Ci sono discorsi che imbrogliano e discorsi che sbrogliano, discorsi che confondono e discorsi che distinguono, discorsi che oscurano e discorsi che chiariscono, discorsi che mistificano e discorsi che demistificano.
Io suppongo che se in un dialogo fossero consentite solo domande e risposte, e vietate affermazioni che non siano risposte pertinenti a domande dell'interlocutore, il dialogo sarebbe altamente produttivo, sia qualitativamente che quantitativamente.
Il dialogo è rimpiazzato oggi dalla polemica, linguaggio dell'efficacia. […] Migliaia di voci, giorno e notte, perseguono ciascuna per sé un tumultuoso monologo, riversando sulla gente un torrente di parole mistificatrici. Ma qual è il meccanismo della polemica? Essa consiste nel considerare l'avversario un nemico, di conseguenza nel semplificarlo e nel rifiutarsi di guardarlo. Della persona che insulto, io non conosco più il colore dello sguardo. Grazie alla polemica, non viviamo più in mondo di uomini, bensì in un mondo di silhouette.
Ci vogliono due anni per imparare a parlare e cinquanta per imparare a tacere. Il silenzio non è vuoto, ma è pieno di risposte. È solo quando riesci a “tacere”, evitando discussioni inutili, che mostri la tua intelligenza e la tua saggezza. Questa è quel genere di filosofia che non è nata per essere insegnata, ma per essere “praticata”.
Per milioni di anni il genere umano ha vissuto come gli animali. Poi è accaduto qualcosa che ha liberato la forza della nostra immaginazione. Abbiamo imparato a parlare.