Non so se esiste il progresso storico. Forse no. […] Si può vivere anche al di fuori della storia. […] La storia importa agli storici della letteratura, che non hanno nessun senso della bellezza.
Si può comunicare solo ciò che è condiviso dall'altro. Le parole presuppongono esperienze condivise. È come un sapore o un colore; se l'altro non ha visto quel colore o quel sapore le definizioni sono inutili.
Da noi la storia tende a divorare le altre discipline. Nelle nostre università non si studia realmente letteratura, si studia storia della letteratura, l’assetto sociologico delle opere o, nel migliore dei casi, le vicissitudini geografiche e i cambi di domicilio degli autori.
Le masse sono più semplici e maneggevoli degli individui. […] Lo sanno molto bene i politici, che approfittano del fatto che non parlano a un individuo ma a una moltitudine di individui, in certo modo semplificati, di modo che basta adoperare le molle più elementari e più goffe per vederle funzionare.
Forse uno dei più grandi peccati del nostro secolo è l’importanza che si dà alla storia. Questo in altre epoche non succedeva. […] L’arte e la letteratura dovrebbero cercare di riscattarsi dal tempo. Spesso mi hanno detto che l’arte dipende dalla politica o dalla storia. Ma credo sia falso. […] L’arte è un piccolo miracolo […] che sfugge, in qualche modo, all’organizzata casualità della storia.
Ai nostri giorni, per eccesso di documenti, lo storico è condannato alla specializzazione, così che ormai non si potrebbe scrivere un libro di quest’ampiezza [il riferimento è agli studi di Edward Gibbon]. Uno storico deve limitarsi a un’epoca o al massimo a un solo Paese, ma non può scrivere una storia universale. […] Probabilmente l’unico beneficio della bomba atomica sarebbe di permettere eccellenti opere storiche. E dunque, in nome della storia e contro l’umanità, dobbiamo desiderare ogni sorta di cataclisma, per non perire soffocati dall’eccesso di cataloghi.