In singolare contrasto col mio senso ardente di giustizia e di dovere sociale, non ho mai sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e alla società in generale. Sono proprio un cavallo che vuole tirare da solo; mai mi sono dato pienamente né allo stato, né alla terra natale, né agli amici e neppure ai congiunti più prossimi; anzi ho sempre avuto di fronte a questi legami la sensazione di essere un estraneo e ho sempre sentito bisogno di solitudine; e questa sensazione non fa che aumentare con gli anni. Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dell'intesa e dell'armonia con il prossimo. Certo, un uomo di questo carattere perde così una parte del suo candore e della sua serenità, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi simili.
L'introverso giudica negativamente (in senso morale e intellettuale) la maggior parte della gente e, a causa del suo profondo senso di giustizia, si sente inconsciamente in colpa per questo suo atteggiamento. Pertanto si aspetta di essere punito dalle persone che sono oggetto del suo giudizio negativo. Di conseguenza teme gli altri e non ha pace. Questa dinamica mentale è normalmnete inconscia.
Il soggetto introverso ha una vocazione primaria a capire il mondo nella sua complessità: è un "filosofo" o un “mistico" di professione, avulso per alcuni aspetti dal quotidiano, dal tran-tran del vivere come si deve vivere. L'intuizione emozionale dei mondi e dei modi di essere possibili lo rende, per un lungo periodo, poco adattivo nei confronti dell'esistente, del senso comune. Che questa predisposizione evolva in senso positivo, di realizzazione delle potenzialità individuali, o negativo, di sviluppo “nevrotico", sembra in gran parte riconducibile alle circostanze ambientali.
La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti, o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. La solitudine cominciò con le esperienze dei miei primi sogni, e raggiunse il suo culmine al tempo in cui mi occupavo dell’inconscio. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario. Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell’amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l’amicizia fiorisce soltanto quando ogni individuo è memore della propria individualità e non si identifica con gli altri.