ad una questione di buona volontà.
 
Ognuno ha i suoi modelli d'interazione. I più saggi hanno un metamodello d’interazione.
 
Chi cerca di superare se stesso viene fatalmente percepito, dalla maggioranza delle persone, come uno che cerca di raggiungere o superare gli altri.
 
Considerata la nostra interdipendenza e la necessità di conformarci a dei comuni modelli di pensiero e di comportamento, scegliamo insieme i modelli più adeguati e soddisfacenti.
 
Molti esseri umani (forse la maggioranza) mal sopportano, e perciò rifiutano, l'idea che qualcuno sia più saggio di loro, ovvero che qualcuno veda la realtà in modo più vero e completo di come la vedono loro, e che la capisca meglio di loro.
 
L'uomo deve fare attenzione a come si comporta verso gli altri, perché dal proprio comportamento verso il prossimo dipende l'atteggiamento più o meno benevolo o malevolo del prossimo nei suoi confronti.
 
Ogni elemento culturale (per esempio una canzone) può costituire un punto di convergenza o divergenza sociale, di comunità o estraneità di gusto e appartenenza.
 
Un detto popolare afferma che "chi non piscia in compagnia, o fa il ladro o fa la spia". Per l'uomo comune l'affermazione è valida sostituendo a "pisciare" qualunque altro verbo.
 
Un problema enorme è costituito dalla libertò di scegliere con chi cooperare e con chi no. Libertà che favorisce chi sceglie, ma condanna chi non è scelto dalle persone desiderate.
 
Ciò che ti ho dato, lo so. Ciò che hai ricevuto, non lo so.
 
Ogni vita umana costituisce, tra altre cose, anche un modello di comportamento sociale che altri possono imitare almeno in parte, se lo trovano congeniale, utile o necessario.
 
La vita di ogni essere umano procede inseguendo il bisogno di riconoscimenti positivi e fuggendo la paura di riconoscimenti negativi.
 
Questa epidemia ci ha rivelato che ci sono tante persone che non hanno idea di cosa significhi probabilità e tante pronte a spiegare con i complotti cose che non riescono a capire.
 
Per farci gradire da una persona è necessario (ma non sufficiente) che essa percepisca (o che si illuda) che noi la gradiamo.
 
Ognuno vorrebbe (consciamente o inconsciamente) avere un certo dominio su ogni altro, nei limiti del possibile, cioè nei limiti consentiti dall'altro.
 
Si obbedisce per comandare e si comanda per obbedire.
 
Gli altri mi giudicano e mi trattano non solo per come mi comporto verso di loro, ma anche per come mi comporto verso me stesso. Infatti il modo in cui mi comporto verso me stesso può essere più o meno vantaggioso per loro.
 
Essere umili significa ammettere che vi siano disuguaglianze di valore tra gli esseri umani, e di valere meno di altri. Perciò non ha senso qualificare come umile una persona superdotata che nasconde le sue doti dietro una modestia di maniera. In ogni caso l'umiltà è sempre relativa alle persone con cui ci si paragona, nel senso che si può essere umili verso alcuni e allo stesso tempo presuntuosi verso altri.
 
In caso di conflitto non basta voler dialogare, bisogna saperlo fare.
 
A volte parliamo solo per ricordare agli altri che esistiamo.
 
Gli altri ci giudicano (e ci trattano di conseguenza) non per ciò che siamo né per i nostri meriti, ma per quanto ciò che siamo conviene loro, cioè per la misura in cui ciò che pensiamo, diciamo e facciamo è in armonia (o in contrasto) con i loro interessi e le loro visioni del mondo.
 
Quando una persona incontra una o più altre persone, deve scegliere come porsi rispetto ad esse nelle varie gerarchie (intellettuale, morale, tecnica, economica, politica, sportiva, ludica ecc.) riconosciute nella comune comunità.
 
Ci sono individui che, a causa di certe situazioni passate, odiano e/o temono profondamente gli altri in generale, e accettano di interagire con qualcuno solo in caso di bisogno e a condizione che l’altro si sottometta alla sua autorità, ovvero assuma un atteggiamento umile, servile o ossequioso nei propri confronti.
 
Dimmi chi imiti e ti dirò chi sei.
 
Io sono bigamo nel senso che, oltre a mia moglie, ho sposato me stesso.
 
Il benessere dipende dalla qualità delle interazioni.
 
La cultura è contagiosa, nel bene e nel male.
 
Se qualcuno ti offre qualcosa, si aspetta (consciamente o inconsciamente) qualcosa in cambio (da te o da qualcun altro).
 
I mestieri più difficili in assoluto sono nell'ordine il genitore, l'insegnante e lo psicologo.
 
Qualsiasi risorsa materiale o immateriale, mobile o immobile (oggetto, idea, persona, luogo ecc.), può essere usata pro o contro qualcuno, tolta o data a qualcuno, nascosta o condivisa con qualcuno.
 
Per ogni persona che si incontra sarebbe opportuno chiedersi: cosa ci unisce? Cosa ci divide? Cosa ci assimila? Cosa ci differenzia?
 
Quando leggo un post assurdo e pericoloso in un social network sono assalito da un dilemma: ignorarlo o commentare dicendo che si tratta di pericolose assurdità? Il problema è che nel secondo caso l'autore del post mi invita, anzi mi sfida, a confutare logicamente, con argomentazioni razionali, il contenuto del post. Tuttavia so che le mie confutazioni razioni non servirebbero a nulla (se non ad ottenere insulti) dato il bias cognitivo dell'autore del post, che difenderà a spada tratta il suo pensiero senza prendere in considerazione le mie argomentazioni, come mi è capitato centinaia di volte.
 
Ogni volta che qualcuno ci dice, ci mostra o ci fa qualcosa, noi reagiamo in modo più o meno automatico dopo avere valutato (consciamente o inconsciamente) l'autenticità e l'utilità per noi di ciò che ci è stato detto, mostrato o fatto.
 
Non fare al prossimo ciò che non vuole subire, non dargli ciò che non vuole ricevere, non dirgli ciò che non vuole udire.
 
Quando prendere decisioni ed eseguirle sono attuati da persone diverse abbiamo un sistema sociale.
 
Anche l'approvazione o la disapprovazione di qualcosa o di qualcuno possono essere oggetto di approvazione o disapprovazione da parte degli altri. Per questo ci capita di approvare o disapprovare qualcosa o qualcuno per essere approvati. Approvare o disapprovare certe cose o persone sono aspetti importanti di ogni conformismo.
 
Infatti, l'incomprensione di sé è una causa molto importante dell'incomprensione dell'altro. Nascondiamo a noi stessi le nostre carenze e debolezze, cosa che ci rende spietati verso le carenze e le debolezze altrui.
 
La gente ama tanto l’umiltà altrui.
 
Mi sono vergognato di me stesso quando ho capito che la vita è una festa in maschera ed io vi ho partecipato con la mia vera faccia.
 
Ognuno è influenzato dagli altri e li influenza a sua volta in misura più o meno grande. I problemi nascono quando poche persone ne influenzano tante, e quando per una persona il bilancio tra le influenze passive e quelle attive è molto sbilanciato a favore delle prime. E’ ciò che Yuval Harari chiama "irrilevanza" (sociale) dell’individuo. Quanto meno una persona è socialmente rilevante, tanto meno essa è in grado di soddisfare i propri bisogni, dal momento che la soddisfazione di questi dipende dalla reciproca cooperazione.
 
Le persone «autosufficienti» o «autosoddisfacenti» in senso lato, cioè quelle che hanno la capacità di procurarsi piacere e sussistenza da soli, senza l'aiuto o il contributo di altre persone, sono viste come asociali e antipatiche da coloro che non possono fare a meno degli altri per sopravvivere e per soddisfare i propri bisogni e desideri. Tali «autosufficienti» sono una piccola minoranza della gente e non sono nemmeno sicuro che esistano, in quanto penso che nessuno possa essere sempre autosufficiente.
 
Il motivo che ci spinge a trovare difetti negli altri è che, per ogni difetto che troviamo, la nostra posizione nella gerarchia morale migliora rispetto a quelle degli altri.
 
Molte anime nobili amano il prossimo loro soltanto quando è miserabile, ammalato, agonizzante; quando insomma sono sicure della propria superiorità.
 
Pragmatismo in sintesi: Non importa ciò che siamo, ma ciò che facciamo, ovvero come interagiamo col resto del mondo, e come soddisfiamo i bisogni della nostra persona e quelli altrui.
 
Ogni artefatto, atto, gesto o parola può essere un ponte o un muro tra noi e gli altri.
 
Fare qualcosa insieme a qualcuno è più prudente che farla da soli. Infatti nel primo caso si dispone già dell'approvazione implicita di qualcuno.
 
L'intensità del bisogno di imitare un certo modello di comportamento è proporzionale alla quantità di imitatori del modello stesso percepita dal soggetto.
 
Chi disprezza gli altri vive nel continuo timore (conscio o inconscio) di una vendetta da parte dei disprezzati, essendo il disprezzo difficile da nascondere.
 
Ogni tanto abbiamo bisogno di una persona con cui giocare a qualche gioco che ci piace.
 
Non si può costringere nessuno a dialogare, a rispondere alle nostre domande, a comprenderci.
 
Dio ha dato molto all’uomo; ma l’uomo vorrebbe ricevere qualcosa dall’uomo.
 
Ognuno cerca di portare acqua al suo mulino.
 
Siamo continuamente condizionati e influenzati da ciò che vediamo, udiamo e sentiamo, ovvero dall'ambiente esterno e interno in cui viviamo e dalla memoria di quello in cui abbiamo vissuto.
 
Un godimento molto grande si prova nella condivisione: godere insieme di un bel concerto, di una bella opera. La solitudine può depotenziare la qualità estetica dell'emozione. Perché si ha più piacere a vedere un bel film in una sala cinematografica piuttosto che a vederlo da soli alla televisione? È perché c'è comunione: si ride insieme, si piange insieme, ci si emoziona insieme. La condivisione è un presupposto essenziale per la pienezza e il godimento estetici, come lo è per la vita poetica.
 
Far parte di una gerarchia consente di soddisfare sia il bisogno di comandare, sia quello di obbedire.
 
La quantità attrae più della qualità. Infatti, i modelli di comportamento più imitati sono quelli più diffusi, non i più nobili.
 
Noi umani siamo talmente interdipendenti che abbiamo continuamente bisogno di contare sulla cooperazione degli altri a nostro favore. Perciò ogni segnale in tal senso ci rassicura e ci allieta, e ogni segnale contrario ci angoscia e ci rattrista.
 
Quando un essere umano deve decidere se avvicinarsi o allontanarsi rispetto ad un altro, se essere cooperativo, competitivo, o indifferente nei riguardi dell'altro, nella sua mente conscia e inconscia avvengono una quantità di calcoli di convenienza e inconvenienza i cui risultati sono espressi dall'inconscio in termini di sentimenti e di emozioni che si posizionano in un punto del continuum tra odio e amore, posizione che può essere più o meno stabile o variabile, più o meno assertiva o dubitativa.
 
Non solo la maggior parte della gente non mette in discussione il proprio comportamento e non si fa domande sulla propria natura, ma vede con sospetto o ostilità chi fa tali cose.
 
L'offesa percepita, non l'offesa reale o intenzionale, scatena il comportamento aggressivo.
 
I rapporti interpersonali comportano vantaggi e svantaggi, e ognuno vorrebbe avere più vantaggi e meno svantaggi. Il problema è che i vantaggi per alcuni corrispondono a svantaggi per altri, e viceversa.
 
L'inferno sono gli altri.
 
Ogni umano classifica gli altri in amici e nemici, in modo più o meno assoluto e più o meno variabile nel tempo. Le persone più intelligenti sanno che ogni persona può essere al tempo stesso amica e nemica, utile e nociva.
 
Ogni gesto ha una valenza sociale per chi lo compie e per chi lo osserva.
 
Le persone che si sopravvalutano sono insopportabili. Quelle che si sottovalutano sono interessanti come buoni prodotti a buon mercato.
 
Per andare d’accordo con una persona, più che comprendere la sua mentalità e le sue esigenze, può essere necessario nascondere le proprie conoscenze e le proprie ragioni, se l’altro non è in grado di comprenderle né di accettarle.
 
Abbiamo bisogno e paura gli uni degli altri.
 
Servire qualcuno significa soddisfare i suoi bisogni e desideri, i quali, per poter essere soddisfatti, debbono essere conosciuti dal servente.
 
Sbagliare insieme o avere ragione da soli? Questo è il dilemma.
 
Umiltà e tolleranza possono essere deleterie se generalizzate. Bisogna essere umili e tolleranti solo quando è opportuno e con chi è opportuno esserlo. Infatti ci sono persone che non devono essere tollerate e persone di fronte alle quali non bisogna inchinarsi.
 
Le transazioni interpersonali servono a trasmettere beni, servizi e informazioni, piaceri e dolori, a cooperare e a competere, a stabilire condivisioni e non condivisioni, secondo certi modelli culturali.
 
Il problema più importante per un umano è trovare un posto sostenibile nella società, cioè un posto che non richieda troppi sacrifici e troppe frustrazioni, ovvero un posto compatibile con i propri bisogni e con la propria personalità.
 
Per poter dare bisogna prima ricevere, e ognuno dà in base a ciò che ha ricevuto.
 
Domande brevi non retoriche e risposte brevi pertinenti sono il sale di un dialogo, ovvero il nutrimento di una interazione costruttiva.
 
Una persona diventata molto popolare dicendo falsità o agendo in modo immorale dovrebbe essere presa in seria considerazione e studiata come esempio di manipolazione mentale delle masse.
 
Ognuno condivide qualcosa con qualcuno. Io cosa condivido, e con chi?
 
Alla maggior parte degli esseri umani non interessa capire cosa sia il bene comune e come si possa ottenere.
 
Se ciascuno di noi dovesse confessare il proprio desiderio più segreto, quello che ispira tutte le sue azioni e i suoi progetti, direbbe: 'Voglio essere lodato.' Eppure nessuno si indurrà a confessarlo, perché è meno disonorevole confessare un crimine che ammettere una debolezza così pietosa e umiliante, che nasce da un senso di solitudine e di insicurezza, sentimento che affligge sia lo sfortunato che il fortunato, con uguale intensità.
 
I conflitti tra persone o tra gruppi sono conflitti tra diverse idee di comunità: ognuna delle parti in conflitto vorrebbe imporre alle altre la propria idea di comunità, con i suoi principi, le sue forme, i suoi valori, e le sue gerarchie.
 
A volte diamo ordini solo per il piacere di essere obbediti.
 
Collezionare e condividere cose buone, belle e utili è un'ottima soluzione contro l'alienazione e l'isolamento.
 
Quando due persone giocano a tennis (o a qualunque altro gioco), a giocare sono i loro algoritmi comportamentali.
 
La nostra dipendenza dagli altri è molto più profonda e complessa di quella che crediamo di conoscere.
 
Un oggetto, un gesto o un segno diventa sacro o quasi sacro quando viene scelto dalla comunità come uno dei simboli della sua comunione e solidarietà. Può essere una cosa qualsiasi, non deve avere qualità intrinseche particolari, purché sia riconoscibile.
 
Per limitare l'uso della forza è necessario l'uso della forza.
 
Se mi vuoi bene ti voglio bene, se mi vuoi male ti voglio male. Su questa semplice logica si basa gran parte dei rapporti umani.
 
Ognuno racconta i fatti in modo da salvare la propria faccia.
 
L'affinità, la familiarità, la fratellanza, l'amicizia tra due persone consistono in comuni appartenenze. L'amore e la simbiosi tra due persone consistono in appartenenze reciproche, ovvero nel fatto che ciascuno appartiene all'altro.
 
A giudicare dal comportamento della gente in tutto il mondo e in ogni tempo, mi pare che l'uomo abbia un profondo bisogno di superare tutto ciò che si oppone o potrebbe opporsi alla realizzazione dei suoi desideri, e quindi di superare anche gli altri umani in tutte le possibili scale gerarchiche, tra cui quelle della forza, intelligenza, sapienza, ricchezza, potere, bontà, moralità, bellezza, conformità ecc.
 
Leggere un testo incomprensibile per la maggior parte della gente ha il vantaggio di non farti sentire inferiore agli altri che non lo comprendono. D'altra parte, l'illusione di comprendere qualcosa di insensato ha il vantaggio di farti sentire superiore alla maggior parte della gente che non lo comprendono. Perciò molti trovano un senso dove non c'è.
 
I mezzi di comunicazione di massa, e specialmente internet, di gran lunga il più potente, sono immensi spazi popolati da simulacri di esseri umani che si contendono la nostra attenzione, il nostro denaro e/o il nostro sostegno con false promesse di piacere o di sicurezza.
 
Quanto più noi contribuiamo alla soddisfazione dei bisogni altrui, tanto più gli altri, in teoria, dovrebbero essere disposti a contribuire alla soddisfazione dei bisogni nostri. Tuttavia la contabilità dei contributi è sempre soggettiva, e spesso non c'è equilibrio tra il bene fatto e quello ricevuto.
 
Siamo tutti sostituibili, e saremo sostituiti.
 
Ogni essere umano ha bisogno di interagire con un certo numero di altri esseri umani disposti ad interagire con lui secondo certe regole.
 
Questa persona di fronte a me, che tipo di relazione/interazione sta cercando? Con quale tipo di persone? In che misura io appartengo a quel tipo di persone? In che misura io sono disponibile a quel tipo di relazione/interazione?
 
Per piacere ad una persona bisogna integrarsi armoniosamente nella sua visione del mondo.
 
Ciò che conta non è il dono che riceviamo, ma il fatto che qualcuno voglia donarci qualcosa.
 
Siamo tutti influencer, chi più, chi meno.
 
Ci sono persone con cui è inutile discutere, anzi, pericoloso.
 
I rapporti umani sono regolati da algoritmi mentali.
 
Ogni relazione comporta vantaggi e svantaggi per i contraenti. Una relazione è sostenibile finché per ogni contraente i vantaggi (reali o immaginari) superano gli svantaggi (reali o immaginari).
 
Un gruppo sociale può anche essere un sistema di mutuo riconoscimento e di mutua approvazione, riconoscimento e approvazione di cui abbiamo tutti un grande bisogno.
 
Siamo tutti influencer. Ciò che cambia è la quantità e la qualità delle persone che riusciamo a influenzare.
 
Ogni donna, col suo uomo, si comporta da primadonna e rifiuta qualsiasi ruolo secondario. Per questo, per farsi amare da una donna, un uomo deve trattarla come una (anzi, come l'unica) primadonna. Fanno eccezione le prostitute e rare donne "non vincolanti".
 
Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento, nessuno mi guardarebbe, pochi m'osservarebono, da rari sarei ripreso e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l'alma, vago de la coltura de l'ingegno e dedalo circa gli abiti de l'intelletto, ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m'assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti.
 
A mio parere uno dei principali problemi a monte di tutto ciò che funziona male nella società è la nostra incapacità di dialogare costruttivamente. Di questo problema fondamentale mi interessa parlare più che dei vari problemi che da esso derivano.
 
Un insulto definisce chi lo pronuncia e non chi lo riceve.
 
Una cosa (qualsiasi cosa, oggetto, macchina, informazione, idea, persona, meme ecc.) è tanto più importante e valida quanto più è efficace nel facilitare e rendere produttive le interazioni tra le persone che la usano o la condividono, in termini di soddisfazione dei loro bisogni e desideri.
 
A mio parere, la cosa più importante per essere felici, dopo la salute, è la qualità delle proprie relazioni sociali. Una relazione sociale è tanto migliore quanto più ognuna delle parti comprende l'altra, l'accetta così com'è e tende a cooperare con essa.
 
Data l’interdipendenza degli esseri umani, ogni individuo è costantemente preoccupato del grado della sua integrazione sociale, e perciò cerca costantemente di misurarlo. La misura consiste nel riconoscimento e nella valutazione che gli altri gli dimostrano in vari modi, per esempio salutandolo, sorridendogli, accettandolo come collaboratore, come compagno di gioco, come cliente o fornitore di servizi ecc.
 
Siccome per essere felici abbiamo bisogno della cooperazione altrui, quando siamo infelici tendiamo a dare agli altri la colpa del nostro soffrire.
 
Il "mi piace" nei social network risponde ad un bisogno fondamentale dell'uomo, quello di essere gradito ad altri. Vuoi fare felice una persona? Dille che la gradisci, manifestale gratitudine.
 
L'attenzione è la prima cosa che il dominatore esige dal dominato.
 
Chi tace non acconsente né dissente: evita la responsabilità di prendere apertamente una posizione, per diplomazia o insicurezza.
 
Resteresti calmo se qualcuno facesse esplicitamente o implicitamente affermazioni come le seguenti? Io valgo, tu non vali , io merito, tu non meriti, io sono bello, tu brutto, io sono buono, tu cattivo, io sono intelligente, tu stupido, io sono sapiente, tu ignorante, io sono forte, tu debole, io sono potente, tu impotente, io possiedo, tu non possiedi, io sono capace, tu no, ecc. Probabilmente saresti preso dalla rabbia e faresti il gioco del tuo detrattore. Se invece riuscissi a restare calmo e ci ridessi sopra dimostreresti di essergli superiore.
 
Una delle cose più irritanti, indisponenti e insopportabili per un essere umano è la percezione che qualcuno si ritenga superiore a lui. Questo fatto è causa di almeno tre inconvenienti: il primo è che chi vuole insegnare qualcosa agli altri deve fingere di non essere superiore a loro sebbene lo sia almeno nella materia d'insegnamento, altrimenti non avrebbe nulla da insegnare loro; il secondo è che l'uomo non impara nulla da coloro che non nascondono la propria superiorità, restando così ignoranti; il terzo è che l'uomo non cerca di superare se stesso perché se lo facesse supererebbe anche qualcun altro, e questo guasterebbe i suoi rapporti con le persone superate.
 
Il disaccordo tra due persone non dipende quasi mai da errori di logica o contraddizioni nelle argomentazioni di una delle parti o di entrambe, ma da differenze nei punti di vista, ovvero sentimenti, valori, presupposti, definizioni e paradigmi cognitivi rispetto ai quali vengono sviluppati i ragionamenti. Pertanto si può ben dire che ognuno ha ragione dal suo punto di vista.
 
Continuo a fabbricare monete fuori corso.
 
Io ho bisogno degli altri, ma gli altri non hanno bisogno di me. Questa è la tragedia dell'umanità.
 
Non voler offendere nessuno, non voler nuocere a nessuno può indicare sia una mentalità giusta, sia una mentalità pavida.
 
La gente non ama chi non teme la sua disapprovazione.
 
Un individuo A accetta di cooperare con un individuo B solo se B soddisfa certi requisiti stabiliti da A.
 
Interagire con gli altri è come un gioco di bambini. Si sceglie un gioco che tutti i giocatori conoscono e a cui hanno voglia di giocare, e si rispettano le relative regole, pena la "squalificazione".
 
In ogni gesto, in ogni azione, in ogni espressione umana è implicito il messaggio "io appartengo a ...".
 
Per andare d'accordo con certe persone bisogna fingere di essere stupidi e/o ignoranti.
 
Essere apprezzati è più importante che essere geniali. Per questo in giro ci sono pochi geni.
 
Per essere simpatici bisogna avere il coraggio di mostrare le proprie fragilità, non indossare corazze e non mostrare risentimento per chi è più forte.
 
Abbiano bisogno di Influencer che fungano da modelli etici e intellettuali per il progresso civile. Gli influencer attuali sono solo modelli di mode esteriori, che non richiedono alcun impegno, né materiale, né mentale, né verso gli altri, né verso se stessi. Servono solo a ridurre la paura di sentirsi diversi, anormali.
 
Un quartiere dove non ci sono bambini che giocano tra di loro è un quartiere morto.
 
Ciò che ogni umano vuole sapere di ogni altro è: come si pone rispetto a me? (Superiore, uguale o inferiore?) Come mi giudica? Che sentimenti prova verso di me? Cosa si aspetta da me? Cosa cerca da me? Cosa è disposto a darmi? Che intenzioni ha nei miei confronti? Come potrei essergli utile? Che male potrei fargli? Se non possiamo avere una risposta esplicita a queste domande, risponderemo ad esse noi stessi, intuitivamente e inconsciamente, e agiremo di conseguenza.
 
Cosa dire, cosa non dire, come dirlo, come non dirlo, cosa fare, cosa non fare, come farlo, come non farlo, come presentarsi, come non presentarsi: sono domande che il nostro inconscio si pone quando interagiamo con altre persone.
 
Il motivo per cui chi mostra le proprie inferiorità ci è simpatico e chi mostra le proprie superiorità antipatico, è che la superiorità degli altri ci inquieta, così come la loro inferiorità ci rassicura.
 
In certi momenti saper tacere è più importante che saper parlare.
 
Le cose più importanti per un essere umano sono i modi in cui si comporta verso gli altri e i modi in cui gli altri si comportano verso di lui, modi che si influenzano reciprocamente.
 
Quando diciamo «gli altri» ci riferiamo a una cosa che George Herbert Mead ha chiamato «l'Altro generalizzato».
 
Ci sono due modi per indurre qualcuno a fare ciò che desideriamo: (1) con la violenza; (2) con promesse o minacce di vantaggi o svantaggi, piaceri, o dolori.
 
Ognuno vorrebbe essere (più) importante per gli altri.
 
Abbiamo tutti bisogno di compagnia, ma siamo diversamente selettivi a tale riguardo.
 
Adeguati al tono della compagnia in cui sei.
 
Ogni incontro tra umani può avere effetti più o meno prevedibili o imprevedibili, favorevoli o sfavorevoli, gradevoli o sgradevoli per ognuna delle parti. Chi è abituato a incontri insoddisfacenti e/o sgradevoli si trova normalmente in uno stato di ansia sociale più o meno intensa, dato che, a causa della nostra interdipendenza, non possiamo fare a meno di incontrare qualcuno quasi ogni giorno.
 
Nessuno ha il diritto di non essere offeso. Questo diritto non esiste in nessuna dichiarazione che io abbia mai letto. Se ti senti offeso è un tuo problema, e francamente molte cose offendono molte persone.
 
Siamo schiavi e padroni allo stesso tempo. Cerchiamo dunque di essere buoni schiavi e buoni padroni.
 
Le miserie della nostra società non sono il risultato della lotta tra il bene e il male (vinta dal male), ma di lotte tra stupidità e intelligenze, tra diverse stupidità, tra diverse intelligenze e tra diversi egoismi. In questo quadro si formano alleanze e cooperazioni a fini competitivi. Una cooperazione senza fini competitivi è rara e perciò nobile.
 
L'antipatia tra due persone è normalmente reciproca, e ognuno attribuisce la causa di essa al comportamento dell'altro, ovvero all'antipatia che l'altro gli dimostra.
 
Il modo più sicuro per evitare di dire cose sciocche, sbagliate o inopportune è tacere.
 
Ogni azione umana, ogni gesto può essere visto (dal soggetto e dagli altri) come atto rituale carico di significati e di una certa valenza sociale.
 
Ciò che facciamo agli altri influenza ciò che gli altri fanno a noi, ma in modi diversi da persona a persona. Perciò è importante scegliere opportunamente le persone con cui interagire e i modi in cui farlo.
 
Qualsiasi espressione umana, qualunque messaggio può essere interpretato in modi diversi dal ricevente. Per esempio, come un apprezzamento, un disprezzo, un'accusa, un rimprovero, una derisione, una minaccia, una promessa, una deferenza, una richiesta, una dichiarazione di amicizia o di inimicizia, di fratellanza, di estraneità, di indifferernza, di attrazione, di repulsione, di simpatia, di antipatia ecc.
 
Ogni messaggio che riceviamo può essere parzialmente o totalmente falso e avere motivazioni nascoste a favore di chi lo emette e a nostro sfavore. Non ci possiamo fidare totalmente di nessuno, nemmeno di noi stessi.
 
Quando un umano non è occupato a fare ciò che è obbligato a fare dalla natura o dalla società, esso è occupato a interagire con altri umani o a prepararsi per le future interazioni con altri umani. Infatti il bisogno pià importante di ogni umano, dopo i bisogni fisici, è quello di interazione sociale.
 
Violenza: comportarsi con una persona, al di fuori di regole convenute con essa.
 
Ognuno sente il bisogno di imitare certi modelli di comportamento, e quanto meglio ci riesce, tanto più è felice.
 
Ogni espressione umana diretta verso altri umani costituisce una promessa di piacere o di dolore, di soddisfazione o di frustrazione di qualche bisogno, di prestazione di un serviziodi una punizione ecc. La promessa è sempre condizionata ad una certa risposta, che può essere un avvicinamento, un allontanamento, un acquisto, una vendita, un dare, un ricevere, un prendere, un legare, uno sciogliere, un credere, un negare, un pagare, un accogliere, un proteggere, un difendere, un partecipare ecc.
 
Le parole gentili non costano nulla. Tuttavia ottengono molto.
 
Le persone più imitate sono quelle più visibili, cioè quelle viste dal maggior numero di persone.
 
Per far parte di una comunità bisogna eseguire i suoi riti anche se non significano nulla.
 
Alla fine conta ciò che ho ricevuto e ciò che ho dato, ciò che ho preso e ciò che altri hanno preso da me.
 
Ogni essere umano desidera essere accettato e amato dagli "altri". Ma chi sono gli altri? Gli altri sono diversi per ciascuno di noi, e sono molto diversi tra loro (e rispetto a noi) per carattere, temperamento, capacità cognitive, emotive e fisiche, interessi economici e culturali, orientamenti morali ecc. Di conseguenza non possiamo essere accettati e amati che da poche persone, le quali possono essere disperse nel mondo e lontane da noi. Potremmo non incontrarle mai.
 
Non vivere per gli altri più di quanto ti aspetti che gli altri vivano per te.
 
Le interazioni dipendono dalle relazioni e le relazioni dipendono dalle interazioni.
 
Noi siamo come ci vogliono gli altri. Il problema è: quali altri? Infatti gli altri non sono tutti uguali: alcuni ci vogliono in un certo modo e altri in certi altri modi. Dobbiamo dunque scegliere chi contentare e chi scontentare. Ma non possiamo essere come nessuno ci vuole. Ne va della nostra sopravvivenza e della nostra felicità.
 
"Chi non è con me è contro di me." (Matteo 12,30). Difficile trovare un'affermazione più dannosa per le menti degli esseri umani e per la pacifica convivenza tra persone di vedute diverse. Questa logica è causa di schizofrenia, guerre, e dell'inibizione dell'empatia nei confronti di coloro che hanno una mentalità diversa dalla propria.
 
A nessuno interessano i pensieri, progetti, bisogni, desideri, sentimenti, ragionamenti di un altro, a meno che essi non siano favorevoli ai propri o costituiscano una minaccia rispetto ad essi.
 
Pensare in termini relazionali (cioè non ontologici) significa chiedersi, per qualsiasi ente (persona o cosa): che rapporto c'è tra questo ente e me? Che rapporto c'è tra questo ente e il resto del mondo?
 
L'idea che nessuno abbia bisogno di noi ci spaventa. E l'idea opposta ci rassicura e ci gratifica.
 
I modelli socioculturali sono modelli di interazione.
 
Questionario sulle interazioni: con chi/cosa ho interagito, sto interagendo, voglio interagire, in che tipo di interazione, in quali ruoli, a quali scopi?
 
I verbi fondamentali nelle interazioni umane sono i seguenti: chiedere, comandare, obbedire, ricevere, ottenere, prendere, offrire, concedere, donare, rifiutare, accettare, scegliere, osteggiare, punire, cooperare, competere, imitare.
 
Tutte le espressioni culturali (come ad esempio gli articoli dei giornali o le pagine del web) costruiscono proposte di condivisione di cognizioni utilizzabili come mezzi di socializzazione.
 
Nulla è più contagioso che l'esempio.
 
Il fine della filosofia e della psicologia dovrebbe essere innanzitutto quello di aiutarci a migliorare i nostri rapporti con gli altri nel senso della maggiore soddisfazione possibile dei bisogni delle persone coinvolte.
 
Ogni umano viene giudicato (e trattato di conseguenza dagli altri) per come si presenta, per ciò che fa, per ciò che non fa, per ciò che dice e per ciò che non dice.
 
Gli umani si dividono in tre categorie: gli sfruttatori, gli sfruttati e quelli che non appartengono ad alcuna delle due categorie precedenti, né si immischiano nei loro affari. Ogni umano appartiene a tutte e tre le categorie allo stesso tempo o in momenti diversi.
 
A volte, dietro la paura di offendere si nasconde la paura della reazione aggressiva dell'offeso, e dietro la gentilezza si nasconde la speranza che essa venga ricambiata.
 
Ogni umano ha bisogno di piacere ad altri, se non può ottenere coercitivamente la cooperazione altrui.
 
Se è vero che abbiamo un assoluto bisogno di interagire con altri umani, siamo motivati a fare qualunque cosa favorisca direttamente o indirettamente tale interazione, e ad evitare di fare qualunque cosa la ostacoli direttamente o indirettamente.
 
Noi rinunciamo a tre quarti di noi stessi per essere come gli altri.
 
Quando un umano non ha accesso a media (come Internet, giornali, libri, TV, radio ecc) è costretto a interagire con altri umani o con la propria memoria e i propri pensieri. Queste interazioni sociali, e queste informazioni interiori, se non mediate da media comuni, possono essere per lui angoscianti.
 
Ci sono fenomeni sociali per capire i quali è necessario un certo grado di intelligenza e di cultura. Ma se diciamo a una persona che non è abbastanza intelligente e/o colta per capire certi fenomeni, questa si offende. Così, per non offendere nessuno, lasciamo che ognuno si illuda di poter capire tutto ciò che capiscono gli altri per quanto riguarda i rapporti interpersonali.
 
Ogni interazione umana è come un esame, e chi è impreparato rischia di prendere brutti voti.
 
T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.
 
A mio parere, per essere felici è necessaria, oltre la soddisfazione dei bisogni fisici, l'interazione con un certo numero di persone a noi congeniali. Per questo è necessario "avere" certe risorse materiali, economiche, fisiche, intellettuali ed emotive. A tal fine occorre appartenere a certe comunità, cioè "essere" certe persone, requisito che, a sua volta, implica certe interazioni. "Interagire" è dunque l'obiettivo finale (ma, anche quello iniziale) di una vita felice. "Avere" ed "essere" sono infatti obiettivi intermedi, cioè mezzi e strumenti, per raggiungere il vero fine, che è, appunto, l'interazione sociale. Auguriamoci dunque "buone interazioni!".
 
Un rito consiste in una cerimonia di imitazione, di ripetizione di gesti prestabiliti da parte di un gruppo in cui ognuno recita la parte a lui assegnata. Si tratta di una imitazione collettiva in cui al tempo stesso vengono imitati (cioè riprodotti) gesti del passato e del presente, e gli imitatori vengono a loro volta imitati come in un gioco di specchi che si riflettono all'infinito. Un gioco in cui vince chi fa la migliore imitazione, la più autentica, la più fedele.
 
Per non mettere in difficoltà il nostro interlocutore ed evitare di essere considerati arroganti, conviene nascondere le parti migliori di noi stessi, le nostre conoscenze, i nostri giudizi, le nostre opinioni, i nostri principi morali, le nostre differenze, le nostre abilità, le nostre superiorità e mostrare di noi solo ciò che l'altro può tollerare ed è in grado di apprezzare.
 
Gli altri desiderano o si aspettano qualcosa da noi, e noi decidiamo chi contentare (o scontentare) e in quale misura. D'altra parte gli altri decidono se e in quale misura contentarci.
 
Se A disprezza B, A si aspetta (consciamente e inconsciamente) che, a sua volta, B lo disprezzi. Tale aspettativa rafforza il disprezzo di A per B e innesca in A il timore di una ritorsione di B nei suoi confronti.
 
Per piacere a una persona devi approvarla, aiutarla, compiacerla, amarla, o affascinarla.
 
Il fatto che una certa cosa mi lasci indifferente, mi annoi o mi piaccia può rendermi biasimabile o lodabile da certe persone. Perciò il fatto che una certa cosa mi lasci indifferente, mi annoi o mi piaccia può essere dovuto al mio bisogno di essere lodato e non biasimato da certe persone.
 
Il mio benessere dipende dalla qualità delle mie interazioni con le persone e le cose con cui interagisco.
 
È difficile fare i conti con chi ricorda bene le transazioni a favore degli altri e meno bene quelle a proprio favore.
 
Se troviamo in un gruppo un modello culturale di comportamento improntato ad autoaffermazione, si può sviluppare una situazione competitiva in cui l'autoaffermazione porta a maggiore autoaffermazione, e così via. Questo tipo di cambiamento progressivo possiamo chiamarlo schismogenesi simmetrica.
 
Ogni umano dà cose agli altri e prende cose dagli altri, secondo i propri bisogni, i propri interessi e le proprie paure.
 
Il comportamento esteriore degli uomini è così equivoco che basta mostrarsi come si è per vivere completamente occultati e sconosciuti.
 
Offendere un insieme (gruppo, organizzazione, comunità, chiesa, stato ecc.) a cui un individuo sente di appartenere equivale a offendere l'individuo stesso.
 
Nel rapporto tra due umani, ognuno di essi dovrebbe chiedersi: che cosa il mio interlocutore gradirebbe che io gli dicessi o gli facessi? E che cosa io gradirei che il mio interlocutore mi dicesse o mi facesse?
 
Non dovremmo mai dimenticare che siamo interdipendenti, cioè che ognuno ha bisogno di qualcuno.
 
Ciò che una persona desidera sapere di te è cosa gli offrì e cosa gli chiedi.
 
Noi tendiamo ad odiare le persone odiate da chi ci è simpatico.
 
Ciò che più conta nel rapporto tra due persone A e B è il posto di B nella visione del mondo di A, e il posto di A nella visione del mondo di B.
 
L'uomo ha bisogno di modelli da seguire e di autorità a cui sottomettersi, senza i quali non saprebbe comme cooperare con i suoi simili. La creatività consiste nella capacità di creare nuovi modelli e nuovi principi di autorità, o di modificare in misura più o meno grande i modelli e i principi precedenti. La libertà non è creativa in sé, ma è necessaria per permettere i cambiamenti, come difesa contro il conservatorismo.
 
The eyes of others our prisons; their thoughts our cages.
 
Chi sono i miei “altri”? Cosa pensano di me? Cosa vogliono da me? Cosa penso di loro? Cosa voglio da loro?
 
Quando ci chiediamo se ci conviene fare o non fare una certa cosa non dobbiamo pensare solo al risultato pratico immediato dell'eventuale azione, ma anche al modo in cui essa potrà essere considerata dagli altri. Perché possiamo essere giudicati e valutati per tutto ciò che facciamo, oltre che per ciò che non vogliamo o non sappiamo fare.
 
Molte interazioni sociali servono solo allo scambio di una reciproca approvazione, affinché gli interessati possano placare le loro paure inconsce dell'isolamento sociale.
 
Voglio essere riconosciuto per ciò che sono. Se sono un genio, mi si dica che sono un genio, se sono un verme, mi si dica che sono un verme, se sono mediocre, mi si dica che sono mediocre.
 
Condividere significa trasformare il mio in nostro.
 
Proclamare con fierezza una propria diversità implica una superiorità, una ribellione, una indipendenza, una libertà o una repulsione. Perciò può essere percepito come atto ostile o sfida competitiva.
 
Ogni umano può essere utile o dannoso per ogni altro umano. Perciò nessuno di noi può stare tranquillo.
 
Cosa possiamo condividere con gli altri? Tanto più i nostri interessi sono elevati, profondi e originali, tanto meno essi sono condivisibili, ovvero più rare sono le persone con cui una condivisione è possibile.
 
Quando non si riesce ad avere buone relazioni reali, ci si accontenta di buone relazioni virtuali o immaginarie, come quelle offerte dalla letteratura e da internet.
 
Ogni umano ha bisogno di "giocare" con altri umani. Si tratta di stabilire a quali giochi (con quali regole e libertà) e con chi.
 
Il sesto senso è l'interpretazione inconscia dei sentimenti altrui fornita dai neuroni specchio.
 
Gli esseri umani si imitano a vicenda involontariamente, automaticamente e inconsapevolmente. Questo è generalmente utile (infatti è una caratteristica genetica) ma può essere disastroso in una società malata.
 
Per essere amati e rispettati bisogna fare qualcosa per meritarlo, fare in modo che l'altro ci ami e ci rispetti, indurlo ad amarci e rispettarci, influenzarlo in tal senso. Amore e rispetto non sono gratuiti né incondizionati.
 
Ogni nostro atto può farci acquisire crediti o debiti, apprezzamento o disprezzo, simpatia o antipatia agli occhi di qualcuno.
 
È impossibile non dipendere da qualche persona o gruppo. Semmai possiamo scegliere da chi dipendere.
 
Incontrare una persona è come presentarsi ad un esame. Bisogna essere preparati per evitare bocciature e punizioni. Bisogna saper rispondere come si deve alle domande che l'altro potrebbe farci. Tuttavia anche l'altro rischia a sua volta di essere bocciato e punito da noi se risponde in modo sbagliato alle nostre domande.
 
Quando sento parlare di umiltà come valore divento nervoso, ho la sensazione che qualcuno mi voglia imbrogliare, che mi voglia indurre ad essere umile per non far emergere le mie doti o la sua inferiorità. I grandi uomini non sono umili, anche se spesso fingono di esserlo per ottenere consensi.
 
La mia più o meno grande felicità (o infelicità) dipende dalla qualità delle mie relazioni col resto del mondo e in particolare con l'ambiente (sociale e naturale) in cui vivo. Per migliorare tali relazioni ci sono tre possibilità (non mutuamente esclusive): (1) migliorare la mia costituzione (cioè la mia mente e il mio corpo fisico), (2) migliorare quella di certe parti dell'ambiente (persone o cose) o (3) migrare in un altro ambiente più adatto a me.
 
La regola d'oro delle buone maniere è fingere di essere uguali o inferiori.
 
Per capire le interazioni sociali dovremmo immaginare di essere extraterrestri che osservano gli umani mentre interagiscono in vari modi, e cercare spiegazioni nei testi delle diverse psicologie.
 
Dire seriamente a qualcuno "stai dicendo cazzate" è offensivo in quanto umiliante. Infatti, sebbene molti considerano l'umiltà una virtù, nessuno tollera di essere umiliato da qualcun altro.
 
Una grande emozione positiva è conseguenza di una grande socializzazione.
 
Chi non riesce a interagire realmente come vorrebbe immagina di farlo. L'uomo è forse l'unico animale capace di immaginare, ovvero di vivere una realtà virtuale e di trarne, almeno in parte, soddisfazione.
 
Immaginate che ogni persona, compresi voi stessi, porti un cartello in cui è scritto che essa interagisce solo con certe persone e solo in certi modi.
 
Dai leoni non è difficilissimo guardarsi, per noi, poveri uomini, ma dalle volpi amene occorre prendere prontamente le distanze, con quell'onestà decorosa che giova al buon cittadino.
 
Una festa, oltre che costituire un rito di comune appartenenza ad una certa comunità, è un'occasione programmata che permette ad una grande quantità di persone di incontrarsi tutte insieme, simultaneamente. Da questo tipo di incontro di gruppo possono scaturire nuovi rapporti sociali, nuove amicizie e nuove relazioni amorose, possibilità che rende le feste generalmente gradite e desiderabili.
 
Possiamo essere socialmente liberi solo nella solitudine. Perciò la libertà sociale ci fa paura e ci fa stare male, sia la nostra che quella altrui.
 
Sei amato da una persona nella misura in cui sei (o le fai credere di essere) ciò che essa desidera che tu sia, pensi (o le fai credere di pensare) ciò che essa desidera che tu pensi, senti (o le fai credere di sentire) ciò che essa desidera che tu senta, vuoi (o le fai credere di volere) ciò che essa desidera che tu voglia, e fai (o le fai credere di fare) ciò che essa desidera che tu faccia.
 
Ogni essere umano è effettivamente o potenzialmente in relazione con ogni altro secondo regole d'interazione più o meno condivise.
 
Per appartenere ad una certa comunità, una persona deve fare ciò che quella comunità si aspetta da un membro nel ruolo e nella posizione che la persona ha o desidera avere nella comunità stessa. In altre parole, per appartenere ad una comunità è necessario servirla, ovvero esserle utile. Non si può appartenere parassiticamente.
 
Quando le risorse alimentari non bastano per tutti, occorre limitare la popolazione. Questo si può fare mediante politiche demografiche (democratiche o dittatoriali) oppure guerre di sterminio. A noi la scelta.
 
La probabilità di incontrare persone molto diverse da quelle che hai già incontrato in passato è quasi nulla. Ti conviene perciò trovare un modo accettabile di convivere e di interagire con le persone che sei abituato a incontrare.
 
A causa della sempre maggiore libertà di pensiero e di comportamento, e della conseguente diversificazione sociale, è sempre meno probabile che due persone siano tra loro compatibili. Di conseguenza la solitudine è sempre più diffusa.
 
Per convivere pacificamente con gli altri non bisogna mostrarsi più intelligenti né più morali di loro.
 
È ingenuo pensare che per ottenere carezze e riconoscimenti occorra essere bravi e diligenti. Quello che conta, invece, è soddisfare i bisogni e i desideri degli altri, i quali sono spesso infastiditi dal fatto che uno sia più bravo e diligente di loro.
 
Gli ignoranti, specialmente se dispongono di libertà e di mezzi economici, vincono politicamente sui sapienti perché i primi sono uniti dalle loro comuni ignoranze e falsità, mentre i secondi sono divisi dalle differenze dei loro saperi. Perciò non è sempre positivo il fatto che in una società vi siano tante visioni e cognizioni del mondo e della natura umana non condivise.
 
I luoghi comuni sono importanti. Senza di essi non potremmo comprenderci né incontrarci.
 
Una certa cosa che mi piace a qualcuno dispiace. Una certa altra cosa che mi dispiace a qualcuno piace. Queste discordanze rendono difficile e dolorosa la vita umana.
 
Non c'è rispetto per gli altri senza umiltà in se stessi.
 
Per imparare qualcosa da una discussione dovremmo salire di livello, passare dalla discussione alla metadiscussione, cioè discutere sul nostro modo discutere. Ma questo richiederebbe un approccio sistemico e psicologico autocritico, che per i più è impossibile. Nel frattempo continuiamo a discutere non per imparare o per costruire un movimento collettivo, ma per competere e/o per socializzare.
 
Capire quando e cosa è bene tacere è più importante che saper parlare bene.
 
Chi non vede i difetti altrui non vede nemmeno i propri.
 
Affinché due persone possano essere amiche, esse devono appartenere ad una stessa classe di esseri umani.
 
Cosa vogliono gli altri da noi? Che siamo loro utili.
 
Dobbiamo ammettere di aver paura di dispiacere agli altri.
 
Ogni umano ha un bisogno irrefrenabile di interagire con altri umani. Quando non riesce a farlo realmente, lo fa con l'immaginazione.
 
Un amico è una persona con cui puoi essere completamente sincero, con cui non devi nascondere o fingere nulla. Con cui puoi essere totalmente te stesso senza paura di offendere o di essere offeso.
 
La mamma è sempre una santa, anche per i figli di puttana.
 
Per avere un buon rapporto con una persona, è necessario evitare di dire o fare cose che possono farla sentire svalutata.
 
Molto spesso si discute non per conoscere o apprendere, ma per celebrare un piacevole e rassicurante rito di appartenenza sociale. In tal caso le domande sono quasi del tutto assenti (mentre abbondano le risposte a domande che nessuno si cura di fare, illudendosi di conoscere già le risposte). Insomma, tanti punti esclamativi e pochi interrogativi.
 
Quando siamo soli e liberi da impegni e da preoccupazioni, ci prepariamo, consciamente o inconsciamente, alle prossime interazioni con gli altri, in quanto facciamo o cerchiamo cose di cui potremmo parlare con gli altri, che potremmo mostrare agli altri o che potremmo condividere con altri.
 
È difficile esprimere una opinione senza offendere qualcuno (presente o assente). E se nessuno si offende si tratta di una opinione banale.
 
Le interazioni tra persone sono determinate dai rispettivi software.
 
Ogni tanto abbiano bisogno di sentirci in pace col mondo e con la società, e per questo abbiamo bisogno di sentirci uguali agli altri e di ricevere conferme che anche gli altri si sentano uguali a noi. Perciò ci piace celebrare rituali di comunione religiosi e civili, sacri e profani, formali e informali, pianificati e spontanei, in forma di feste, cerimonie, raduni, convegni ecc. Sono momenti di illusione collettiva di breve durata, dopo i quali tornano a imperare le differenze, le gerarchie, i privilegi, le esclusioni.
 
Quando vediamo una persona sconosciuta ci chiediamo (consciamente o inconsciamente): cosa abbiamo in comune? Come potremmo cooperare? Cosa mi potrebbe offrire? Cosa le potrei offrire? Di cosa potremmo parlare? Come potremmo interagire? Quanto siamo compatibili? In cosa siamo incompatibili?
 
Il mondo è un insieme di relazioni tra esseri di vario tipo. Io sono uno di questi esseri, con le mie relazioni verso altre persone e cose, e le relazioni tra gli organi che mi compongono.
 
Certi dialoghi sono come muri dove ognuno incolla i suoi manifesti coprendo quelli dell'interlocutore.
 
Piangere insieme, condividere un lutto è un importante fattore di coesione sociale nelle sciagure. Per questo le cerimonie funebri sono importanti, non per i morti, ma per i vivi.
 
L'autocelebrazione di una comunità deve avere un costo non trascurabile in attività, rituali, simboli, simulacri, gadget ecc., altrimenti non sarebbe una cosa seria, non avrebbe un valore significativo (come tutto ciò che è gratuito), e quindi non funzionerebbe come fattore psicologico di coesione sociale.
 
C'è pace quando c'è accordo, guerra quando c'è disaccordo, sui rispettivi ruoli sociali e le rispettive posizioni gerarchiche.
 
La cosiddetta buona società ci obbliga a mostrare una pazienza sconfinata verso la stoltezza, la follia, la stravaganza e l’ottusità; i meriti personali per contro debbono chiedere perdono, oppure nascondersi, dal momento che la superiorità intellettuale ferisce per il semplice fatto di esistere, senza che la volontà vi aggiunga nulla. La società chiamata buona ci obbliga, per armonizzarci con gli altri, a impicciolire o addirittura a deformare noi stessi. In tale società noi dobbiamo quindi rinnegare dolorosamente noi stessi e abbandonare i tre quarti di noi, per renderci simili agli altri.
 
Quando non ci si cura più dell'apprezzamento da parte degli altri, ogni comportamento è possibile, senza alcun freno morale.
 
Abbiamo un tale bisogno di interagire con altri esseri umani che se non riusciamo a farlo nella realtà lo facciamo con l'immaginazione.
 
Siamo tutti servi e padroni, sia perché ognuno deve rispondere ad altri del proprio operato, sia perché nell'interazione tra due persone ognuna fa richieste all'altra e risponde a quelle altrui, cioè ognuna dà e riceve qualcosa. Nel dare siamo servi (perché serviamo l'altro), nel ricevere padroni (perché ci serviamo dell'altro).
 
Gli umani litigano spesso sulle idee e le procedure (consce o inconsce) che dovrebbero regolare le loro interazioni. Infatti ognuno tende a interpretare le idee e le procedure a proprio favore.
 
Io e gli altri, ciascuno con i suoi algoritmi. Siamo tutti portatori di algoritmi che regolano il nostro comportamento e interagiscono anche a nostra insaputa.
 
Una delle tragedie dell'umanità è il fatto che spesso la gioia di uno comporta la tristezza di altri. Infatti, per uno che vince, altri perdono.
 
Io faccio cose che molti non fanno. Molti fanno cose che io non faccio. E ci sono cose che sia io che altri facciamo. Con gli altri conviene parlare solo di queste ultime cose.
 
Occorre sbarazzarsi del cattivo gusto di voler andare d'accordo con tutti.
 
Molte discussioni sono gare a cui la sa più lunga, ovvero a chi è più meritevole di onori e di autorità.
 
Smettere di dare è come togliere.
 
Comportamento e motivazioni sono rispettivamente l'esterno e l'interno di un umano. Il comportamento proprio e quello altrui è conseguenza e causa delle motivazioni delle persone in gioco. Il comportamento è oggettivo, misurabile e registrabile, le sue motivazioni sono invece misteriose, soggettive, immaginabili e deducibili solo intuitivamente, con tutti gli errori di cui l'intuizione e l'immaginazione sono capaci. Tuttavia non possiamo fare a meno di interessarci delle motivazioni, perché sono il principio della vita, padrone e arbitre del nostro volere e dei nostri sentimenti, dispensatrici di piaceri e dolori.
 
Ogni essere umano ha un profondo bisogno di appartenere, ovvero di partecipare attivamente, ad almeno una comunità a lui congeniale, non importa quanto grande. Per “partecipare attivamente” intendo essere coinvolti in interazioni cooperative frequenti con altri membri della stessa comunità, secondo le regole, i rituali, i principi e i valori morali e intellettuali della comunità stessa.
 
Radio, televisione e giornali ci manipolano perché decidono cosa udiamo, vediamo e leggiamo, ci addestrano alla passività sensoriale e culturale, ci guidano e orientano, ci danno una visione della realtà semplicistica, riduttiva e tendenziosa e godono di prestigio, autorità e credibilità pari alla dimensioni delle loro audience.Non ho citato il web perché è uno strumento attivo, che ci costringe a scegliere cosa vogliamo leggere, udire, vedere. Anche se gli irriducibili trovano il modo di usarlo passivamente e, una volta scelto il canale, si prendono ciò che passa il convento.
 
L'empatia è inversamente proporzionale alla distanza nello spazio e nel tempo rispetto all'altro.
 
Cosa penso degli altri? Cosa pensano gli altri di me? Le risposte a queste domande si influenzano reciprocamente.
 
Preferisco incantare piuttosto che essere incantato.
 
Quando si è giovani si cerca un riconoscimento dai propri genitori, quando si è anziani si cerca un riconoscimento dai propri figli.
 
In passato quasi tutte le donne pensavano che fosse meglio essere serve di un uomo che restare nubili. Oggi molte donne non la pensano così, e non tutti gli uomini lo hanno capito.
 
Immagina di trovarti davanti a tutti gli altri umani, e di dichiarare pubblicamente con chi e in quali modi sei disposto a interagire, e con chi e in quali modi non sei disposto a farlo.
 
A mio parere, le interazioni sociali sono animate da due motivazioni fondamentali: cooperazione e competizione. Esse possono essere più o meno consce o inconsce e di intensità variabile. A volte prevale la prima, altre volte la seconda. Nella nostra società la prima è normalmente esaltata e palese, la seconda censurata, nascosta o mascherata. La prima può essere del tutto assente, la seconda quasi mai.
 
Ciò che segretamente ogni umano desidera è avere potere, dominio, controllo, influenza sugli altri.
 
Quando due individui s'incontrano, gli algoritmi (consci e inconsci) di entrambi cercano di determinare le possibili relazioni e interazioni tra loro, ciascuno secondo i propri schemi predefiniti, cioè secondo la propria mappa cognitivo-emotivo-motiva.
 
Chi considera sacra una certa cosa e investe la propria esistenza e i propri rapporti sociali sulla base di quella sacralità, si sente offeso, ovvero aggredito, da chi afferma che quella cosa è falsa, non ha alcun valore, non ha alcuna importanza o è nociva, e reagisce di conseguenza, come si reagisce quando si subisce un'aggressione, o quando viene messa in pericolo la propria esistenza.
 
Ogni appartenenza ha un prezzo e una scadenza. Un'appartenenza va continuamente rinnovata mediante la partecipazione a rituali collettivi e solitari, particolari abbigliamenti, arredamenti, pratiche, frequentazioni di luoghi, spettacoli e argomenti di conversazione.
 
Siamo tutti condizionati dagli “altri”, ma ognuno ha i suoi “altri”.
 
Quando l'intolleranza è reciproca, la guerra è inevitabile.
 
Ognuno, per ogni altro, può essere utile, dannoso, gradevole, sgradevole, indifferente ecc.
 
Tutto ciò che facciamo e diciamo, non facciamo e non diciamo, parla di noi e ci qualifica agli occhi altrui.
 
Un essere umano socialmente isolato è debole, irrilevante e insignificante. Solo in quanto membro di una comunità l'uomo diventa importante, significativo e potente.
 
Non fare ad altri ciò che ti renderebbe antipatico ai loro occhi.
Non fare ad altri ciò che non possono capire.
Non fare ad altri ciò che non ti hanno chiesto di fare.
Non fare ad altri ciò che non possono sopportare.
 
Data la nostra interdipendenza, ognuno di noi vorrebbe influenzare a proprio favore i sentimenti, i pensieri e i comportamenti altrui, con qualsiasi mezzo a propria disposizione.
 
Ognuno ha i propri altri.
 
Più una persona la pensa come me, più mi piace.
 
Cosa faccio per gli altri? Cosa fanno gli altri per me?
 
Siamo conformisti al punto tale che se vogliamo differenziarci dobbiamo farlo secondo comuni modelli di differenziazione.
 
Ogni essere umano ha bisogno di celebrare periodicamente rituali di condivisione con altri umani. Non importa ciò che viene condiviso (vanno bene anche cose false o senza senso) purché ci sia condivisione. Si può partire da una persona e cercare cose che possono essere condivise con essa, oppure partire da una cosa e cercare persone con cui essa può essere condivisa.
 
Il verbo essere dovrebbe essere usato il meno possibile. Al suo posto sarebbe meglio usare verbi come fare, agire, dare, prendere, inviare, ricevere, percepire, copiare, comunicare, rispondere. Il verbo essere non aiuta a capire la realtà. Questa, infatti, consiste in relazioni e interazioni, che il verbo essere non può descrivere.
 
A mio parere, sin dalla nascita, con i propri comportamenti, ognuno cerca, consciamente o inconsciamente, di influenzare i comportamenti altrui a proprio piacimento, per soddisfare i propri bisogni e desideri. Se faccio o non faccio, dico o non dico certe cose, come reagiranno gli altri versi di me? Questa è la domanda fondamentale su cui la nostra psiche si è costruita.
 
Ogni essere umano ha una responsabilità per quanto riguarda le informazioni che riceve dagli altri. Ha infatti il dovere di selezionare e inoltrare ad altri quelle che ritiene valide e utili, e di respingere e criticare quelle che ritiene errate, inutili o dannose. In tal senso ognuno di noi è un giornalista.
 
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