Come ci insegna George Herbert Mead, nella nostra mente vive ed opera l'Altro generalizzato, con cui l'inconscio dialoga continuamente, e da cui prende ordini.
C'è una continua interazione tra conscio e inconscio, ovvero tra l'apparato volontario e quello involontario del nostro organismo. Queste due dimensioni dell'esistenza si influenzano reciprocamente, anche se non lo vogliamo.
L'inconscio non "nasce" ma è innato. Alla nascita contiene solo automatismi biologici, poi con le esperienze si riempie di automatismi sociali. Si forma quindi attraverso un apprendimento, per lo più inconsapevole. Si può modificare, ma è molto più difficile disapprendere che apprendere.
L'inconscio è il meccanismo biologico automatico che decide quali sentimenti, emozioni e pulsioni dobbiamo provare e a cosa dobbiamo pensare. In altre parole, l'inconscio è ciò che decide, momento per momento, di cosa dobbiamo essere consapevoli, cosa dobbiamo desiderare, cosa amare, cosa odiare e cosa temere.
Ciò che oggi è nel cuore, all'inizio era nella testa. Ciò che oggi è inconscio all'inizio era conscio. È l'abitudine che rende spontanee, involontarie, automatiche, acritiche, inconsce cose che inizialmente erano volontarie e consapevoli.
La coscienza è lenta, unidirezionale, seriale, riflessiva, poco efficiente; l'inconscio è invece veloce, multidirezionale, parallelo (multitasking), automatico, e, in assenza di conflitti interiori, molto efficiente. Ciò che si apprende a fatica con la coscienza viene applicato efficientemente e senza sforzo solo quando diventa inconscio, cioè automatico. Questo vale sia per le interazioni sociali, sia per l'uso di strumenti, come suonare il pianoforte, dove ogni dito si muove automaticamente, indipendentemente dagli altri.
L'inconscio si forma in età infantile e cambia poco in età adulta. L'io cosciente è invece molto più plastico per tutta la vita. È così che un io cosciente adulto viene influenzato per tutta la vita da un inconscio bambino.
Secondo me l'inconscio non è "strutturato come un linguaggio" (come affermava Lacan), ma è una macchina (o sistema, in senso cibernetico) e in quanto tale usa un linguaggio, anzi, più linguaggi, per le comunicazioni interne (tra le sue parti) e con l'esterno.
Mentra la coscienza ragione, l'inconscio fa lo stesso, ma seguendo logiche diverse. I risultati dei due ragionamenti, e le conseguenti motivazioni, possono perciò essere contrastanti.
Affinché l'io cosciente possa influenzare il suo inconscio sono necessari tempi lunghi, grande impegno e sofferenze, mentre l'inconscio influenza l'io cosciente costantemente e senza sforzi. Nell'immediato l'inconscio è il padrone di casa.
In ogni momento l'inconscio influenza il proprio io cosciente. In ogni momento l'io cosciente deve decidere in quale misura e in che modo obbedire o resistere al suo inconscio.
In ogni momento la mia coscienza e il mio inconscio combattono per il controllo della mia persona. Il mio corpo è un campo di battaglia. Normalmente l'inconscio prevale.
Se l'uomo non avesse una coscienza la sua mente sarebbe completamente inconscia. L'inconscio non è solo il nascondiglio freudiano dei cattivi pensieri e dei cattivi ricordi, ma il complesso degli automatismi logici "veloci".
L’inconscio consiste in un insieme di strategie di cooperazione sociale, costituite da regole (obblighi e divieti, diritti e doveri), da astuzie (come ottenere la cooperazione altrui al minimo costo in termini di beni, fatiche e frustrazioni), da aspettative (come reagiranno gli altri se mi comporto in un certo modo), da modelli (quali forme imitare per appartenere a certe comunità), da valori (cosa vale per gli altri) e da risorse competitive (come conquistare e mantenere i posti più alti possibile nelle varie gerarchie e come essere preferiti nella selezione sociale).
Un'infinità di cose avvengono continuamente nella nostra mente a nostra insaputa, cose che determinano le nostre motivazioni, i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le nostre scelte.
La spontaneità, intesa come comportamento libero, è una illusione. Quando siamo spontanei siamo in realtà guidati da programmi inconsci e involontari, ovvero dalle nostre abitudini mentali.
Per definizione, l'io cosciente non può conoscere l'inconscio direttamente, altrimenti quest'ultimo non sarebbe tale. Tuttavia possiamo inferire, dedurre, intuire, ipotizzare, teorizzare, qualcosa che può aiutarci a migliorare i nostri rapporti con l'inconscio e perfino a modificarlo in una certa misura.
Se l'inconscio di una persona è mal formato, spesso lo è anche il suo conscio. Penso infatti che l'io cosciente e l'inconscio si influenzino reciprocamente nel bene e nel male. D'altra parte, a mio avviso, la maggior parte della gente non sa pensare in modo efficace ed efficiente per soddisfare al meglio i propri bisogni, dato che questi, quando sono politicamente scorretti, sono spesso rimossi nell'inconscio.
Possiamo capire solo in parte le logiche per cui facciamo ciò che facciamo (e non facciamo ciò che non facciamo) e le relative conseguenze. Perché tali logiche sono per lo più inconsce.
Qualunque comportamento umano ha un senso, ovvero una logica, anche quelli che ci appaiono assurdi, illogici, insensati, folli. Il senso è un algoritmo scritto nell'inconscio di ognuno di noi, diverso per ogni persona.
Anche se hai represso qualcosa, dall’inconscio continuerà a muovere i tuoi fili; ti manterrà in un perenne stato conflittuale, vivrai in un perenne subbuglio interiore; dentro di te continuerà una guerra civile. Rimarrai teso, ansioso, preoccupato, e avrai sempre paura.
Chi non crede nell'inconscio pensa che per risolvere i problemi sociali basti volerlo. Non li risolverà, perché la volontà, i sentimenti e la coscienza sono pilotati da logiche inconsce.
Molti sono uniti nel rifiuto dell'attuale "sistema", ma non lo sono in un progetto positivo, costruttivo. In altre parole, il popolo sa ciò che non vuole ma non ciò che vuole, o vuole cose irrealizzabili in quanto non corrispondenti alla reale natura umana. La gente è egoista ma nega di esserlo e rimuove l'egoismo nell'inconscio.
L'inconscio ha una logica, ma diversa da quella dell'io cosciente. Conoscere il proprio inconscio significa conoscere la sua logica, ovvero i programmi secondo i quali prende le sue decisioni.
È l'inconscio che stabilisce per primo cosa sia per noi conveniente o sconveniente, e ce lo dice scatenando le emozioni di attrazione e repulsione sulla base del suo giudizio, che noi subiamo. Per esempio, per l'inconscio è sconveniente qualsiasi comportamento che rischia di isolarci socialmente, di farci escludere dalla comunità, di farci disapprovare.
Il nostro inconscio non ha il senso della misura. Infatti per lui una persona è completamente buona o completamente cattiva, completamente sincera o completamente falsa, completamente stupida o completamente intelligente. Solo la razionalità cosciente ha il senso della misura ed è in grado di capire che ognuno è parzialmente buono e parzialmente cattivo, parzialmente sincero e parzialmente falso, parzialmente stupido e parzialmente intelligente. Tuttavia i sentimenti sono determinati dall'inconscio, non dalla razionalità cosciente.
L'io cosciente e l'inconscio competono per dirigere l'attenzione e il pensiero del soggetto dove questi processi provocano meno dolore e più piacere. Il guaio è che l'io cosciente e l'inconscio hanno quasi sempre idee diverse circa le fonti del dolore e del piacere.
Chi crede in un dio antropomorfo ci parla, gli chiede certe cose e crede di intuire le sue risposte. Chi (come me) crede nell'inconscio fa le stesse cose.
Ciò di cui non si parla è più importante di ciò di cui si parla. Per esempio, non si parla abbastanza del fatto che inconsciamente ogni umano tende ad ottenere e/o a difendere una posizione più alta possibile nella gerarchia intellettuale e morale della società in cui vive. Ma questa motivazione è rimossa dalla coscienza, e pochi la "confessano". Io la confesso pubblicamente, e cerco di controllarla per quanto posso. Il paradosso è che confessando questa "colpa" mi pongo in una posizione intellettualmente e moralmente superiore nei confronti di chi non la confessa e divento dunque arrogante, come chiunque pensi di saperla più lunga di qualcun altro. Insomma, non si esce da questa maledetta tragicommedia umana, molto umana.
Per «inconscio» intendo un processo mentale nascosto che dirige il comportamento automatico e la coscienza attraverso i sentimenti e le emozioni secondo certe strategie (che la coscienza non conosce) di soddisfazione dei bisogni. Strategie diverse da persona a persona, che dipendono dalla costituzione genetica e dalle esperienze.
La cosa più importante che ho imparato è che non è sano decidere cosa fare solo sulla base di considerazioni razionali, ovvero che la ragione deve tener conto delle esigenze del proprio inconscio e del suo funzionamento in quanto generatore di emozioni (più o meno piacevoli o dolorose) e di disturbi psicosomatici.
In un dato momento possiamo essere coscienti di pochissime cose, cioè di pochissime idee, tra tutte quelle di cui potremmo essere coscienti in momenti diversi. Questo è il grande limite della coscienza rispetto all'inconscio, che invece è capace di elaborare a nostra insaputa tutte le idee che abbiamo accumulato nel corso della nostra vita.
Psicologia del sospetto è il nome che vorrei dare alla psicologia che più mi interessa, quella che studia le vere motivazioni del comportamento umano a dispetto di quelle che gli umani affermano, che sono quasi sempre false, mistificate, incomplete, fuorvianti, deformate ecc. per nascondere la meschinità e la miseria di quelle vere, che sono ben nascoste nell'inconscio.
L'uomo è sempre impegnato in una partita a tre. I giocatori sono il suo io cosciente, il suo sé (inconscio) e gli altri individui, considerati collettivamente e individualmente. Ognuno dei giocatori ha le sue motivazioni, le sue esigenze e la sua logica, spesso contrastanti e in conflitto di interessi. Nessuno può vincere a danno di un altro senza subire una pericolosa rappresaglia. Scopo del gioco è trovare il miglior compromesso per soddisfare tutte e tre le parti. Ne consegue che ogni parte deve in una certa misura adattarsi alle esigenze delle altre due senza rinunciare alla sua natura essenziale e senza mortificarla. Il raggiungimento di tale compromesso è l'oggetto della saggezza e della psicoterapia.
Un uomo che reprime sarà inevitabilmente infelice, poiché tutto ciò che ha represso si dibatterà, lotterà dentro di lui per riaffiorare, per riconquistare potenza.
Per gestire il proprio inconscio conviene andare per tentativi: provare a cambiare qualcosa a caso nel proprio comportamento e vedere l'effetto che fa. Se l'effetto è buono, allora continuare, se è cattivo, provare qualcos'altro.
Cosa vuole il mio inconscio? Quali sono i suoi valori? Quali le strategie che sta perseguendo? Quali i progetti che sta cercando di realizzare? Di cosa ha paura? Cosa cerca di evitare?
Ognuno vorrebbe sempre star bene, ma chi decide il proprio stato d’animo è l’inconscio, e lo fa secondo logiche inconsce, diverse da quelle della coscienza.
Tra inconscio e coscienza cè competizione per l'autogoverno della persona. Di solito vince l'inconscio, semplicemente perché è il più forte e può manipolare la conscienza, mentre questa non riesce a manipolare l'inconscio.
La mia concezione dell'inconscio è molto più estesa di quella freudiana in quanto comprende qualsiasi meccanismo involontario e non consapevole, compresi quelli di tipo biochimico, governati da logiche algoritmiche definite nel DNA e altre apprese. In pratica, per me l'inconscio include tutto il corpo e le sue attività interne, ad eccezione dell'io cosciente, a partire dalle cellule e dagli organi, che hanno una "mente" nel senso che si comportano secondo certe "logiche".
L'inconscio morale è un sistema automatico di sorveglienza che ci avverte, mediante la genereazione di ansia o panico, se stiamo facendo o pensando qualcosa di socialmente riprovevole. Purtroppo non spiega perché ha generato ansia o panico. Scoprirlo è compito della psicoterapia e dell'introspezione.
Non la coscienza, ma l'inconscio decide se uno ha o non ha paura di qualcosa e se è attratto o repulso da qualcosa. L'inconscio è il decisore e l'autore di ogni sentimento e di ogni comportamento involontario.
L'inconscio freudiano è un concetto molto limitato. Oggi c'è una tendenza a considerare inconscio tutto ciò che è meccanico, automatico, non consapevole e involontario, quindi ben oltre ciò che è "proibito" o "vergognoso". In pratica è inconscio tutto il corpo e tutta la mente, tutta l'attività neurale ad eccezione di una piccola parte che è l'io cosciente. Ritengo l'inconscio freudiano un'idea ancora valida, ma non dobbiamo fermarci lì. Insomma, la faccenda in un certo senso si semplifica perché si può dividere (ma non separare) la persona, ovvero l'organismo, in due parti: quella conscia e quella inconscia, laddove quella inconscia è tutto l'organismo meno la parte conscia. Ovviamente le due parti interagiscono tra loro. A sua volta, l'inconscio è costituito da parti che interagiscono tra loro.