Se ti opporrai a tutte le sensazioni, non avrai più nemmeno criteri cui riferirti e perciò neanche modo di giudicare quelle che tu dici essere fallaci.
Se uno dice: il signor x non ha tutti i torti, chi ascolta potrebbe tradurre la frase in: il signor x ha tutte le ragioni. Perché le risposte cognitivo-emotive (automatiche) non hanno il senso della misura. Per misurare, per calcolare, ci vuole consapevolezza, razionalità, riflessione.
Quando studiamo la cultura da questo punto di vista, c'interessa mostrare in tutti i particolari del comportamento la base emotiva. Vedremo tutto il complesso del comportamento come un meccanismo accordato e orientato verso la soddisfazione e l'insoddisfazione emotiva degli individui.
Una reazione emotiva negativa (cioè di rigetto) rispetto ad un certo fenomeno (cosa, persona, evento, situazione ecc.), inibisce la possibilità di comprenderlo e di trovare in esso aspetti utili e persino piacevoli.
In ogni cambiamento di definiscono tre stati: (1) prima del cambiamento, (2) durante il cambiamento, (3) dopo il cambiamento. In ognuno di tali stati si possono provare sentimenti (piacere e dolore) diversi rispetto a quelli che si provano negli altri stati.
Per certe persone, mettere in ordine ciò che è disordinato è fonte di piacere. Per ottenere tale piacere, quelle persone hanno bisogno di situazioni disordinate.
Immaginare un farmaco o un apparato elettronico che inibisca ogni sentimento di repulsione rispetto a qualunque cosa si stia vedendo, pensando o immaginando. Spaventoso, vero?
Non ci sono soluzioni definitive per ottenere il piacere, perché esso è sempre temporaneo e provvisorio e va ricercato di nuovo ogni volta, meglio se in forme diverse, perché la ripetizione annoia.
Suppongo che, così come abbiamo un bisogno e un istinto di imitazione, così abbiamo una capacità innata di capire quanto il nostro interlocutore sia simile o diverso rispetto a noi nei pensieri e nei sentimenti, e di reagire di conseguenza, automaticamente, involontariamente, in modo amichevole od ostile.
Le emozioni sono i mezzi mediante i quali il corpo e la mente inconscia comunicano con le mente cosciente, e la dirigono secondo i loro bisogni e le loro logiche.
Ogni essere vivente è caratterizzato da un particolare complesso di bisogni più o meno soddisfatti, e, nelle specie senzienti, da sentimenti che esprimono le relative soddisfazioni e insoddisfazioni.
I sentimenti ci possono innervosire oppure deliziare, ma non è ciò a cui essi servono, se ci è permesso per un attimo pensare in maniera teleologica. I sentimenti “servono” alla regolazione della vita, sono fornitori d’informazioni riguardanti l’omeostasi di base o le condizioni sociali della nostra vita. I sentimenti ci parlano dei rischi, dei pericoli e delle crisi in corso da scongiurare. Quanto al lato piacevole della medaglia, essi ci possono informare sulle opportunità; ci possono guidare verso comportamenti che miglioreranno la nostra omeostasi complessiva e, in questo processo, fare di noi esseri umani migliori, più responsabili del futuro nostro e altrui.
Il piacere e il dolore e le loro anticipazioni, cioè l'attrazione e la repulsione, formano i nostri pensieri, le nostre motivazioni e i nostri interessi.
Se riuscissimo anche solo per qualche minuto a inibire ogni reazione emotiva repulsiva (disprezzo, disgusto, paura ecc.) vedremmo e capiremo molto di più.
Non dall'essere né dall'avere ricaviamo piaceri e dolori, ma dall'immaginare, dal fare, dal subire, dal ricordare cose che abbiamo bisogno di immaginare, di fare, di subire, di ricordare e dall'immaginare, fare, subire, ricordare cose che non possiamo sopportare.
Il fatto che un certo discorso ti dia piacere, ti affascini, ti rassereni, ti rassicuri, ti consoli, ti dia speranza, non significa che ciò che afferma sia vero.
Metasentimento: sentimento su un proprio sentimento. Per esempio, provare attrazione o repulsione per un proprio sentimento di attrazione o di repulsione.
La vita umana è caratterizzata dalla ricerca del piacere e dalla fuga dal dolore (fisici o mentali). Il piacere e il dolore possono essere presenti o immaginari. L'immaginazione del piacere è piacevole, così come l'immaginazione del dolore è dolorosa. Immaginare una certa situazione piacevole o dolorosa è al tempo stesso ricordarne e prevederne una simile.
L’uomo non è padrone, ma schiavo, dei propri sentimenti. Questi hanno un insieme di padroni (che qualcuno chiama dèmoni), i quali usano i sentimenti per obbligare l’uomo a comportarsi come essi vogliono. All’uomo non resta dunque che conoscere le volontà di questi padroni, per obbedire loro ed essere premiato con sentimenti gradevoli, sapendo che in caso di disobbedienza sarà punito con sentimenti dolorosi.
È bene notare quanto la carica affettiva delle parole "benessere"; "gioia", "piacere" è diversa. Il benessere è accettabile, la gioia è nobile, il piacere sospetto.
L'amore è sempre condizionato, consciamente o inconsciamente, dato che non è casuale. Lo stesso vale per l'amicizia, la simpatia, e ogni altro sentimento. Infatti i sentimenti non sono casuali, ma condizionati da certe situazioni, sia esterne che interne al soggetto.
Suppongo che i sentimenti (piacere, dolore, gioia, sofferenza) abbiano un ruolo fondamentale nel funzionamento della vita, in quanto servono al corpo per indicare alla mente cosciente la valenza vitale di particolari percezioni o idee, ovvero in quale misura ogni cosa percepita e ogni idea o ipotesi di azione è associabile alla soddisfazione o alla frustrazione dei suoi bisogni in un rapporto di causa-effetto. Attraverso tali segnalazioni la mente si sviluppa e forma la sua struttura, ovvero essa programma la logica delle risposte comportamentali della persona alle diverse situazioni.
È nel trend della nostra cultura separare sempre di più i nostri atti dalle nostre emozioni, che li accompagnerebbero se ci fosse consentito esprimere i nostri sentimenti e non solo, alla perfezione, le nostre asettiche prestazioni.
È possibile controllare le proprie risposte emotive? Ovvero trovare il lato positivo in ciò che ci disturba e il lato negativo in ciò che ci attrae? Penso di sì, e credo che sia un esercizio utile per diventare più saggi.
Quando proviamo un piacere "mentale" non possiamo mai sapere con certezza quale sia la sua vera causa, perché ogni causa è conseguenza di un'altra causa e non tutte le cause sono consce. Lo stesso vale per il dolore "mentale".
Qualcosa nella mente di ogni umano decide momento per momento quali sentimenti egli deve avere verso gli altri: amore, odio, apprezzamento, disprezzo, rispetto, insolenza, attrazione, repulsione, paura, fiducia, diffidenza, colpevolezza, vergogna, superiorità, inferiorità, rabbia, dolcezza, dominazione, sottomissione, ribellione, arrendevolezza ecc.
Quando per una persona una certa parola ha una connotazione emotivamente negativa, è molto difficile trasformare quella connotazione in positiva o neutra mediante argomentazioni logiche.
Secondo me, le scienze dell'uomo e della società dovrebbero partire dall'unica cosa certa per un essere umano: il suo "sentire" ovvero il dolore e il piacere. Questi sono causati da diversi fattori (materiali e/o immateriali) più o meno noti. Lo scopo principale del filosofo e dello psicologo dovrebbe essere dunque quello di individuare i fattori che causano (o prevengono) il dolore e il piacere, per alleviare il dolore e aumentare il piacere, nella misura del possibile. Se prescindiamo dai sentimenti, a mio parere, tutti i discorsi psicologici o filosofici diventano irrilevanti.
È praticamente impossibile sapere perché una certa cosa ci piace o ci dispiace. Possiamo solo percepire un collegamento tra certe forme, simboli, parole, concetti, idee, oggetti ecc., e certi nostri sentimenti. Tuttavia tale collegamento non indica una relazione causale, ma solo una compresenza. D'altra parte possiamo ipotizzare che una cosa ci piaccia quando soddisfa qualche nostro bisogno e ci dispiaccia quando lo frustra. Resta il fatto che logiche dei bisogni e delle loro soddisfazioni sono inconsce e involontarie.
Un problema dei sentimenti è la loro instabilità. Si ama involontariamente una persona per un po' di tempo, poi si smette (sempre involontariamente) di amarla, e questa resta delusa e amareggiata, si sente trattata ingiustamente e reagisce con ostilità.
Non possiamo non giudicare gli altri (consciamente o inconsciamente), ma dovremmo evitare di rivelare agli interessati i nostri giudizi negativi quando farlo potrebbe nuocere ai nostri rapporti. Tuttavia è difficile nascondere i sentimenti associati ai nostri giudizi. Dissimulare i propri sentimenti negativi è un'arte che si può e che conviene imparare al fine di una convivenza pacifica e cooperativa.
Simpatie e antipatie sono normalmente reciproche. Infatti, se credo di esserti simpatico o di poterlo diventare, mi sei simpatico; se credo di esserti antipatico o di poterlo diventare, mi sei antipatico. Su questa reciprocità si basano le relazioni sociali affettive.
Se potessimo controllare volontariamente le nostre reazioni emotive e i nostri sentimenti (nel senso di attivare o inibire a volontà i nostri sentimenti e le nostre emozioni) conquisteremmo il mondo, ma diventeremmo disumani. Tuttavia, suppongo che un minimo autocontrollo emotivo sia possibile per qualcuno, per brevi lassi di tempo. Potrebbe essere molto utile a scopo psicoterapeutico e di automiglioramento in quanto potrebbe farci vedere le cose, le persone, il bene e il male in modo diverso, più reale, più acuto e più profondo, non filtrato né manipolato dai sentimenti e dalle emozioni.
Per me, meditare consiste nell'ascoltare le volontà dei miei dèmoni, in quanto padroni e amministratori dei miei sentimenti, ovvero dei miei piaceri e delle mie sofferenze.
Le cose piacciono o dispiacciono, non per ciò che sono intrinsecamente, ma per i loro collegamenti e le loro relazioni con altre cose che piacciono o dispiacciono. In altre parole, ciò che piace o dispiace di una cosa non è la cosa in sé, ma ciò che essa evoca.
Quando una cosa ci piace, sappiamo che ci piace, ma non sappiamo perché, anche se ci illudiamo di saperlo. Il vero motivo per cui ci piace ciò che ci piace e ciò spiace ciò che ci spiace è inconscio. Il motivo che crediamo di conoscere è solo una illazione, spesso di comodo, tendenziosa (biased) e politicamente corretta.
Quando facciamo qualcosa, qualsiasi cosa, c’è un congegno inconscio che misura la valenza sociale di quell’attività e genera emozioni più o meno piacevoli o spiacevoli sulla base di tale misura.
Quando qualcuno ci è antipatico, cerchiamo in tutti i modi di giustificare la nostra antipatia, anche se non abbiamo argomenti in tal senso. A nessuno perdoniamo la colpa di esserci antipatico.
Si è malinconici perché si hanno pensieri tristi o si hanno pensieri tristi perché si è malinconici? Forse sono veri entrambi i casi, in un perfetto circolo vizioso.
Una cosa che rende difficile e dolorosa l'esistenza di un essere umano è la conflittualità dei suoi sentimenti: Amore e odio, attrazione e repulsione, desiderio e paura verso uno stesso oggetto, anche simultaneamente.
Ci sono piaceri e dolori che dipendono da ciò che stiamo facendo o che ci sta succedendo al momento, e ci sono gioie e sofferenze attuali che dipendono da ciò che abbiamo fatto e non fatto, dato e non dato, ricevuto e non ricevuto nei giorni passati. Di conseguenza, ciò che avviene qui e adesso può avere un effetto piacevole o doloroso immediato, ma può averne anche uno nei giorni a venire e i due effetti potrebbero essere di segno opposto.
Siamo schiavi delle nostre capacità di godere di soffrire, obbligati a cercare il piacere e a fuggire dal dolore, costretti a scegliere, tra diversi piaceri, quello più grande e duraturo, e tra diversi dolori, quello più piccolo e più breve.
Quando proviamo piaceri o dolori non sappiamo quali siano le rispettive cause, ma le attribuiamo alle situazioni nelle quali i piaceri e i dolori si presentano.
È molto difficile conoscere le vere cause dei nostri piaceri e dolori. Su questo tema è facile ingannarsi e ingannare gli altri, anche per le implicazioni etiche insite nelle cause dei nostri sentimenti. Potremmo infatti godere di situazioni in cui il nostro comportamento è qualificabile come immorale, o soffrire per non poter realizzare obiettivi qualificabili come immorali.
Il nostro cuore è un tesoro, vuotatelo di colpo, siete rovinati. Noi non perdoniamo ad un sentimento d'essersi manifestato nella sua interezza più di quanto non perdoniamo ad un uomo di non possedere un soldo di suo.
Bisogna distinguere la realtà da una certa sensazione della realtà, sensazione che può non corrispondere alla realtà stessa. Per esempio "sentirsi" parte indistinta dell'Uno e in perfetta armonia col mondo e con gli altri può dare al soggetto un immenso piacere (reale), anche se non significa che le cose stiano realmente come lui le le percepisce. Ciò avviene per esempio in chi è sotto l'effetto di sostanze psichedeliche.
Per me il mistero più grande è l'esistenza dei sentimenti, cioè del piacere e del dolore nelle loro svariate forme, e la loro funzione nella vita di ogni essere capace di godere e di soffrire.
La mente è uno splendido meccanismo, usalo, ma non farti usare. È al servizio dei sentimenti: se il pensiero serve i sentimenti, tutto è in equilibrio; nel tuo essere sorgono profonda quiete e gioia.
Quando pensiamo ad una certa cosa (oggetto, persona, idea ecc.) abbiamo automaticamente certe aspettative (consce o inconsce) in relazione ad essa. Vale a dire che da quella cosa ci aspettiamo certi effetti più o meno piacevoli o spiacevoli, e proviamo sentimenti anticipatori coerenti con gli effetti attesi. Quelle aspettative possono essere più o meno realistiche, perciò conviene chiedersi: cosa mi aspetto da quella cosa? Quanto sono fondate e realistiche quelle aspettative?
Possiamo usare il libero arbitrio (ammesso che esista) quando i nostri sentimenti dormono. Quando sono svegli non possiamo fare altro che obbedire loro. Tra due sentimenti contrastanti, obbediamo a quello più forte.
Il motivo per cui una cosa ci piace o ci spiace potrebbe non aver nulla a che fare con la cosa in sé, ma con il suo contesto o con cose o persone con cui la cosa è stata associata.
Il dolore e il piacere sono cose assolutamente reali, forse le uniche cose della cui verità possiamo essere certi, anche se le cause che li determinano possono essere immaginarie e false, anche se possono essere ottenuti manipolando la mente in cui sono generati.
A cosa serve il dolore? A educare. È il modo in cui la natura, ovvero lo spirito della specie, costringe i propri funzionari a fare il loro dovere, punendoli quando non lo fanno.
A volte ci convinciamo e crediamo di amare qualcuno che in realtà odiamo, di rispettare qualcuno che in realtà disprezziamo. Infatti il super-io ci impone di rimuovere, ovvero di nascondere a noi stessi, ogni odio e ogni disprezzo politicamente scorretti.
È un bene che qualunque fonte di piacere venga a noia dopo un certo numero di volte che la si gode. Se non fosse così, l'uomo non farebbe che godere continuamente delle stesse fonti, senza cercarne altre, fino allo sfinimento.
Noi facciamo tante cose perché ci fanno piacere senza sapere perché ci fanno piacere, ed evitiamo di fare tante cose perché ci fanno soffrire senza sapere perché ci fanno soffrire. Siamo dominati dai nostri sentimenti.
Ciò che più determina l’umore di un essere umano è la sua previsione, conscia o inconscia, di come sarà trattato dagli altri, specialmente da coloro da cui dipende la soddisfazione dei propri bisogni.
Le uniche cose sicuramente reali nel mondo sono i sentimenti in quanto tali, ovvero ciò che uno sente (mi riferisco al piacere e al dolore in tutte le possibili forme e intensità). Ma non c’è alcuna certezza sulle cause dei sentimenti stessi e dei fenomeni in generale, né sulla loro natura e le loro connessioni, relazioni e interazioni. Su questo ci sono infinite narrazioni erronee, semplicistiche, lacunose e per lo più mistificate al fine di evitare il dolore e aumentare il piacere del narratore o degli ascoltatori.
Le risate e i pianti sono intercambiabili nel ridere fino alle lacrime e nelle lacrime di gioia. Le risa e i pianti traducono del pari sconvolgimenti di disadattamento, instabilità percepite in modo comico o drammatico, mentre il sorriso esprime la fragile felicità di un adattamento conquistato. I sentimenti umani sono teatro di sincretismi instabili dove si mescolano attrazione e repulsione, amore e odio.
Da quando nasce a quando muore, l'uomo non fa altro che cercare il modo di soffrire di meno e godere di più, in tutte le possibili forme del dolore e del piacere. Da tale bisogno derivano tutte le sue opere, attività, comportamenti, costumi, filosofie, gusti, arti, narrazioni, ragioni ecc.
Immaginiamo che in futuro, mediante un congegno elettronico, potremo misurare le quantità di piacere e di dolore che proviamo in ogni momento. Così potremmo sapere con precisione, ad esempio, quanto abbiamo sofferto e quanto abbiamo goduto durante negli ultimi sette giorni. Sicuramente questo rivoluzionerà la psicologia e la filosofia.
I sentimenti sono causati da ormoni (come, ad esempio, le endorfine), e gli ormoni possono essere stimolati da percezioni o pensieri. In questo senso i pensieri cosiddetti positivi possono contribuire alla felicità, anche se non sono sufficienti.
Ogni umano desidera condividere i propri sentimenti con quante più persone possibile. Questo vale per ogni tipo di sentimento: gioia, sofferenza, amore, odio, apprezzamento, disprezzo, interesse, disinteresse ecc.