Gli animali non si offendono. Se non hanno la forza sufficiente per contrastare l'avversario, accettano la sconfitta e la conseguente posizione gerarchica. Non conoscono l'umiliazione, che è un fenomeno esclusivamente umano. Noi umani, invece, siano sempre occupati a difendere la nostra dignità dalle umiliazioni che gli altri vorrebbero infliggerci, e siamo pronti a fare lo stesso verso gli altri, con la forza, con la logica, con l'etica o con l'estetica.
Ogni umano cerca di accrescere la porta importanza alla occhi altrui. Alcuni lo fanno mostrando le proprie capacità, altri mostrandosi seguaci di persone ritenute importanti.
La probabilità di incontrare persone molto diverse da quelle che hai già incontrato in passato è quasi nulla. Ti conviene perciò trovare un modo accettabile di convivere e di interagire con le persone che sei abituato a incontrare.
Molto spesso si discute non per conoscere o apprendere, ma per celebrare un piacevole e rassicurante rito di appartenenza sociale. In tal caso le domande sono quasi del tutto assenti (mentre abbondano le risposte a domande che nessuno si cura di fare, illudendosi di conoscere già le risposte). Insomma, tanti punti esclamativi e pochi interrogativi.
Se A disprezza B, A si aspetta (consciamente e inconsciamente) che, a sua volta, B lo disprezzi. Tale aspettativa rafforza il disprezzo di A per B e innesca in A il timore di una ritorsione di B nei suoi confronti.
Ogni essere umano ha bisogno di celebrare periodicamente rituali di condivisione con altri umani. Non importa ciò che viene condiviso (vanno bene anche cose false o senza senso) purché ci sia condivisione. Si può partire da una persona e cercare cose che possono essere condivise con essa, oppure partire da una cosa e cercare persone con cui essa può essere condivisa.
Ogni essere umano ha una responsabilità per quanto riguarda le informazioni che riceve dagli altri. Ha infatti il dovere di selezionare e inoltrare ad altri quelle che ritiene valide e utili, e di respingere e criticare quelle che ritiene errate, inutili o dannose. In tal senso ognuno di noi è un giornalista.
Ogni umano, per ogni altro umano, è un potenziale amico e un potenziale nemico. Perciò ognuno si preoccupa (consciamente o inconsciamente) delle intenzioni altrui, specialmente se il comportamento altrui appare "strano", cioè non convenzionale o non prevedibile.
Un essere umano non può non associarsi con qualcuno, e la scelta delle persone con cui assicurarsi è limitata dall'interesse altrui a tale associazione.
Qualsiasi espressione umana, qualunque messaggio può essere interpretato in modi diversi dal ricevente. Per esempio, come un apprezzamento, un disprezzo, un'accusa, un rimprovero, una derisione, una minaccia, una promessa, una deferenza, una richiesta, una dichiarazione di amicizia o di inimicizia, di fratellanza, di estraneità, di indifferernza, di attrazione, di repulsione, di simpatia, di antipatia ecc.
Data la nostra interdipendenza, ognuno di noi vorrebbe influenzare a proprio favore i sentimenti, i pensieri e i comportamenti altrui, con qualsiasi mezzo a propria disposizione.
I conflitti tra persone o tra gruppi sono conflitti tra diverse idee di comunità: ognuna delle parti in conflitto vorrebbe imporre alle altre la propria idea di comunità, con i suoi principi, le sue forme, i suoi valori, e le sue gerarchie.
Resteresti calmo se qualcuno facesse esplicitamente o implicitamente affermazioni come le seguenti? Io valgo, tu non vali , io merito, tu non meriti, io sono bello, tu brutto, io sono buono, tu cattivo, io sono intelligente, tu stupido, io sono sapiente, tu ignorante, io sono forte, tu debole, io sono potente, tu impotente, io possiedo, tu non possiedi, io sono capace, tu no, ecc. Probabilmente saresti preso dalla rabbia e faresti il gioco del tuo detrattore. Se invece riuscissi a restare calmo e ci ridessi sopra dimostreresti di essergli superiore.
Le persone superiori sono quelle che non sentono il bisogno di dimostrare di avere ragione o di essere superiori, nemmeno quando avrebbero le prove e gli argomenti per dimostrare le proprie maggiori capacità, in certi campi, rispetto a certe altre persone.
Tutte le espressioni culturali (come ad esempio gli articoli dei giornali o le pagine del web) costruiscono proposte di condivisione di cognizioni utilizzabili come mezzi di socializzazione.
Umiltà e tolleranza possono essere deleterie se generalizzate. Bisogna essere umili e tolleranti solo quando è opportuno e con chi è opportuno esserlo. Infatti ci sono persone che non devono essere tollerate e persone di fronte alle quali non bisogna inchinarsi.
Se mi fosse concessa la sapienza, a condizione di tenerla chiusa dentro di me senza trasmetterla ad altri, la rifiuterei: nessun bene ci dà gioia se non puoi condividerlo con altri.
Se A desidera B molto più di quanto B desideri A, oppure se A è utile a B molto più di quanto B sia utile ad A, la relazione soffre e il relativo desiderio si può facilmente trasformare in frustrazione e rabbia, o semplicemente estinguersi. La contabilità della reciprocità nelle relazioni umane è sempre attiva.
Comportamento e motivazioni sono rispettivamente l'esterno e l'interno di un umano. Il comportamento proprio e quello altrui è conseguenza e causa delle motivazioni delle persone in gioco. Il comportamento è oggettivo, misurabile e registrabile, le sue motivazioni sono invece misteriose, soggettive, immaginabili e deducibili solo intuitivamente, con tutti gli errori di cui l'intuizione e l'immaginazione sono capaci. Tuttavia non possiamo fare a meno di interessarci delle motivazioni, perché sono il principio della vita, padrone e arbitre del nostro volere e dei nostri sentimenti, dispensatrici di piaceri e dolori.
Il fatto che io affronti analiticamente piuttosto che idealisticamente o sentimentalmente il problema dei miei rapporti con gli altri può essere mal visto dagli altri.
Molte relazioni umane non si realizzano o falliscono perché una (o ciascuna) delle parti si aspetta dall'altra ciò che l'altra non è disposta a concedere, specialmente per quanto riguarda le rispettive libertà. Infatti ogni relazione comporta qualche limitazione delle libertà delle parti.
Un rapporto tra due persone è riuscito quando l'una contribuisce a soddisfare i bisogni dell'altra, cosa difficile a causa della scarsa conoscenza dei bisogni propri e altrui, delle differenze tra i rispettivi bisogni, desideri e interessi, e della naturale tendenza a dominare in caso di disaccordo.
Qualsiasi risorsa materiale o immateriale, mobile o immobile (oggetto, idea, persona, luogo ecc.), può essere usata pro o contro qualcuno, tolta o data a qualcuno, nascosta o condivisa con qualcuno.
"Essere se stessi" non significa nulla. Noi siamo comunque come ci vogliono gli altri, come ci vuole l'Altro generalizzato (per usare un termine di G. H. Mead), l'altro interiorizzato. Senza l'esperienza e l'interazione con gli altri la psiche nemmeno esisterebbe. Il problema è che gli altri non sono tutti uguali.
A differenza degli altri animali, l’uomo si preoccupa di come gli altri lo valutano (intellettualmente, moralmente, esteticamente, politicamente, economicamente ecc.). Questa preoccupazione è costante e impegna l’uomo anche quando è solo. Essa influenza quasi tutti i suoi pensieri e le sue emozioni.
Si coopera per competere e si compete per cooperare. Si offre per chiedere e si chiede per offrire. Si obbedisce per comandare e si comanda per obbedire. Tutti con tutti, tutti contro tutti, tutti a tutti.
Di fronte agli altri dobbiamo decidere come presentarci, cioè dobbiamo dichiarare le nostre appartenenze, e il nostro status e i nostri ruoli nell'ambito di ognuna di esse. Così facendo ci esponiamo alla competizione e alle critiche riguardanti tutte le appartenenze, gli status e i ruoli che abbiamo dichiarato.
Nei rapporti interpersonali, a ogni quiete segue quasi sempre, dopo un certo tempo più o meno lungo, una tempesta, perché i rapporti interpersonali sono basati su compromessi tra gli interessi propri e quelli altrui. Infatti i compromessi, in quanto implicano dei sacrifici personali, sono spesso fragili e soggetti a incomprensioni, stanchezza, e insoddisfazioni, che inducono alla ricerca di compromessi più soddisfacenti da stabilire con altri partner.
La cosiddetta buona società ci obbliga a mostrare una pazienza sconfinata verso la stoltezza, la follia, la stravaganza e l’ottusità; i meriti personali per contro debbono chiedere perdono, oppure nascondersi, dal momento che la superiorità intellettuale ferisce per il semplice fatto di esistere, senza che la volontà vi aggiunga nulla. La società chiamata buona ci obbliga, per armonizzarci con gli altri, a impicciolire o addirittura a deformare noi stessi. In tale società noi dobbiamo quindi rinnegare dolorosamente noi stessi e abbandonare i tre quarti di noi, per renderci simili agli altri.
Dire seriamente a qualcuno "stai dicendo cazzate" è offensivo in quanto umiliante. Infatti, sebbene molti considerano l'umiltà una virtù, nessuno tollera di essere umiliato da qualcun altro.
Cosa vogliono gli altri da me? Che io compri i loro prodotti, che segua i loro consigli, che creda alle loro spiegazioni, che stia in un posto che non dia loro fastidio, che non li critichi, che li rispetti, che li stimi, che li ami, che li aiuti o li serva quando hanno bisogno di aiuto o di un servizio, che stia dalla loro parte quando essi sono in contrasto con qualcuno, e che non chieda loro nulla che non siano disposti a darmi.
Un essere umano in rapporto con un altro ha un controllo molto limitato su ciò che accade in quel rapporto. Egli è una parte in una unità di due persone, e il controllo che ogni parte può avere sull'intero è strettamente limitata.
Dato che la nostra felicità dipende molto dalla qualità delle nostre relazioni sociali, dovremmo spesso chiederci cosa ci conviene fare e cosa non fare (e quindi cosa cambiare) per migliorare i nostri rapporti con gli altri.
Noi umani abbiamo una tendenza innata ad attribuire agli altri intenzioni, sentimenti e pensieri sulla base dei nostri pregiudizi e delle nostre paure.
Chi disprezza gli altri vive nel continuo timore (conscio o inconscio) di una vendetta da parte dei disprezzati, essendo il disprezzo difficile da nascondere.
Un gruppo sociale può anche essere un sistema di mutuo riconoscimento e di mutua approvazione, riconoscimento e approvazione di cui abbiamo tutti un grande bisogno.
Molte interazioni sociali servono solo allo scambio di una reciproca approvazione, affinché gli interessati possano placare le loro paure inconsce dell'isolamento sociale.
Non solo ci sentiamo spinti ad imitare gli altri (e spesso siamo indecisi sui modelli da scegliere), ma percepiamo gli altri sempre come somiglianti a certi "modelli di umanità". Infatti ci sentiamo a disagio se non riusciamo a capire quali sono i modelli che gli altri imitano, ovvero a quali gruppi sociali e tipi psicologici gli altri appartengono. Siamo prigionieri degli stereotipi della nostra cultura.
Proclamare con fierezza una propria diversità implica una superiorità, una ribellione, una indipendenza, una libertà o una repulsione. Perciò può essere percepito come atto ostile o sfida competitiva.
Esprimere le proprie idee è sempre pericoloso, perché chi la pensa diversamente si sentirà minacciato dalla nostra visione del mondo e ci vedrà come un nemico.
Ogni vita umana costituisce, tra altre cose, anche un modello di comportamento sociale che altri possono imitare almeno in parte, se lo trovano congeniale, utile o necessario.
Gli altri sono nella mia mente e io sono nella mente degli altri in certe relazioni e con certe valutazioni, le quali determinano i tipi di interazione che possono esserci o non esserci tra me e ciascun altro.
Quando facciamo una cosa di un certo tipo, ci qualifichiamo come appartenenti alla categoria di persone che fanno quel tipo di cose, con tutti gli attributi socialmente pregevoli e spregevoli del caso. Per questo siamo indotti consciamente o inconsciamente a fare o a non fare cose di un certo tipo.
Certe idee, certe forme culturali, sono buone non in se stesse, ma nella misura in cui ci aiutano a migliorare i nostri rapporti con gli altri, cioè nella misura in cui possono costituire un ponte e uno strumento per comunicare e interagire efficacemente e costruttivamente con gli altri.
L'intensità del bisogno di imitare un certo modello di comportamento è proporzionale alla quantità di imitatori del modello stesso percepita dal soggetto.
Ogni giorno, in ogni momento, le opinioni, i sentimenti e il rispetto degli altri nei nostri confronti possono cambiare in peggio o in meglio. Per questo viviamo in un continuo stato di ansia più o meno grande, e abbiamo continuamente bisogno di sapere quali atteggiamenti e quali intenzioni gli altri hanno verso di noi. Questa conoscenza ci serve per adeguare i nostri atteggiamenti e le nostre intenzioni verso di loro.
Se qualcuno ricompensasse delle persone solo per imitare gesti di sua invenzione privi di qualunque significato, dopo un certo numero di giorni molte di quelle persone sentirebbero il bisogno e il piacere di imitare altri gesti, e alcuni vi troverebbero dei significati interessanti.
Presentarsi, aprirsi agli altri è rischioso, perché gli altri potrebbero non amare ciò che di noi mostriamo. D’altra parte è difficile, se non impossibile, incontrando gli altri, nascondere loro i nostri pensieri e i nostri sentimenti.
Per appartenere ad una certa comunità, una persona deve fare ciò che quella comunità si aspetta da un membro nel ruolo e nella posizione che la persona ha o desidera avere nella comunità stessa. In altre parole, per appartenere ad una comunità è necessario servirla, ovvero esserle utile. Non si può appartenere parassiticamente.
Ogni appartenenza ha un prezzo e una scadenza. Un'appartenenza va continuamente rinnovata mediante la partecipazione a rituali collettivi e solitari, particolari abbigliamenti, arredamenti, pratiche, frequentazioni di luoghi, spettacoli e argomenti di conversazione.
Quando un umano non ha accesso a media (come Internet, giornali, libri, TV, radio ecc) è costretto a interagire con altri umani o con la propria memoria e i propri pensieri. Queste interazioni sociali, e queste informazioni interiori, se non mediate da media comuni, possono essere per lui angoscianti.
Nessuno è totalmente originale. Ognuno di noi imita (consciamente o inconsciamente) dei modelli di pensiero e di comportamento appresi per imitazione interagendo con gli altri.
Se ciascuno di noi dovesse confessare il proprio desiderio più segreto, quello che ispira tutte le sue azioni e i suoi progetti, direbbe: 'Voglio essere lodato.' Eppure nessuno si indurrà a confessarlo, perché è meno disonorevole confessare un crimine che ammettere una debolezza così pietosa e umiliante, che nasce da un senso di solitudine e di insicurezza, sentimento che affligge sia lo sfortunato che il fortunato, con uguale intensità.
Gli altri mi giudicano e mi trattano non solo per come mi comporto verso di loro, ma anche per come mi comporto verso me stesso. Infatti il modo in cui mi comporto verso me stesso può essere più o meno vantaggioso per loro.
Il comportamento più o meno favorevole di una persona A verso una persona B dipende da come A giudica B e da come A si sente giudicata da B. Il giudizio, che è sempre razionale ed emotivo allo stesso tempo, non riguarda solo le azioni volontarie, ma anche quelle involontarie (reali e presunte), i pensieri, le emozioni, e i sentimenti (reali e presunti). Per questo può essere sconveniente manifestare sinceramente i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie emozioni.
A mio parere, le interazioni sociali sono animate da due motivazioni fondamentali: cooperazione e competizione. Esse possono essere più o meno consce o inconsce e di intensità variabile. A volte prevale la prima, altre volte la seconda. Nella nostra società la prima è normalmente esaltata e palese, la seconda censurata, nascosta o mascherata. La prima può essere del tutto assente, la seconda quasi mai.
Una delle cose più tristi e imbarazzanti che possano capitarci è la compagnia di persone con cui non abbiamo nulla in comune, e il dover fingere con esse, per non offenderle o passare per arroganti, una comunione di interessi, valori o gusti che non esiste.
Il problema principale nei rapporti interpersonali è quello della sostituibilità. Infatti ognuno è sostituibile con qualcun altro migliore, più utile, più produttivo, più attraente, più divertente, più piacevole, meno costoso, meno impegnativo, meno faticoso, meno problematico. Siamo tutti sostituibili e tendiamo a sostituire le persone con cui interagiamo con altre più interessanti.
Ogni donna, col suo uomo, si comporta da primadonna e rifiuta qualsiasi ruolo secondario. Per questo, per farsi amare da una donna, un uomo deve trattarla come una (anzi, come l'unica) primadonna. Fanno eccezione le prostitute e rare donne "non vincolanti".
Per essere amati e rispettati bisogna fare qualcosa per meritarlo, fare in modo che l'altro ci ami e ci rispetti, indurlo ad amarci e rispettarci, influenzarlo in tal senso. Amore e rispetto non sono gratuiti né incondizionati.
Quando le risorse alimentari non bastano per tutti, occorre limitare la popolazione. Questo si può fare mediante politiche demografiche (democratiche o dittatoriali) oppure guerre di sterminio. A noi la scelta.
Gli altri ci propongono continuamente i loro modi di vedere, di pensare e di sentire. Sta a noi accettare e condividere quei modi, oppure rifiutarli (sapendo che in caso di rifiuto il proponente si sentirà, deluso, frustrato o offeso).
Noi umani siamo talmente interdipendenti che abbiamo continuamente bisogno di contare sulla cooperazione degli altri a nostro favore. Perciò ogni segnale in tal senso ci rassicura e ci allieta, e ogni segnale contrario ci angoscia e ci rattrista.
Cosa dire, cosa non dire, come dirlo, come non dirlo, cosa fare, cosa non fare, come farlo, come non farlo, come presentarsi, come non presentarsi: sono domande che il nostro inconscio si pone quando interagiamo con altre persone.
Il bisogno di comunità (ovvero di condivisione) dà luogo a diversi desideri, come quelli di stare in compagnia di persone simili a sé, indurre gli altri a diventare come se stessi, e diventare come gli altri. In altre parole, il bisogno di comunità è causa del desiderio di imitare gli altri e/o di essere imitati dagli altri nella visione del mondo, nei comportamenti, nei modi di pensare (e di non pensare), nei sentimenti, nelle motivazioni, nelle capacità (e incapacità) e negli aspetti esteriori.
Il verbo essere dovrebbe essere usato il meno possibile. Al suo posto sarebbe meglio usare verbi come fare, agire, dare, prendere, inviare, ricevere, percepire, copiare, comunicare, rispondere. Il verbo essere non aiuta a capire la realtà. Questa, infatti, consiste in relazioni e interazioni, che il verbo essere non può descrivere.
Io sono felice quando gli altri mi dimostrano approvazione e ammirazione, infelice quando gli altri mi ignorano o mi dimostrano disapprovazione o disprezzo. Credo che questa disposizione d'animo sia comune a tutti gli esseri umani.
Un rito consiste in una cerimonia di imitazione, di ripetizione di gesti prestabiliti da parte di un gruppo in cui ognuno recita la parte a lui assegnata. Si tratta di una imitazione collettiva in cui al tempo stesso vengono imitati (cioè riprodotti) gesti del passato e del presente, e gli imitatori vengono a loro volta imitati come in un gioco di specchi che si riflettono all'infinito. Un gioco in cui vince chi fa la migliore imitazione, la più autentica, la più fedele.
Gli ignoranti, specialmente se dispongono di libertà e di mezzi economici, vincono politicamente sui sapienti perché i primi sono uniti dalle loro comuni ignoranze e falsità, mentre i secondi sono divisi dalle differenze dei loro saperi. Perciò non è sempre positivo il fatto che in una società vi siano tante visioni e cognizioni del mondo e della natura umana non condivise.
Siamo tutti affetti da conflitti di interesse perché qualsiasi cosa facciamo, esprimiamo o pensiamo può essere più o meno vantaggiosa per noi e svantaggiosa per altri.
È ingenuo pensare che per ottenere carezze e riconoscimenti occorra essere bravi e diligenti. Quello che conta, invece, è soddisfare i bisogni e i desideri degli altri, i quali sono spesso infastiditi dal fatto che uno sia più bravo e diligente di loro.
Un oggetto, un gesto o un segno diventa sacro o quasi sacro quando viene scelto dalla comunità come uno dei simboli della sua comunione e solidarietà. Può essere una cosa qualsiasi, non deve avere qualità intrinseche particolari, purché sia riconoscibile.
Gli umani esercitano costantemente pressioni gli uni sugli altri affinché si comportino in modi a sé favorevoli, anche contro la loro volontà. È un conflitto permanente tra volontà contrastanti, in cui prevalgono le persone più potenti e influenti. Tali pressioni sono spesso nascoste o mistificate, spacciate per doveri morali, leggi naturali, ragioni di stato, tradizioni, o altri pretesti fantasiosi.
Siamo tutti servi e padroni, sia perché ognuno deve rispondere ad altri del proprio operato, sia perché nell'interazione tra due persone ognuna fa richieste all'altra e risponde a quelle altrui, cioè ognuna dà e riceve qualcosa. Nel dare siamo servi (perché serviamo l'altro), nel ricevere padroni (perché ci serviamo dell'altro).
Per imparare qualcosa da una discussione dovremmo salire di livello, passare dalla discussione alla metadiscussione, cioè discutere sul nostro modo discutere. Ma questo richiederebbe un approccio sistemico e psicologico autocritico, che per i più è impossibile. Nel frattempo continuiamo a discutere non per imparare o per costruire un movimento collettivo, ma per competere e/o per socializzare.
La verità è che gli altri ti trattano in funzione di come presumono che tu tratti loro, di cosa presumono che tu pensi di loro, di cosa presumono tu desideri da loro e per loro, di cosa presumono tu pensi di te stesso rispetto a loro, di cosa presumono tu sia disposto a offrire loro, di quanto presumono tu possa essere loro utile o dannoso, ovvero delle opportunità e delle minacce che tu rappresenti per loro. Questa è la verità che si nasconde dietro ogni affermazione, ogni espressione e ogni atto sociale.
Ogni elemento culturale (per esempio una canzone) può costituire un punto di convergenza o divergenza sociale, di comunità o estraneità di gusto e appartenenza.
Uno dei fattori di coesione dei gruppi umani è la mutua approvazione tra i suoi componenti. Siccome ognuno ha bisogno di approvazione, ci si accorda tacitamente in modo da approvarsi l'un l'altro. In questo modo ci guadagnano tutti. Il prezzo da pagare per questa fonte di soddisfazione è la rinuncia alla capacità critica, ovvero la cecità ai difetti propri e altrui.
Essere incompreso da coloro stessi che amiamo, è il calice amaro, la croce della nostra vita. Perciò gli uomini superiori hanno sulle labbra quel sorriso doloroso e triste che tanto ci meraviglia.
Quando apriamo il frigorifero il gatto che subito accorre e si strofina sulle nostre gambe miagolando non vuol dire "Voglio il latte" (come farebbe un essere umano) ma piuttosto "Fammi da madre": si appella, in altre parole, a una relazione specifica, difatti si può osservare un comportamento simile soltanto tra un gattino e un gatto adulto e mai tra due animali adulti.
Ogni espressione umana diretta verso altri umani costituisce una promessa di piacere o di dolore, di soddisfazione o di frustrazione di qualche bisogno, di prestazione di un serviziodi una punizione ecc. La promessa è sempre condizionata ad una certa risposta, che può essere un avvicinamento, un allontanamento, un acquisto, una vendita, un dare, un ricevere, un prendere, un legare, uno sciogliere, un credere, un negare, un pagare, un accogliere, un proteggere, un difendere, un partecipare ecc.
L'uomo ha bisogno e paura del prossimo e su questa ambivalenza (troppo spesso ignorata o sottovalutata) si basa la civiltà con le sue istituzioni, restrizioni, competizioni, falsità, autoinganni e mistificazioni.
Nessuno ha il diritto di non essere offeso. Questo diritto non esiste in nessuna dichiarazione che io abbia mai letto. Se ti senti offeso è un tuo problema, e francamente molte cose offendono molte persone.
A mio parere, sin dalla nascita, con i propri comportamenti, ognuno cerca, consciamente o inconsciamente, di influenzare i comportamenti altrui a proprio piacimento, per soddisfare i propri bisogni e desideri. Se faccio o non faccio, dico o non dico certe cose, come reagiranno gli altri versi di me? Questa è la domanda fondamentale su cui la nostra psiche si è costruita.
Scusate se non rispondo agli auguri di buon Ferragosto, buona Pasqua ecc.. So che vengono fatti con buone intenzioni, e spesso per dimostrare amicizia e affetto, ma li trovo di per sé insignificanti, e non voglio contribuire al mantenimento di questa tradizione per me insensata.
Immagina di trovarti davanti a tutti gli altri umani, e di dichiarare pubblicamente con chi e in quali modi sei disposto a interagire, e con chi e in quali modi non sei disposto a farlo.
Aver bisogno di una certa cosa comporta il bisogno di assicurarsela. Così, aver bisogno degli altri comporta il bisogno di assicurarsi il loro favore. Tale assicurazione può darla solo una continua frequentazione degli altri, nella speranza di ricevere da essi segni di rispetto, approvazione, amicizia e solidarietà.
Ognuno desidera certi comportamenti da persone libere di scegliere se soddisfare o no i desideri altrui, e cerca di influenzare a proprio favore tale scelta.
Le tradizioni sono esercizi e gare di imitazione. L'imitazione (cioè la riproduzione) di forme sociali è un valore "dimostrativo". Infatti, chi meglio imita le forme sociali della comunità di appartenenza dimostra una maggiore integrazione sociale e quindi una maggiore forza e resilienza. Anche le mode, in quanto forme sociali, costituiscono un terreno di competizione nella gara a chi è più "sociale", ovvero più conforme alle caratteristiche della comunità.
Ognuno si preoccupa di come gli altri lo valutano, ma ognuno ha i suoi propri altri, con i propri valori e i propri criteri di valutazione, diversi da persona a peresona.
Chi crede di poter trovare in sé stesso di che fare a meno di tutti si sbaglia di grosso; ma chi crede che non si possa fare a meno di lui si sbaglia ancora di più.
Il padrone ha bisogno del servo, il servo del padrone, il maestro dell'allievo, l'allievo del maestro, il produttore del consumatore, il consumatore del produttore, il venditore del compratore, il compratore del venditore, il carnefice della vittima, la vittima del carnefice, il vincitore del perdente, il perdente del vincitore, il pastore del gregge, il gregge del pastore ecc.
Ogni umano vorrebbe asservire gli altri ed evitare di essere asservito dagli altri. I desideri di due umani sono dunque incompatibili a priori. Perciò dobbiamo essere sempre pronti a negoziare compromessi miranti ad un servizio reciproco sostenibile.
Mentre la vita ci trascina avanti, noi crediamo di agire per nostra iniziativa, di scegliere la nostra attività, i nostri piaceri, ma, a guardar bene, sono solo i disegni, le tendenze del nostro tempo, che anche noi siamo costretti a seguire.
Ogni umano, per ogni altro umano, può essere causa di piacere e di dolore, di benefici e di danni. La questione è dunque: come fare affinché dalla cooperazione con altri umani ognuna delle parti coinvolte possa ottenere piaceri e benefici e non dolori e danni?
La cosa più importante per un essere umano, oltre l'evitamento dei dolori e dei pericoli per la propria salute, è cosa gli altri pensano e penseranno di lui in relazione al proprio essere e al proprio comportamento passato, presente e futuro. In altre parole, la cosa più importante per un uomo è l'atteggiamento più o meno benevolo degli altri nei propri confronti. Tale atteggiamento, reale o presunto, condiziona fortemente il proprio modo di pensare e di comportarsi.
Affinché due persone possano conversare, esse devono condividere non solo un linguaggio, ma anche modelli e regole di comportamento, rituali, valori, gerarchie, interessi, gusti, idee, sentimenti, ecc. Altrimenti di cosa parlerebbero?
Questionario sulle interazioni: con chi/cosa ho interagito, sto interagendo, voglio interagire, in che tipo di interazione, in quali ruoli, a quali scopi?
Io ti valuto, tu mi valuti, io mi valuto, tu ti valuti, tutti valutano gli altri e se stessi. Secondo quali cognizioni? Quali sentimenti? Quali motivazioni? Quali logiche?
Questa epidemia ci ha rivelato che ci sono tante persone che non hanno idea di cosa significhi probabilità e tante pronte a spiegare con i complotti cose che non riescono a capire.
Certe persone, per farsi accettare dagli altri, sono costrette a nascondere la loro autentica personalità, le loro conoscenze ed esperienze, capacità, passioni, ambizioni, debolezze, i loro tormenti, le loro opinioni sugli altri in generale e in particolare sulle persone da cui vorrebbero essere accettati, e a fingere una normalità e affinità a loro aliene.
Vedendo una persona (nella realtà o nei media) chiedersi: che rapporto c'è tra questa persona e me? Chiedersi la stessa cosa vedendo un oggetto, un ambiente, un simbolo, o leggendo un testo.
In ogni momento, in ogni umano, l'inconscio sceglie un insieme sociale a cui appartenere e il ruolo da assumere in esso. Allo stesso tempo l'inconscio comanda l'esecuzione di qualche rituale che caratterizza quell'insieme e quel ruolo. Infatti ogni umano ha un bisogno innato di appartenenza sociale, che può essere soddisfatto solo attraverso l'esecuzione di certi rituali.
"Chi non è con me è contro di me." (Matteo 12,30). Difficile trovare un'affermazione più dannosa per le menti degli esseri umani e per la pacifica convivenza tra persone di vedute diverse. Questa logica è causa di schizofrenia, guerre, e dell'inibizione dell'empatia nei confronti di coloro che hanno una mentalità diversa dalla propria.
Quanto più noi contribuiamo alla soddisfazione dei bisogni altrui, tanto più gli altri, in teoria, dovrebbero essere disposti a contribuire alla soddisfazione dei bisogni nostri. Tuttavia la contabilità dei contributi è sempre soggettiva, e spesso non c'è equilibrio tra il bene fatto e quello ricevuto.
Ogni incontro tra umani può avere effetti più o meno prevedibili o imprevedibili, favorevoli o sfavorevoli, gradevoli o sgradevoli per ognuna delle parti. Chi è abituato a incontri insoddisfacenti e/o sgradevoli si trova normalmente in uno stato di ansia sociale più o meno intensa, dato che, a causa della nostra interdipendenza, non possiamo fare a meno di incontrare qualcuno quasi ogni giorno.
A qualcuno dobbiamo piacere o almeno non dispiacere, perché se non piacessimo a nessuno, saremmo in guai seri. Per questo il nostro comportamento è molto influenzato dalla necessità di piacere agli altri, o almeno di non dispiacere loro.
Piangere insieme, condividere un lutto è un importante fattore di coesione sociale nelle sciagure. Per questo le cerimonie funebri sono importanti, non per i morti, ma per i vivi.
La libertà di esprimere opinioni diverse da quelle della maggioranza senza essere puniti per questo, è un lusso che l'uomo ha conosciuto solo da pochi anni, e non in tutto il pianeta.
Per essere considerato rilevante da una persona devi essere riconosciuto da essa come suo leader, suo seguace, suo compagno, suo cliente o suo fornitore.
Quando siamo soli e liberi da impegni e da preoccupazioni, ci prepariamo, consciamente o inconsciamente, alle prossime interazioni con gli altri, in quanto facciamo o cerchiamo cose di cui potremmo parlare con gli altri, che potremmo mostrare agli altri o che potremmo condividere con altri.
Per essere simpatici bisogna avere il coraggio di mostrare le proprie fragilità, non indossare corazze e non mostrare risentimento per chi è più forte.
Gli umani litigano spesso sulle idee e le procedure (consce o inconsce) che dovrebbero regolare le loro interazioni. Infatti ognuno tende a interpretare le idee e le procedure a proprio favore.
Le interazioni spontanee tra due persone A e B dipendono soprattutto dalla configurazione di A nella mappa mentale di B e dalla configurazione di B nella mappa mentale di A.
Il libero arbitrio (ammesso che esista) consiste nello scegliere in quale ambiente stare e con chi e come interagire. Durante l'interazione, infatti, prevalgono gli automatismi della nostra mente, e il libero arbitrio non può essere esercitato.
Ad un essere umano non interessa tanto se l'altro sia bravo, buono, giusto, bello e intelligente, ma soprattutto come l'altro si pone nei suoi confronti, sia cognitivamente che emotivamente. In altre parole ciò che conta per un umano è quanto egli sia gradito all'altro. Infatti ognuno tende a gradire coloro da cui si sente gradito, e a non gradire coloro da cui non si sente gradito.
Qualunque cosa facciamo che abbia una rilevanza sociale, la facciamo per ottenere un certo effetto nella mente di certe persone, cioè per fare credere qualcosa su di noi a certe persone o per suscitare in certe persone certi sentimenti verso di noi.
Leggere un libro è un po' come stare in compagnia del suo autore e dei suoi personaggi. È infatti anche un rimedio contro la solitudine e l'isolamento.
Le persone riservate sono inquietanti perché non esprimono pubblicamente le proprie intenzioni e presunzioni. Infatti dietro ogni persona riservata si potrebbe nascondere un rivale.
La fratellanza scaturisce dall'essere figli degli stesso padre, sudditi dello stesso dominatore, allievi dello stesso maestro, o nemici dello stesso nemico.
Un essere umano non può ignorare gli altri, perché dipende da loro. Può scegliere le persone con cui interagire, ma non può fare a meno di interagire con qualcuno, né può ignorare le esigenze delle persone con cui interagisce. Il suo comportamento è dunque un compromesso tra le proprie esigenze e quelle delle persone con cui ha scelto di interagire o con cui è costretto a farlo.
In passato quasi tutte le donne pensavano che fosse meglio essere serve di un uomo che restare nubili. Oggi molte donne non la pensano così, e non tutti gli uomini lo hanno capito.
Un godimento molto grande si prova nella condivisione: godere insieme di un bel concerto, di una bella opera. La solitudine può depotenziare la qualità estetica dell'emozione. Perché si ha più piacere a vedere un bel film in una sala cinematografica piuttosto che a vederlo da soli alla televisione? È perché c'è comunione: si ride insieme, si piange insieme, ci si emoziona insieme. La condivisione è un presupposto essenziale per la pienezza e il godimento estetici, come lo è per la vita poetica.
Ci sono individui che, a causa di certe situazioni passate, odiano e/o temono profondamente gli altri in generale, e accettano di interagire con qualcuno solo in caso di bisogno e a condizione che l’altro si sottometta alla sua autorità, ovvero assuma un atteggiamento umile, servile o ossequioso nei propri confronti.
Voglio essere riconosciuto per ciò che sono. Se sono un genio, mi si dica che sono un genio, se sono un verme, mi si dica che sono un verme, se sono mediocre, mi si dica che sono mediocre.
Quando due umani s'incontrano, in ciascuno di essi si attivano una serie di processi automatici inconsci il cui scopo è quello di stabilire come comportarsi verso l'altro. Sarebbe utile rendere coscienti tali processi per migliorarli.
L'uomo ha bisogno di modelli da seguire e di autorità a cui sottomettersi, senza i quali non saprebbe comme cooperare con i suoi simili. La creatività consiste nella capacità di creare nuovi modelli e nuovi principi di autorità, o di modificare in misura più o meno grande i modelli e i principi precedenti. La libertà non è creativa in sé, ma è necessaria per permettere i cambiamenti, come difesa contro il conservatorismo.
Il problema più importante per un umano è trovare un posto sostenibile nella società, cioè un posto che non richieda troppi sacrifici e troppe frustrazioni, ovvero un posto compatibile con i propri bisogni e con la propria personalità.
Invidia e gelosia sono il nostro pane quotidiano, sentimenti tanto forti quanto repressi, negati, mistificati; presenti anche nelle persone più insospettabili. Nemmeno io ne sono esente.
Quando sei con qualcuno, tieni presente le cose che vi uniscono e quelle che vi dividono, e scegli in ogni momento se parlare delle prime o delle seconde.
Ogni essere umano considera (consciamente o inconsciamente) ogni altro come un potenziale o attuale amico o nemico, ovvero come una persona più o meno utile o dannosa per la soddisfazione dei propri bisogni. È sulla base di tali considerazioni che ognuno si comporta in modo più o meno cooperativo o competitivo nei confronti degli altri.
Offendere un insieme (gruppo, organizzazione, comunità, chiesa, stato ecc.) a cui un individuo sente di appartenere equivale a offendere l'individuo stesso.
L'uomo ha un irresistibile bisogno di interazione sociale, che lo induce a volte ad accettare interazioni nocive piuttosto che nessuna interazione. La psicologia dovrebbe aiutarci a migliorare la qualità delle nostre interazioni sociali, cioè a trovare occasioni e modi d'interazione più soddisfacenti rispetto ai nostri bisogni.
Ogni relazione comporta vantaggi e svantaggi per i contraenti. Una relazione è sostenibile finché per ogni contraente i vantaggi (reali o immaginari) superano gli svantaggi (reali o immaginari).
L'ambiente (naturale e sociale) in cui viviamo ci influenza e ci condiziona, ma noi possiamo in una certa misura cambiarlo, cambiare il modo di interagire con esso oppure emigrare in un ambiente diverso.
L'inconscio tiene la contabilità dei debiti e dei crediti sociali, in senso lato, includendo tutto ciò che uno ha ricevuto dagli altri e che ha dato agli altri da quando è nato. Molti sottostimano i propri debiti e sovrastimano i propri crediti.
Ciò che stiamo facendo o che ci accingiamo a fare ha una valenza sociale, ovvero potrà essere usato con vantaggio o svantaggio nelle future interazioni sociali, oppure potrebbe convenire nasconderlo in quanto potrebbe non essere gradito agli altri. Chiediamoci dunque, quando ci accingiamo a fare qualcosa, quale sia la sua valenza sociale in relazione a vari tipi o gruppi di persone e scegliamo di conseguenza cosa ci conviene fare e cosa non fare.
Si può entrare a fare parte di un meccanismo sociale (inteso come sistema) sia modificandolo (per esempio aggiungendovi una nuova funzione) sia senza modificarlo (per esempio sostituendo una o più persone o aumentando il numero di persone aventi una certa funzione).
A nessuno interessano i pensieri, progetti, bisogni, desideri, sentimenti, ragionamenti di un altro, a meno che essi non siano favorevoli ai propri o costituiscano una minaccia rispetto ad essi.
Infatti, l'incomprensione di sé è una causa molto importante dell'incomprensione dell'altro. Nascondiamo a noi stessi le nostre carenze e debolezze, cosa che ci rende spietati verso le carenze e le debolezze altrui.
Per capire le interazioni sociali dovremmo immaginare di essere extraterrestri che osservano gli umani mentre interagiscono in vari modi, e cercare spiegazioni nei testi delle diverse psicologie.
L'antipatia tra due persone è normalmente reciproca, e ognuno attribuisce la causa di essa al comportamento dell'altro, ovvero all'antipatia che l'altro gli dimostra.
La mia più o meno grande felicità (o infelicità) dipende dalla qualità delle mie relazioni col resto del mondo e in particolare con l'ambiente (sociale e naturale) in cui vivo. Per migliorare tali relazioni ci sono tre possibilità (non mutuamente esclusive): (1) migliorare la mia costituzione (cioè la mia mente e il mio corpo fisico), (2) migliorare quella di certe parti dell'ambiente (persone o cose) o (3) migrare in un altro ambiente più adatto a me.
Uno che esprime sé stesso senza nascondere i propri veri pensieri e sentimenti può entrare in relazione solo con persone affini. Con quelli che hanno idee e/o sentimenti molto diversi avrà rapporti conflittuali o di indifferenza. Essere sé stessi significa essere selettivi. Infatti, quanto più si è diversi dagli altri, tanto più è difficile trovare persone con cui entrare in relazione.
Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento, nessuno mi guardarebbe, pochi m'osservarebono, da rari sarei ripreso e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l'alma, vago de la coltura de l'ingegno e dedalo circa gli abiti de l'intelletto, ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m'assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti.
I rapporti interpersonali comportano vantaggi e svantaggi, e ognuno vorrebbe avere più vantaggi e meno svantaggi. Il problema è che i vantaggi per alcuni corrispondono a svantaggi per altri, e viceversa.
Le persone «autosufficienti» o «autosoddisfacenti» in senso lato, cioè quelle che hanno la capacità di procurarsi piacere e sussistenza da soli, senza l'aiuto o il contributo di altre persone, sono viste come asociali e antipatiche da coloro che non possono fare a meno degli altri per sopravvivere e per soddisfare i propri bisogni e desideri. Tali «autosufficienti» sono una piccola minoranza della gente e non sono nemmeno sicuro che esistano, in quanto penso che nessuno possa essere sempre autosufficiente.
Un detto popolare afferma che "chi non piscia in compagnia, o fa il ladro o fa la spia". Per l'uomo comune l'affermazione è valida sostituendo a "pisciare" qualunque altro verbo.
Se troviamo in un gruppo un modello culturale di comportamento improntato ad autoaffermazione, si può sviluppare una situazione competitiva in cui l'autoaffermazione porta a maggiore autoaffermazione, e così via. Questo tipo di cambiamento progressivo possiamo chiamarlo schismogenesi simmetrica.
Gli umani possono grosso modo essere divisi in due categorie rispetto alle regole della convivenza sociale: coloro che cercano di adattarsi alle regole, e coloro che cercano di adattare le regole a se stessi.
L'artista, lo scrittore, il filosofo, il sacerdote, il politico, il pubblicitario, il giornalista, propongono vecchi e nuovi criteri etici ed estetici di appartenenza, ovvero vecchi e nuovi giudizi sul bello e il brutto, il buono e il cattivo, il piacere e il dovere, il vero e il falso, il possibile e l'impossibile, giudizi sulla base dei quali confermare vecchie comunità ideali o fondarne di nuove.
Ciò che ogni umano vuole sapere di ogni altro è: come si pone rispetto a me? (Superiore, uguale o inferiore?) Come mi giudica? Che sentimenti prova verso di me? Cosa si aspetta da me? Cosa cerca da me? Cosa è disposto a darmi? Che intenzioni ha nei miei confronti? Come potrei essergli utile? Che male potrei fargli? Se non possiamo avere una risposta esplicita a queste domande, risponderemo ad esse noi stessi, intuitivamente e inconsciamente, e agiremo di conseguenza.
Il primo rapporto umano che un umano apprende è quello genitore-figlio. Da adulto, egli tende a formare lo stesso tipo di rapporto nei confronti degli altri adulti, scegliendo di preferenza il ruolo paterno (paternalismo) o quello filiale (filialismo), vale a dire il ruolo di dominatore/tutore o quello di dominato/tutelato. Un rapporto paritario è possibile solo sotto il controllo di una autorità terza a cui ambo le parti sono sottomesse.
Una persona diventata molto popolare dicendo falsità o agendo in modo immorale dovrebbe essere presa in seria considerazione e studiata come esempio di manipolazione mentale delle masse.
Siamo talmente dipendenti dagli altri che siamo disposti a credere in cose assurde e ad avere sentimenti e desideri assurdi se ciò è indispensabile per essere accettati da almeno una comunità.
Quando due persone interagiscono, il risultato dell'interazione dipende soprattutto dalla speciale combinazione delle loro mappe cognitivo-emotivo-motive.
Molti evitano di porre domande e di rispondere in modo pertinente alle domande che gli vengono poste perché una domanda presuppone una ignoranza, e rispondere in modo pertinente ad una domanda chiarificatrice può rivelare falsità, incoerenze e assurdità insite nei propri pensieri.
Il disaccordo tra due persone non dipende quasi mai da errori di logica o contraddizioni nelle argomentazioni di una delle parti o di entrambe, ma da differenze nei punti di vista, ovvero sentimenti, valori, presupposti, definizioni e paradigmi cognitivi rispetto ai quali vengono sviluppati i ragionamenti. Pertanto si può ben dire che ognuno ha ragione dal suo punto di vista.
Le relazioni e le interazioni umane sono regolate da politiche personali per lo più inconsce, irrazionali, mistificate e involontarie; sta a noi decidere se cercare di renderle più consapevoli, razionali, genuine e volontarie nonostante il boicottaggio del super-io e delle convenzioni sociali.
Ogni essere umano desidera essere accettato e amato dagli "altri". Ma chi sono gli altri? Gli altri sono diversi per ciascuno di noi, e sono molto diversi tra loro (e rispetto a noi) per carattere, temperamento, capacità cognitive, emotive e fisiche, interessi economici e culturali, orientamenti morali ecc. Di conseguenza non possiamo essere accettati e amati che da poche persone, le quali possono essere disperse nel mondo e lontane da noi. Potremmo non incontrarle mai.
Ogni essere umano segue (imita, riproduce) dei modelli. Modelli di pensiero, di comportamento, di interazione, di partecipazione, di integrazione sociale. Comportamenti, azioni, gesti che non seguano un modello sono possibili, ma molto rari e difficili da attuare in quanto richiedono uno sforzo di volontà e di autocontrollo in tal senso. D'altra parte, l'apprendimento umano è basato sull'imitazione di modelli e tutto ciò che abbiamo appreso è parte di modelli.
Quando due individui s'incontrano, gli algoritmi (consci e inconsci) di entrambi cercano di determinare le possibili relazioni e interazioni tra loro, ciascuno secondo i propri schemi predefiniti, cioè secondo la propria mappa cognitivo-emotivo-motiva.
Le transazioni interpersonali servono a trasmettere beni, servizi e informazioni, piaceri e dolori, a cooperare e a competere, a stabilire condivisioni e non condivisioni, secondo certi modelli culturali.
Ciò che facciamo agli altri influenza ciò che gli altri fanno a noi, ma in modi diversi da persona a persona. Perciò è importante scegliere opportunamente le persone con cui interagire e i modi in cui farlo.
Ogni messaggio che riceviamo può essere parzialmente o totalmente falso e avere motivazioni nascoste a favore di chi lo emette e a nostro sfavore. Non ci possiamo fidare totalmente di nessuno, nemmeno di noi stessi.
L'Altro uomo non mi è indifferente, l'Altro uomo mi concerne, mi riguarda nei due sensi della parola "riguardare". In francese si dice che "mi riguarda" qualcosa di cui mi occupo, ma "regarder" significa anche "guardare in faccia" qualcosa, per prenderla in considerazione. Nel semplice incontro di un uomo con l'Altro si gioca l'essenziale, l'assoluto: nella manifestazione, nell' "epifania" del volto dell'Altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l'Altro.
Partecipare ai riti ed eseguire i rituali tipici di una certa comunità serve a confermare e dimostrare la propria appartenenza ad essa e la necessaria obbedienza alle sue norme, implicite nelle sue tradizioni civili e religiose.
Se è vero che abbiamo un assoluto bisogno di interagire con altri umani, siamo motivati a fare qualunque cosa favorisca direttamente o indirettamente tale interazione, e ad evitare di fare qualunque cosa la ostacoli direttamente o indirettamente.
Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino: a) giungerà ad amare o a odiare gli spinaci; b) ad amare o a odiare il gelato; c) ad amare o a odiare la mamma?